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400 parole:
Fandom: Harry Potter
Slice of life
Partecipa al COWT 13


Forse la magia esiste davvero


Harry posò lo straccio e osservò la cucina splendente dei Dursley orgoglioso. Sognante, pensò a quanto la sua vita sarebbe stata diversa se solo fosse stato possibile usare la magia, magari anche solo per pulire le case.
Scosse la testa, ritornando alla cruda realtà, poi prese il suo libro dallo scaffale dove zia Petunia l’aveva lasciato con la minaccia di farlo sparire se non avesse finito di pulire prima di ricacciare il naso su quelle pagine ingiallite.
Storie di maghi che lo allontanavano dalla realtà e che gli zii per qualche motivano odiavano in modo esagerato. Harry sapeva che invece non erano niente di importante. Leggere La spada nella roccia o Il mago di Oz non gli avrebbe permesso di cambiare la sua vita, ma lo faceva sentire meglio. Sognava che la casa dei Dursley fosse rapita da un tornado e portata in un mondo magico nel quale lui sarebbe stato in grado di cambiare le sorti del mondo. Erano solo sogni e non avevano niente a che fare con la realtà.
Mentre si dirigeva verso la sua camera, se così poteva chiamare il suo letto nel sottoscala, Harry ebbe la sensazione che qualcuno lo stesse guardando. Si avvicinò alla finestra del soggiorno nel buio della sera. Sapeva che non erano i Dursley, erano usciti per un gelato e non c’era ancora traccia dell’automobile. Scostò la tenda e vide solo un gatto grigio tigrato che sembrava osservare proprio lui. D’istinto, Harry aprì la finestra e chiamò il gatto allungando la mano, porgendogli uno dei due biscotti che gli erano stati dati dalla zia. L’animale zampettò sicuro verso di lui.
“Ciao,” gli disse allungando la mano per accarezzarlo. “Sai, potremmo diventare amici se solo io potessi tenere un gatto. Purtroppo però non me lo permetterebbero mai.” Il felino miagolò e si strusciò sulla sua guancia destra. Poi gli mise una zampa sulla mano in un gesto che a Harry sembrò quasi consolatorio. Per un attimo incrociò lo sguardo col gatto, occhi severi e amorevoli. I fari dell’automobile apparvero in lontananza e l’animale corse via. Il bambino chiuse la finestra proprio quando l’auto dei Dursley imboccò il vialetto di casa.
Sospirò, pensando che preferiva non incontrarli. Mentre chiudeva la porta del sottoscala dietro di sé, pronto a sognare un futuro diverso da quello che gli si prospettava davanti, pensò “Forse la magia esiste davvero”.

Un ricordo

Mar. 3rd, 2021 11:10 pm
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Fandom: Harry Potter, Edvige
One shot
introspettiva, sentimentale
Partecipa al COWT11
Prompt: leggero, ovviamente per leggerezza c'è Edvige, la sua piuma




Harry stava risistemando i libri nel suo vecchio baule, quello con cui anni prima era arrivato a Hogwarts e che ora sarebbe passato a suo figlio James. 

La piuma era scivolata fuori dal suo vecchio libro volteggiando, disegnando piroette nell’aria prima di toccare terra. Si era chinato a raccoglierla, stupendosi una volta di più di quanto fosse leggera. 

Era una piuma della sua coda.

Non si aspettava di trovarla lì, non dopo tutti gli anni che erano passati. Come era possibile che non l’avesse trovata prima?

Era tornato coi pensieri a quella notte, all’ultima volta che le aveva parlato. Harry non riusciva a credere che fosse morta. Per molte estati passate a casa dei Dursley era stata la sua unica amica, l’unica in grado di dargli conforto nelle sue giornate durante le quali poteva solo studiare e scrivere lettere. Niente magia, niente amici, solo lei.

Quasi ogni sera la faceva uscire per permetterle di sgranchirsi le ali e di cacciare qualche preda.

Era così leggiadra. Volteggiava leggera, le ali ampie sbattevano e lei prendeva quota, poi planava veloce come un razzo, cambiando direzione solo all’ultimo istante. Era in quei momenti che cacciava le sue prede. Harry ricordava che le prime volte, quando ancora non si era abituato alla sua velocità, temeva che si sarebbe schiantata da qualche parte, dimenticando di sbattere di nuovo quelle sue ali così bianche, così regali.

Era forte, eppure ogni volta che la accarezzava Harry sentiva anche quanto fosse fragile, silenziosa. Quasi materna nei suoi confronti.

A volte gli saliva su una spalla e lo osservava paziente, in attesa che lui la liberasse, magari consegnandole una lettera da portare a uno dei suoi amici. 

Quante volte l’aveva attesa con speranza, quante volte le aveva affidato segreti dai quali dipendeva la sua stessa vita, eppure di lei si fidava ciecamente.

Lei non l’avrebbe mai tradito.

Infatti non l’aveva fatto.

Negli occhi aveva ancora il ricordo del momento della sua morte, quando il Mangiamorte aveva gridato la maledizione e la luce verde l’aveva colpita. Per un attimo Harry aveva pensato che si fosse salvata, perché continuava a volare, ma le sue ali all’improvviso si erano chiuse, lasciandola per un istante ferma nell’aria. Poi era caduta. Da leggera, quasi eterea, era diventata un sasso.

 

Non avevano mai ritrovato il suo corpo e quella piuma era tutto ciò che gli rimaneva di lei, già più di quanto si aspettasse.

Il solo tenerla tra le mani gli aveva scaldato il cuore. Aveva portato la piuma in soggiorno e l’aveva sistemata di fianco alla foto dei suoi genitori, che conservava in una bacheca in bella vista. Non avrebbe mai dimenticato la sua amica.

Avrebbe conservato quel pezzo di lei come un tesoro, per ricordare sempre la sua Edvige.

Adesso

Jan. 31st, 2021 03:41 pm
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Fandom: Harry Potter
Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger
One shot
 
Scritta per la Maritombola! Prompt: 86. Friends to Lovers (amici che diventano amanti)
 
Adesso
Harry era il confidente di Hermione da anni. 
Spesso capitava che lei gli chiedesse consigli quando il comportamento di Ron le sembrava indifferente o superficiale e Harry aveva sempre difeso l’amico. In fin dei conti era di quello stesso Ron che Hermione si era innamorata qualche anno prima e lei sapeva quali erano i suoi punti deboli. Harry cercava di supportarla anche se a volte avrebbe voluto dirle che non gli piacevano per niente i discorsi di Ron che lei gli riferiva. È per il suo bene, si ripeteva.
Quella sera Hermione era piombata a casa sua senza preavviso. Si era materializzata nel camino e lui aveva fatto un salto sul divano, il cuore che batteva all’impazzata e la bacchetta tesa, tenuta ben salda dalla mano tremante. “Hermione,” aveva sospirato. “La prossima volta avvisami! Non siete tanti a poter entrare qui, ma non l'hai mai fatto... stavo per schiantarti.” Dopo qualche respiro profondo il cuore di Harry aveva iniziato a rallentare e lui aveva cominciato a notare qualcosa di strano nell’espressione di Hermione.
“Qualcosa non va?” le aveva chiesto, indicandole il posto vuoto sul divano al suo fianco.
Hermione aveva scosso la testa e accennato un sorriso. “No, va tutto bene, adesso.”
Harry si era alzato in piedi e aveva mosso qualche passo verso di lei. “Non sembra tutto a posto… cosa è successo?”
Hermione aveva gli occhi arrossati, ma il suo sorriso si era consolidato e sembrava sincero. “Non ti romperò più le scatole con le domande su Ron. È finita: l’ho lasciato.”
Harry non sapeva cosa dire. Fin dall’inizio della loro storia insieme si era convinto che il loro stare insieme fosse la cosa giusta. 
Era giusto per tutti loro, perché insieme erano più forti: Ron era sempre stato spontaneo ed estroverso. Hermione molto più riflessiva e attenta all’ambiente intorno a lei. Erano due metà della stessa mela. 
Questo almeno era ciò che Harry aveva pensato per molto tempo, soprattutto negli anni precedenti quando stava con Ginny.
 
Poi la loro storia era naufragata quando Ginny aveva iniziato a essere una giocatrice professionista di Quidditch. Si erano allontanati in modo graduale, al punto che quando avevano deciso di lasciarsi si erano sentiti sollevati ed erano rimasti buoni amici. 
Harry aveva pensato parecchio a Hermione nell’ultimo periodo, alla sua amica della quale Ginny era stata gelosa in un passato che ormai era troppo lontano perché lui riuscisse a ricordarlo nitidamente. Per molto tempo aveva cercato di zittire quella parte di lui che gli ripeteva quanto lei fosse troppo per Ron, quanto lei fosse adatta a lui, quanto fosse la donna migliore che lui conoscesse.
Lui era il suo migliore amico, lo era sempre stato. Ma in quel momento la vedeva diversamente: lei era la sua Hermione, la donna al cui confronto ogni altra svaniva.
 
Era di fronte a lui. Si era avvicinata e l’aveva stretto forte. E poi lui aveva sentito le labbra dolci di Hermione sulle sue, ed era stato tutto così naturale che non era stato in grado di ragionare, di pensare al futuro, di dare un nome a quello che stavano facendo.
 
Neppure la mattina dopo, quando Harry si era svegliato e aveva visto Hermione dormire al suo fianco illuminata dallo spiffero sottile di luce che filtrava dalla tapparella, sapeva se per loro ci sarebbe stato un futuro. Non gli importava, del resto, gli bastava il presente.
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 Fandom: Harry Potter

Personaggi: Lily Evans, Petunia Evans, James Potter, Harry Potter

Prompt: Muse, Knights of Cydonia

One Shot

Partecipa al COWT10

 

We'll fight

 

You and I we’ll fight for our rights

you and I we’ll fight to survive

(Muse, Knights of Cydonia)

 

 

 

 

Da piccola, Lily non avrebbe mai immaginato che sarebbe diventata una Strega. Non aveva mai sognato di avere mirabolanti poteri magici, al contrario di sua sorella Petunia che nei loro giochi insieme era sempre più forte, più bella e più ricca di lei. A Lily non era mai dispiaciuto fare la parte della bambina indifesa o della classica “piccola fiammiferaia” a cui tutti chiudevano le porte in faccia. Non le interessava vincere, non aveva un’indole competitiva come quella di sua sorella e per questo non provava neppure a rubarle la scena.

Ogni Natale Petunia aveva sempre recitato una poesia per la famiglia, per loro era stata una tradizione sin da quando sua sorella era stata in grado di impararla a memoria, e la bambina era felice di mettersi in mostra di fronte alla famiglia, le piaceva il palcoscenico. Quando Lily era cresciuta, però, sua madre aveva preteso che le due si dividessero quel ruolo e se a Lily non interessava per niente, per Petunia quello era stato a dir poco un affronto.

Dopo il primo anno, durante il quale le due avevano litigato tutto il giorno, il ruolo era stato dato a Petunia senza discussioni per la pace di tutta la famiglia e per la gioia di Lily.

 

Quando i suoi poteri si erano palesati, Lily era in compagnia di sua sorella. Stavano giocando e come sempre Petunia faceva le veci della buona samaritana che dava asilo alla povera, indifesa Lily, che in cambio le stava tessendo una corona di fiori come dono, in segno della sua riconoscenza.

La bambina aveva sollevato la corona a mezz’aria e l’aveva guardata con occhi sorpresi, come se lei non c’entrasse nulla con quella magia. Petunia si era convinta di essere stata lei a muoverla ed era rimasta a dir poco delusa quando si era resa conto che invece non c’entrava per niente.


La partenza per Hogwarts di Lily aveva allontanato le due sorelle in modo irrimediabile al punto che al ritorno di Lily per le vacanze di Natale le due avevano a malapena parlato, nonostante Lily avesse cercato Petunia continuamente, cercando di raccontarle ogni cosa sulla sua nuova scuola, sugli amici e sui professori, pareva che la sorella non avesse alcuna intenzione di stare con lei.

Ne aveva sofferto così tanto da averne pianto per anni, fino a quando non si era resa conto che sua sorella non l’avrebbe mai perdonata, ma che in fondo non era colpa sua: non aveva chiesto lei quei poteri e glieli avrebbe donati se solo avesse potuto farlo, solo che questo non era possibile. La gelosia era un sentimento che Lily non aveva mai fatto suo e, anche se avrebbe amato sua sorella per tutta la sua vita, non poteva più continuare a soffrire per qualcosa che non sarebbe mai cambiato, suo malgrado.

 

 

Da quando le cose erano degenerate nel Mondo Magico a causa della presenza di colui che non deve essere nominato Lily aveva più volte pensato alla sua famiglia e in particolare proprio a Petunia. Sapeva di non poter spiegare loro quanto grave fosse il pericolo che tutti stavano correndo, come sapeva che non avrebbero mai capito quella guerra e i motivi per cui era iniziata. Lei era una Sanguesporco e per questo tutta la sua famiglia rischiava di pagare, non poteva permetterlo e aveva deciso di metterli tutti al sicuro, o almeno di provarci. Lei e James avevano posto incantesimi di protezione nelle loro case sperando che fossero sufficienti, ma era certa che non sarebbero bastate poche protezioni per fermare Lord Voldemort.


Quando aveva saputo di aspettare un bambino, Lily si era sentita combattuta tra la gioia infinita e la paura per ciò che sarebbe potuto accaderle. Fino a quel momento non aveva mai avuto paura per se stessa, ma ora non era solo lei che avrebbe rischiato la vita. C’era anche il suo bambino, c’era anche Harry con lei e per lui doveva stare attenta.

Aveva cercato la sorella e le aveva comunicato la lieta novella per ritrovarsi di fronte a un muro di impassibilità. “Non te l’avevo detto forse, ma sono incinta anche io.” le aveva detto guardandola con ribrezzo e chiudendole quasi la porta in faccia. 

 

Poi era arrivata la profezia e con essa la disperazione era diventata ancora più forte. Lily continuava a piangere, incapace di sopportare la paura che sarebbe potuto succedere qualcosa a lei, ma soprattutto al suo bambino, e in quel momento aveva deciso che l’avrebbe protetto a qualunque costo, anche se le fosse costato la sua stessa vita.

Era andata da Petunia un’ultima volta con il desiderio di cercare un riavvicinamento con la sorella. Le aveva telefonato e la sorella le aveva concesso un pranzo di famiglia.

Lily e James erano arrivati, vestiti eleganti e pronti ad assecondare la famiglia Dursley senza utilizzare in alcun modo la magia in quella giornata.

Non avevano mai conosciuto Vernon, che a detta di Petunia era un uomo di successo che le stava dando tutto ciò che la donna desiderava e che agli occhi dei Potter era un fastidioso borghese ottuso che parlava solo attraverso luoghi comuni. Si vedeva però che lui e sua sorella si amavano e questo aveva tranquillizzato molto Lily.

 

Alla fine della cena, poco prima di andare. Lily aveva deciso di affrontare l’argomento per cui erano lì: “Petunia, la situazione è molto grave. Non voglio assolutamente metterti in pericolo e quindi non ci faremo più vedere, almeno per un po’, fino a quando la situazione non si sarà un po’ tranquillizzata… ma se mi dovesse succedere qualcosa vorrei chiederti se ti prenderai tu cura di Harry. Lo faresti?”

Petunia aveva guardato il pancione della sorella e all’improvviso si era ricordata di quanto la amava quando erano piccole. Lily era una bambina quasi perfetta e per Petunia non era mai stato facile essere alla sua altezza, ma le aveva sempre tenuto testa, almeno fino a quando non erano apparsi i suoi stupidi poteri magici, che oltre ad averla allontanata da lei in modo irrecuperabile l’avevano anche resa ancora più speciale agli occhi di tutti, mettendo Petunia in un angolo ombroso.

Però le voleva bene: quando c’erano i temporali le permetteva di dormire nel suo letto e la stringeva a sé fino a quando non si addormentavano entrambe; la aiutava sempre con la colazione al mattino e la aspettava sia al ritorno che all’andata per la scuola.

“Ma certo…” le aveva detto, mettendo nelle sue parole quanta più naturalezza possibile. Lily era corsa ad abbracciarla e Petunia avrebbe ricordato per sempre quel momento. Avrebbe tanto desiderato risponderle e dirle quanto le aveva sempre voluto bene, invece era stata zitta e aveva risposto all’abbraccio con delle piccole pacche sulla spalla della sorella, incapace di esprimere il suo amore, ancora consumata dalla gelosia.

 

Lily e James erano tornati a casa sereni, perché in fondo sapevano che l’incontro era andato tutto sommato meglio di quanto si aspettassero. Ma di fronte a loro non vedevano altro che buio. Avrebbero combattuto ancora per salvare le loro vite, per il diritto del loro bambino ad avere una vita e non a morire per mano di Voldemort. Non avrebbe vinto lui, sarebbero stati loro a trionfare un giorno, per Harry, per l’Ordine e anche per Petunia e la sua famiglia.

 

Era incinta di otto mesi quando James era stato chiamato per combattere con l’Ordine. Lei era stata costretta a restare a casa e per tutto il tempo aveva avuto il cuore in gola. Ogni rumore fuori la faceva sobbalzare e ogni minuto le pareva più lungo del precedente. 

Aveva promesso al suo James che sarebbe stata forte, che non si sarebbe lasciata cogliere dalla paura e dallo sconforto, ma più il tempo passava e meno Lily si sentiva in grado di sopportare la situazione.

 

Era così diverso quando potevano combattere insieme. Si coprivano a vicenda e prendevano parte alle missioni dell’Ordine senza paura, anche se sapevano che ogni volta poteva essere l’ultima. Il loro amore in parte a volte li frenava, perché ciascuno di loro desiderava che l’altro stesse al sicuro, ma era anche il motore che li faceva partecipare alle missioni, era il motivo per cui combattevano: per il loro futuro insieme. Perché fosse possibile vivere all’aria aperta senza doversi preoccupare del fatto che Lily era una Sanguesporco, senza avere paura per i loro figli che un giorno sarebbero arrivati.

 

Lily aveva deciso di combattere proprio per le sue origini. La famiglia Babbana dalla quale proveniva era per i Mangiamorte motivo di vergogna. Le sue origini la rendevano una nullità che non meritava neppure di vivere, come tutti gli altri Babbani. Come i suoi amici quando andava a scuola, i vicini di casa dei suoi genitori e come tutto il resto della sua famiglia. La Strega sapeva bene che la sua origine non avrebbe mai potuto determinare il suo valore. Sapeva di non aver rubato i suoi poteri ad altri Maghi inermi. 

E pensare a quanto si era arrabbiata con Severus quando le aveva spiegato la filosofia di Voldemort… Aveva perso il suo amico per gelosia, come sua sorella, ma anche a causa della vicinanza di Severus ai Mangiamorte.

Come puoi parlare con loro e poi venire a cercarmi, non capisci che se fosse per loro io sarei carne da macello, così come tutti gli altri Babbani. 

Severus le rispondeva che lei era diversa, ma a lei non era mai bastato. E ora… James probabilmente stava combattendo proprio con lui. Con quello che era stato un tempo suo amico e che li aveva venduti in cambio di un ruolo di rilievo tra le schiere del Signore Oscuro, come lo chiamavano i suoi adepti.

 

Lily aveva sempre combattuto per la sua libertà e avrebbe ricominciato a farlo quando Harry fosse nato. Stare a casa in attesa di James era per lei difficilissimo. Molto più di combattere, perché l’attesa era passiva. Ogni cosa poteva essere accaduta a James e ai suoi amici, a Silente e ai Weasley senza che lei lo sapesse e il non poterli aiutare la faceva sentire completamente inutile.

Non aveva mai pregato in vita sua. Sapeva che nel Mondo Magico non esisteva un Dio come per i Babbani, e per quella notte si sarebbe affidata a quel Dio che non conosceva sperando che proteggesse comunque i suoi cari. Tutti quanti fino a quando lei non avesse potuto ricominciare a combattere.

 

Quella sera James era arrivato a casa ferito, ma vivo. L’aveva trovata distesa sul divano, addormentata, ma chiaramente tesa. L’aveva presa tra le sue braccia per portarla nel letto, svegliandola. Lily aveva iniziato a piangere stringendolo forte a sé e causandogli un gemito di dolore. “Cosa è successo?” Aveva chiesto notando la ferita del marito.

“Doveva essere una missione leggera, invece ci hanno attaccato di sorpresa. Se non ci fosse stato Sirius sarei morto probabilmente.”

Lily aveva tirato a James una pacca sulla spalla. “Non dirmi queste cose, lo sai che non posso sopportare di non essere lì con voi…”

C’era una domanda che Lily non voleva fare. Anche se sapeva che era così, non desiderava sapere se Severus era tra i Mangiamorte. 

“Avevano la maschera, non sappiamo chi fossero.” Aveva detto James, rispondendo al suo silenzio. “Comunque con questa ferita mi sono assicurato almeno una settimana di pace con te, con voi.”

Anche se sarebbe stata una sola settimana, avrebbero assaporato ogni minuto nell’attesa di ricominciare a combattere, nell’attesa di avere il futuro di pace che desideravano per la loro famiglia.

 

 

Dalla nascita di Harry molte cose erano cambiate nella vita dei Potter. Se nei primi tempi avevano continuato a cercare di mantenere la vita di prima, col tempo si erano resi conto che ciò che tutti dicevano loro era vero: erano l’obiettivo primario di Voldemort e non potevano permettersi di farsi trovare per il bene di tutto.

Erano nascosti da ormai così tanto tempo da sentirsi in prigione nella loro bella casa comoda, ma dopo la profezia non erano più loro i destinatari dell’odio di Colui che non deve essere nominato, ma il loro piccolo bambino innocente, che da Prescelto era diventato simbolo della speranza di tutti coloro che volevano la caduta di Lord Voldemort, compresi Lily e James.

L’idea di cambiare Custode Segreto era stata di Sirius. Il loro amico si sentiva tutt’altro che al sicuro, preda delle minacce continue di quasi tutti i Black si sentiva a un passo dalla cattura. Nessuno di loro l’aveva detto, ma tutti avevano il sospetto che Remus potesse essere la spia all’interno dell’Ordine della Fenice. Un lupo mannaro facilmente diventa Mangiamorte e questo era risaputo.

Lily non aveva mai creduto che Remus avrebbe potuto tradirli. Non il dolce Remus che lei conosceva da anni e che amava lei e James come fratelli, ma Lily nell’ultimo periodo non si fidava di anima viva, solo di James e di Albus Silente.

 

Sirius, Peter e Albus erano stati gli ultimi ad andare dai Potter, portando loro regali per Harry e cibo per sussistere in quei giorni concitati. “Siamo vicini, ragazzi, presto tutto sarà finito in un modo o nell’altro.” Aveva detto Sirius, stanco e speranzoso. 

Silente appariva pensieroso più di quanto non l’avessero mai visto. “Si stanno muovendo e questo è certo. Purtroppo c’è di certo una spia tra noi perché sanno troppi dettagli, conoscono bene i nostri piani. Tra qualche giorno però capiremo chi è.” Silente aveva divulgato ai vari membri dell’Ordine notizie differenti e aspettava il momento buono per vedere dove i Mangiamorte sarebbero andati a colpire.

“Vorrei tanto che diventassi tu il nostro Custode Segreto, Albus.”

Silente aveva preso le mani dei Potter. “Mi piacerebbe, ma sapete che con me non sareste al sicuro. Sono l’indesiderato numero due, solo dopo il vostro Harry.

 

Peter se ne stava in un angolo a giocare con Harry, che da ormai qualche giorno stava in piedi da solo. Lily e James lo avevano scelto per le sue capacità peculiari: nascondersi per lui era facile e nonostante Peter non brillasse certo per coraggio, erano certi che avrebbe resistito di fronte al pericolo, in qualche modo.

“È proprio cresciuto.” Aveva detto il loro amico prima di abbracciarli e di andarsene da lì insieme agli altri ospiti.

 

I Potter non lo sapevano ancora, ma avevano firmato la loro condanna a morte quella sera.

 

La notte in cui Voldemort arrivò alla loro porta a portare loro la morte, capirono cosa avevano fatto, ma ormai era troppo tardi per rimediare. James fu guidato dal desiderio di proteggere la sua famiglia, ma anche dal risentimento nei confronti del tradimento del suo amico, che lui considerava al pari di un fratello. Aveva combattuto per tutto l’Ordine e per Remus, per avere messo in dubbio la sua fedeltà. Non era bastato però.

Lily invece aveva pregato. Non immaginava che la sua preghiera sarebbe diventata il motivo per cui suo figlio sarebbe sopravvissuto. 

Harry Potter avrebbe continuato a combattere per tutti loro e un giorno, non troppo lontano, la verità sarebbe venuta a galla.

In ogni caso, Lily avrebbe vegliato su suo figlio anche dall’aldilà, perché nulla avrebbe potuto separarla da lui, neppure la morte.

 

 

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Omnis homo mendax
Oderint dum metuant
Dictum, factum
Res sacra consilium





Fandom: Harry Potter

Personaggi: Lavanda Brown

Genere: introspettivo

Prompt: Omnis homo mendax

Flashfic

Partecipa al COWT10

Omnis homo mendax

tutti gli uomini sono bugiardi


Lavanda Brown non riusciva a trattenere le lacrime. Aveva passato tutta la mattina distesa sul suo letto, con la coperta sugli occhi a disperarsi per il suo amore perso, forse mai rorrisposto e a cercare di ragionare sulla sua storia con Ron e su come avesse fatto a crollare in modo così improvviso.

Aveva persino chiesto a Hermione cosa ci fosse che non andava nel suo amore. Era gelosa di lei, perché sembrava che avesse un legame troppo forte con Ron, ma Lavanda era certa che Hermione si sarebbe dimostrata leale con un'altra ragazza. L'aveva consolata infatti, affermando con voce piatta quanto gli uomini fossero bugiardi e codardi. Quasi tutti gli uomini, aveva detto.

E pensare che gli aveva anche comprato una scatola di cioccolatini in regalo, che su consiglio della Granger aveva deciso di mangiarsi lei, senza neppure dirgli dell'acquisto.

A Ginny era successo che Dean, che caso voleva fosse un compagno di stanza proprio di Ron, avesse evitato di rompere con lei proprio per avere il regalo di compleanno. Impensabile, imperdonabile secondo ogni ragazza. Poi quando lei l'aveva lasciato lui si era quasi messo a piangere, nonostante avesse già chiesto di uscire a Cali, che però non era una sciocca e sapeva di Ginny, quindi l'aveva rifiutato.

Che ci fosse un uomo sincero? Uno solo? Si chiedeva Lavanda durante la lezione. Forse Neville, lui non le avrebbe mai mentito, forse... ma pensandoci forse avrebbe continuato a rischiare, magari si sarebbe fatta più furba e avrebbe imparato a capire quando gli uomini le mentivano.

No, Neville proprio no.

Fandom: Harry Potter

Personaggi: Tom Riddle, Lord Voldemort

Genere: introspettivo

Prompt: Oderint dum metuant

Flashfic

Partecipa al COWT10

Oderint dum metuant

mi odino pure, purché mi temano


Vivere all'orfanotrofio non era mai stato facile per lui, ma nell'ultimo periodo Tom Riddle aveva trovato il modo giusto di sopravvivere e di farlo in completa comodità.

Era bastato dare fuoco a una balla di fieno sulla quale stavano giocando dei bambini per avere l'attenzione di tutti, poi si era limitato a osservare le fiamme sorridente, orgoglioso del suo potere magico. Tom aveva sempre saputo di essere speciale e finalmente ne aveva la dimostrazione.

Adesso che avevano visto tutti ne avevano la prova e avrebbero fatto bene a rispettarlo, a venerarlo.

Il suo dono speciale lo aveva reso intoccabile agli occhi degli altri bambini: mangiava ciò che desiderava, sedeva dove preferiva e non aveva più bisogno di giustificarsi con anima viva, neppure con le monache, quando si prendeva la libertà di non pulire la sua stanza e chiedeva a qualcuno di farlo al suo posto.

Aveva una camera sua, privata. Al contrario degli altri bambini che vivevano nel dormitorio tutti insieme, con qualche rara eccezione tra i più grandi.

Facevano di tutto per farlo stare tranquillo e per assecondarlo e lui finalmente stava vivendo come sentiva di meritare.

Lo odiavano e lo sapeva. Ma non gli importava: gli bastava che lo temessero e che esaudissero i suoi desideri.

Fandom: Harry Potter

Personaggi: Hermione Granger, Signora Granger

Genere: introspettivo

Prompt: Dictum, factum

Flashfic

Partecipa al COWT10

Dictum, factum

detto, fatto


A Hermione non piaceva rimandare i suoi impegni, soprattutto quando avevano a che fare con la scuola pensava che non ci fosse ragione per aspettare l'ultimo minuto per studiare o per svolgere i propri compiti.

Quel pomeriggio non aveva impegni, visto che a due settimane dall'inizio della scuola aveva già fatto tutto quello che poteva, compresi esercizi e studi extra che l'avevano impegnata nell'ultimo mese.

Quando sua madre però l'aveva invitata a fare una torta, però, Hermione si era sentita improvvisamente stanca. Quella era una cosa che avrebbe rinviato molto volentieri.

"Suvvia, non sarà certo più difficile di una delle tue pozioni complicatissime. Giusto?"

Hermione era impallidita, memore del suo passato in cucina, tutt'altro che roseo, ma in fin dei conti era vero: non poteva essere più difficile delle sue precisissime pozioni.

Si era quindi rimboccata le maniche e si era messa il grembiule che sua madre le aveva lasciato a disposizione. Aveva proceduto con metodo: pesando tutti gli ingredienti, e posizionandoli sul tavolo nell'esatto ordine in cui avrebbe dovuto inserirli nell'impasto, poi aveva preso il frullatore e aveva cominciato a seguire la ricetta passo dopo passo.

Dopo un'ora e mezza aveva estratto dal forno la torta fumante, sotto lo sguardo soddisfatto della madre.

"Ma ha sporcato tutti gli utensili e tutte le ciotole che abbiamo?" Aveva chiesto il padre alla moglie, senza farsi sentire. "Sì, ma guarda come è orgogliosa adesso."

Hermione ci aveva in effetti messo di più a pulire la cucina che a preparare la torta, ma si sentiva soddisfatta di se stessa: detto, fatto! Come diceva sempre sua madre. Ora anche lei avrebbe potuto dire di essere riuscita a preparare un'ottima torta con le sue mani, come una Babbana.


Fandom: Harry Potter

Personaggi: Draco Malfoy

Genere: introspettivo

Prompt: Res Sacra consilium

Flashfic

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Res sacra consilium

il consiglio è una cosa sacra


Non si poteva certo dire che Draco Malfoy avesse avuto una vita difficile, infatti aveva sempre ottenuto ciò che desiderava, senza eccezione alcuna.

Questo almeno fino a quando Potter non era entrato a far parte della sua vita. Draco gli aveva dato un consiglio: scegli bene gli amici.

E desiderava sopra ogni cosa che Potter scegliesse lui come amico, ma non era successo.

I consigli sono cosa sacra, gli aveva detto suo padre più volte, e Draco non poteva neppure pensare che qualcuno lo ignorasse così, preferendo a lui un Weasley.

Draco, lascialo perdere, non hai bisogno di lui, gli aveva detto il suo amico Goyle, ma lui non ce l'aveva fatta.

Più il tempo passava e più Potter si dimostrava migliore di lui: sapeva usare incantesimi che gli erano sconosciuti e tutti nel mondo magico stravedevano per quel tappo occhialuto, tutti compreso Silente. Persino suo padre continuava a parlargli di come Potter fosse insulso e feccia, ma intanto ne parlava. Draco non lo accettava e, forse dopo anni lo poteva ammettere, era sempre stato un po' geloso di lui.

Forse lui stesso avrebbe fatto bene ad ascoltare il consiglio del suo amico Goyle e lasciarlo perdere, si diceva mentre costruiva l'armadio Svanitore nella Stanza delle Necessità. Forse, se non si fosse impegnato così tanto a essergli nemico, avrebbe avuto più amici su cui contare per uscire da quella pessima situazione.

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Fandom: Harry Potter
Personaggi: Lily Evans, James Potter, Lily/James, 
Genere: One shot, introspettivo, romantico
Prompt: Amans quid cupiat scit, quid sapiat non videt (chi ama conosce cosa desidera, non vede ciò che è saggio)
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Amans quid cupiat scit, quid sapiat non videt

 

James Potter non era il tipo di ragazzo che accettava un no senza tentare di negoziare e nell'ultimo periodo Lily aveva pensato che rifiutarlo con la sua strategia diretta non funzionasse per nulla con lui.

Sul più bello, quando si convinceva di essersi finalmente liberata dei suoi assurdi approcci, l'insopportabile Potter tornava alla carica costringendola a rifiutarlo una volta di più.

Non era aggressivo, al contrario le sembrava innocuo nei suoi confronti, solo per questo non gli aveva ancora lanciato qualche maledizione. Avrebbe dovuto, forse, per il modo crudele e ingiusto in cui trattava il povero Severus, colpevole di essere suo amico e di essere anche un po' strano a dirla tutta.

L'ultima volta che James e i suoi amichetti avevano fatto i bulli con il suo amico però Lily si era infuriata e da allora aveva smesso di ridere delle scemate che James continuava a mettere in scena per attirare la sua attenzione.

Quando lui entrava in Sala Comune lei semplicemente cambiava stanza e lo evitava ogni volta che poteva farlo. Il solo vederlo le dava sui nervi.

Non era certa che lui si fosse reso conto di quanto fosse arrabbiata, di quanto fosse delusa del comportamento che aveva tenuto con la sua banda di amichetti, che erano stati crudeli almeno quanto lui.

Lily aveva parlato solo con Remus, l'unico che sapeva avere un po' di sale in zucca, almeno sperava fosse ancora sano di mente visto tutto il tempo che passava con Potter.

"Deve imparare a comportarsi bene, e non lo dico perché mi interessi, ma perché così mi fa ribrezzo. È solo un prepotente, e voi con lui visto come trattate Severus, siete solo dei bulli. Non ho intenzione di provare di nuovo a ragionare con lui, ho perso la voglia di provarci. A essere sincera ormai mi dà solo fastidio."


Quando Remus aveva riferito al suo amico le parole della ragazza, James si era rannicchiato sul suo letto e non aveva più parlato fino al mattino seguente. Dal suo punto di vista le loro erano solo ragazzate per farsi due risate, niente di troppo serio. Ma a pensarci bene quella notte aveva immaginato come fosse la situazione vista da fuori. La verità era che lui non era che un ragazzino geloso che se l'era presa col più debole e aveva deciso di provarci, almeno, a cambiare.


Le cose non erano state facili, ma James si era sforzato di resistere alle provocazioni che Severus aveva continuato a lanciargli da quando si era reso conto che il ragazzo non aveva intenzione di reagire. James rideva alle sue battute, a volte in modo tutt'altro che amichevole, ma Lily si era trovata costretta ad ammettere che la situazione era cambiata molto e in meglio da quando aveva avuto quell'ennesima discussione con Remus. Che lui fosse riuscito dove lei aveva ripetutamente fallito? Ossia nel convincere Potter a comportarsi come un adulto anziché come un bambino a cui avevano rubato il giocattolo.


Lily forse stava iniziando a vedere in James qualcosa di diverso, sembrava cresciuto, meno intento ad attirare su di sé l'attenzione. Quasi diligente.

 A volte si scopriva a cercarlo nella stanza e a sorridere quando lo vedeva. Proprio nel momento in cui lui pareva aver rinunciato a darle fastidio, Lily si era resa conto di quanto invece quei gesti le mancassero, all'improvviso. Si sentiva un po' sciocca al pensiero di essere caduta nella sua rete, ma anche abbastanza tranquilla perché sapeva che prima o poi lui sarebbe tornato il bulletto di sempre e lei avrebbe smesso di avere quegli strani pensieri.

Solo che in altre due settimane le cose erano rimaste stabili e Lily stava iniziando a pensare di aver perso il senno. Poteva forse essersi innamorata di lui? No, si ripeteva: non aveva senso, lei era saggia per la sua età e si era sempre affidata alla sua maturità per prendere le sue scelte. Eppure vedeva solo lui anche nelle stanze piene di gente e temeva che prima o poi James se ne sarebbe accorto.


Un venerdì pomeriggio Lily stava andando alla guferia quando l'aveva incrociato.

"Evans, mandi un gufo a casa? Ti accompagno che devo giusto andare anche io."

"Direi che non avrei altri motivi per essere qui." Aveva risposto, senza riuscire a nascondere il rossore improvviso delle sue guance. 

"In realtà qui vengono le coppie a... intrattenersi, diciamo."

Lily si era voltata dall'altra parte, imbarazzata soprattutto perché si era trovata a chiedersi chi lui fosse andato a incontrare lassù, pensando che l'avrebbe pagata chiunque fosse.

"Tranquilla, io non vedo nessuna, il mio cuore è sempre e comunque tuo." Aveva indicato il petto con la mano e le aveva sorriso. "Lo ammetto, ho fatto tante, tantissime cose stupide. Sono stato geloso, anche un po' stronzo con Mocc- con Snape, ma sto provando a vedere oltre, a essere maturo come te. Sto provando a essere alla tua altezza, mia Lily, spero di riuscirci."

La ragazza si era fermata, spiazzata dalle sue parole. "Stai andando bene, di questo passo potrei lasciare da parte la mia saggezza e cominciare a considerarti."

James aveva sorriso, resistendo all'impulso di festeggiare. "Allora continuerò così, magari domani potremmo andare a Hogsmeade insieme, potrei parlarti delle mie idee per la fratellanza delle Case?"

Lily era rimasta senza parole, temeva di non essere più in grado di prendere decisioni sagge quando aveva di fronte il ragazzo di cui si era, contro ogni logica e pensiero razionale, innamorata.

 

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Fandom: Harry Potter
Genere/tipo:, Intervista
Prompt: Pensiero laterale
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Tom Riddle e la televisione

 

Giornalista: Buonasera a tutti, oggi siamo qui per intervistare il signor Tom Riddle, che sostiene di essere stato in passato un mago.

Buonasera, signor Riddle, benvenuto.

Tom, fa un accenno di saluto: Il mio nome è Lord Voldemort e per te è una fortuna che io non abbia i miei poteri, ti ridurrei in cenere in un istante.

Giornalista, sorridente: Signor Riddle, vediamo che usa vestirsi in modo piuttosto particolare, è perché i maghi usano questi tuniconi e mantelli?

Tom, irritato: mi sono sempre vestito così. Non metterò mai addosso abiti babbani.

Giornalista: Mi avevano detto che usa questa parola: Babbani, cosa vuol dire?

Tom estrae la bacchetta da sotto il mantello: Privi di poteri magici.

Giornalista, si avvicina a Tom e cerca di prendere la bacchetta, alla fine la lascia a Tom, che lascia la presa: Ecco una vera bacchetta magica, signori. Ci faccia vedere come si usa.

Tom, sperando che funzioni: Avada Kedavra! 

Giornalista: Cosa dovrebbe succedere? Dovrei volare o diventare invisibile. Tom: No, dovresti morire.

Giornalista, ridendo a crepapelle: Signor Riddle, lei non esce mai dal personaggio, devo davvero farle i complimenti, soprattutto per il trucco al viso, è molto realistico.

Tom, toccandosi il viso: Ma questa è la mia faccia...

Giornalista, in imbarazzo: ... Ma veniamo alla sua richiesta di oggi! Lei è qui per una cosa in particolare e noi come sempre chiediamo al nostro pubblico di aiutare a trovare una soluzione per il suo problema. Ha un minuto per dirci cosa desidera. 

Pronto... Via!

Tom, triste e arrabbiato: Da quando ho perso i miei poteri sono stato bandito dal mio mondo, persino i miei seguaci mi hanno abbandonato. I miei beni sono stati confiscati dal ministero e mi hanno lasciato da solo nel mondo babbano. 

Non ho più la mia casa e non ho Galeoni. Cerco... lavoro. Sono sempre stato bravo a fare pozioni, mi hanno consigliato di provare a fare il... cuoco...

Se c'è un mago in ascolto, io vi prego, vorrei andare ad Azkaban... non posso vivere così...

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Fandom: Harry Potter
Genere/tipo: Teatro/Chiamata, slice of life
Prompt: pensiero laterale
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Diavolerie da Babbani


Arthur Weasley, preme bottoni casuali sullo strano apparecchio luminoso babbano che tiene in mano.

Arthur: Buongiorno! Mi sentite. Sento solo un rumore.

L'uomo raggiunge Harry, sulla poltrona a leggere il Cavillo.

Arthur: Harry, come hai detto che funziona questo telefocoso?

Harry, preoccupato: Telefono. Serve a parlare con chi è lontano, ma devi comporre il numero, ti serve un numero di telefono della persona che vuoi contattare per chiamarla.

Arthur, gli passa il telefono: mi puoi fare vedere? Puoi chiamare qualcuno?

Harry, prende il telefono e scorre la rubrica: Ecco, ho chiamato Hermione.

Arthur, schiarendosi la voce: Che emozione. Tuuu, tuuu! Ahah! Che emozione!

Hermione: ...Pronto? 

Arthur, urlando: Hermione? Sei davvero tu!

Hermione: Signor Weasley, buongiorno. Non serve che gridi così, la sento anche se parla normalmente.

Arthur, sempre urlando e ridendo: Va bene. Farò come dici.

Hermione: ...Deve dirmi qualcosa?

Arthur: Questo telefono è più veloce della posta, i Babbani ne sanno una più di Merlino.

Hermione: Già, è ... interessante. Ne ho anche uno di scorta se lo vuole per casa.

Arthur, commosso: Me lo presteresti davvero?

Hermione: Glielo posso anche regalare… È vecchio in realtà

Arthur: Un pezzo storico, è meraviglioso. Vieni a cena, Hermione? Molly voleva mandarti un gufo, ma adesso abbiamo un telef- tele cosa?

Harry: Un telefono.

Arthur: Un telefono! 

Hermione, sempre più preoccupata: Va bene, le porterò anche l’altro.

Arthur, soddisfatto, se ne va col suo telefono.

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Fandom: Harry Potter
Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Lily Luna Potter, Albus Severus Potter, James Sirius Potter
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Prompt: neonato


Eredità genetica

Ginny Weasley sapeva di avere ereditato i geni di famiglia e che quindi era molto probabile che i suoi figli sarebbero stati quasi tutti maschi, ma non avrebbe fatto come i suoi genitori: si sarebbe accontentata del secondo figlio e avrebbe accettato il destino. Quella era una promessa che aveva fatto a se stessa e a Harry quando avevano deciso di avere il secondo bambino e l’avrebbe mantenuta.

Ma, c’era un grosso ma: lei voleva proprio tanto una bambina. Alla fine aveva capito sua madre e pensando a quanto fosse stata amata e protetta in una famiglia di fratelli maggiori si era convinta che non sarebbe stato poi così male avere altri figli. Lei e Harry potevano permetterselo, tanto per cominciare, e poi Albus e James andavano così d’accordo che era un piacere, quasi, fare i genitori, quasi troppo facile.

 

Quando l’aveva detto a Harry lui aveva alzato gli occhi dalla Gazzetta del Profeta per guardarla di sottecchi. “Ma i tuoi fratelli non ti hanno fatto passare l’inferno? Fred e George non ti avevano bruciato tutti i capelli giocando con il camino? E Ron mi ha quasi ucciso quando ha saputo che volevamo uscire insieme. E…” Ma Harry si era fermato di fronte allo sguardo nostalgico della moglie.

“Un po’, forse,” aveva biascicato. “Ma è perché mi hanno sempre voluto bene.”

“Non devi convincere me,” le aveva risposto Harry, “Sei tu che devi fare il grosso della fatica e tu sai che io, da figlio unico, adoro la tua famiglia. Se desideri una bambina possiamo riprovarci, per me. Sai che non mi dispiace mai.” Le aveva rivolto un occhiolino che l’aveva fatta sorridere. 

Lily Luna era perfetta. Ginny avrebbe passato le ore a osservarla dormire, a guardare i suoi occhi verdi quando li scrutava con attenzione come solo i neonati fanno. Si era innamorata di lei proprio come era successo con i suoi due fratelli, ma sentiva che con Lily avrebbe mantenuto un legame speciale. 

James e Albus invece parevano avere messo il turbo da quando Ginny e Lily erano tornate dal San Mungo. Le donne di casa avevano estremo bisogno di riposare, mentre Harry e i suoi figli maschi sembravano intenzionati a distruggere casa. Quando Lily aveva ricominciato a piangere Ginny si era alzata di scatto, tenendo la figlia al sicuro tra le braccia, e si era affacciata sulle scale.

“Harry Potter,” aveva esclamato con un tono che ricordava moltissimo quello di Molly. “Vedi di fare meno rumore, altrimenti potrai sognarti di andare a vedere con James la partita di Quidditch della nazionale.” Poi aveva respirato profondamente. “Sono stata chiara?”

I tre si erano fermati in una posizione che appariva ridicola: Harry aveva Albus appeso al braccio e James stava per saltare sulla schiena del padre che in quel momento impersonava un temibile troll. Dopo la sgridata di Ginny si erano ricomposti scattando in piedi come soldatini.

“Vi andrebbe di usare i giochi Babbani oggi? Disegnare e colorare?”

James e Albus avevano annuito e insieme al padre si erano avviati tranquilli al tavolo della cucina.

Forse Ginny era più simile alla madre di quanto volesse ammettere, e in fondo non le dispiaceva per niente.


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Fandom: Harry Potter
Personaggi: Andromeda Black, Ninfadora Tonks,  Remus Lupin,  Teddy Lupin
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prompt: neonato

Non sei sola

 

Andromeda ricordava ancora la gioia negli occhi e nell'aspetto di sua figlia quando le aveva raccontato che si era innamorata. La donna stava iniziando a pensare che forse Ninfadora stesse aspettando un momento di pace per costruirsi una famiglia. Lo capiva, anche se lei non aveva agito allo stesso modo.

Quando poi le aveva presentato Remus era rimasta estasiata: un uomo intelligente, rispettoso e chiaramente innamorato di sua figlia. Potevano essere molto felici insieme, nonostante lui avesse quel grosso problema del quale Ninfadora non le aveva parlato: era un licantropo.

Andromeda lo aveva saputo ed era un po' prevenuta prima di averlo conosciuto, ma con il passato che aveva avuto aveva imparato che molte volte a fidarsi delle chiacchiere si sbaglia e quella volta era stata felice di aver messo a tacere i suoi cattivi pensieri e di averlo conosciuto senza troppi pregiudizi.

 

La notizia della morte di Ted l'aveva distrutta. Si sentiva in colpa per essere rimasta lì nella loro casa, quasi certa di essere al sicuro perché Bellatrix le aveva giurato che lei avrebbe vissuto senza lo sporco Mudblood che aveva sposato. Glielo aveva fatto scrivere. 

Il piccolo Teddy era nato il mese successivo alla sua morte, riportando un po' di luce nelle loro vite che ormai non erano che un susseguirsi di lutti e di pessime notizie.

 

Quando Ninfadora aveva portato alla madre il piccolo Teddy, quella sera, la donna l'aveva preso dalle sue braccia con le lacrime agli occhi. "Resta," aveva implorato. "Non è necessario che andiate... non andate, vi prego."

 "Siamo parte dell'Ordine e possiamo fare la differenza." Ninfadora aveva salutato Teddy trasformando il suo volto a ricordare un cane, il capelli del piccolo erano diventati azzurri mentre sorrideva. Poi madre e figlia si erano abbracciate per un tempo lungo e brevissimo allo stesso tempo. Nessuna delle due voleva lasciare l'altra andare, ma il momento era giunto.

"Tornate a casa."

"Faremo il possibile."

Teddy dormiva tra le sue braccia quando Andromeda aveva ricevuto la notizia da parte di Molly Weasley: Harry Potter aveva trionfato come tutti speravano, ma c'erano state delle perdite nella battaglia, perdite che per lei erano insostituibili.

Si sentiva come se le avessero strappato il cuore dal petto: incapace di provare emozioni, apatica. 

L'unica ragione per cui continuava ad alzarsi ogni mattina era il piccolo Teddy, l'unica famiglia che le era rimasta. Avevano bisogno l'uno dell'altra per sopravvivere e la donna faceva il possibile per essere per lui tutto ciò di cui aveva bisogno.

A volte guardando nei suoi occhi vivaci rivedeva Ninfadora e quella sua dote così unica che rendeva Teddy troppo simile a lei. Andromeda a volte non riusciva a fermare le lacrime quando Teddy cambiava il colore dei capelli, lui subito si ingrigiva sentendo la tristezza della nonna. 

Era chiaro che il neonato sentisse la mancanza della madre, lei doveva essere forte.

Harry Potter diventò il padrino di suo nipote e le stette vicino. Anche Narcissa le mandò delle lettere, ma ci volle parecchio tempo e l'intercessione di Harry perché le due sorelle alla fine si incontrassero. Aveva detto troppi addii nella sua vita, non avrebbe perso anche Narcissa senza tentare, in fin dei conti lei credeva ai pregiudizi.

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Fandom: Harry Potter
Personaggi: Molly Weasley, Arthur Weasley, Ron Weasley, Ginny Wasley
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prompt: neonato 

Che sia la volta buona?

 

Molly Weasley era ormai arrivata agli ultimi giorni di gravidanza, già esausta causa del caldo insopportabile di agosto e della continua confusione a casa. Aveva deciso che in ogni caso quella era l’ultima volta che tentava di avere una bambina. Già una volta le avevano assicurato che sarebbe stata una femmina e invece era arrivato Percy, da allora Molly e Arthur avevano concordato di non volere più conoscere il sesso dei figli in arrivo, ma lei se lo sentiva: questa era la volta buona.

La situazione si ripeteva quasi ogni sera ormai: Ron continuava a piangere, Bill e Charlie litigavano tra loro contendendosi l’alleanza del piccolo Percy, ma a preoccuparla di più erano i gemelli, stranamente tranquilli quella sera.

Quando Arthur arrivò a casa trovò la moglie seduta con Ron in braccio, mentre con lo sguardo controllava il pentolone nel quale girava magicamente un cucchiaio di legno.

“Non osare lamentarti della cena, del caos o di qualsiasi altra cosa."

Arthur non vedeva l'ora che sua moglie partorisse e sperava tanto di poter passare un po' di tempo in famiglia dopo la nascita del figlio o, come tutti speravano, della figlia.

"Ho chiesto una settimana di ferie per quando il... nascerà." Aveva indicato il pancione della moglie, incerto su cosa dire, visto che negli ultimi giorni era bastata una parola sbagliata per portare la donna sull'orlo di una crisi di nervi bella e buona. Ci era abituato perché era stata così anche con tutte le altre gravidanze e Arthur sapeva che era uno dei segnali: il parto secondo i suoi calcoli sarebbe avvenuto entro il giorno seguente. Solo un altro po' di pazienza e avrebbe avuto la sua bambina tra le braccia, se tutto fosse andato come previsto.

"Ho sentito tua madre, ha detto che domani viene a tenere i bambini, così tu puoi rilassarti." Arthur non era certo di come la moglie avrebbe preso quella notizia.

"Non mi serve aiuto." Rispose, secca. Il piccolo Ron tentava di giocare con i suoi capelli, ma Molly gli mise tra le mani un sonaglio e lo lasciò camminare verso i gemelli, osservandoli truce per un attimo per assicurarsi che non facessero niente di male al fratellino. 

"Lo so che non ti serve, ma pensaci: potresti uscire, potresti andare a mangiare fuori da sola in silenzio e in tranquillità, tua madre sarà qui solo un paio di giorni e poi tornerà a casa e tu continuerai ad arrangiarti. Con questo caldo un po' di riposo non ti farà male in ogni caso." 

Molly sorrise, in effetti era stanca, soffriva il caldo e sentiva di non riuscire più a gestire bene i suoi amati figli con quella pancia ingombrante e pesante. "Grazie," rispose al marito. 

"Allora comincio subito a riposarmi, io mi mangio la zuppa a letto, sai cosa fare."

Arthur rimase a bocca aperta, incapace di ribattere, preoccupato del caos che presto si sarebbe scatenato sotto la sua guida che sicuramente non era decisa come quella della moglie.

La mattina dopo Molly si svegliò da un sonno profondo e tranquillo con una sensazione che conosceva bene: il parto era vicino.

Scese in soggiorno per trovare Arthur che dormiva sul divano insieme a Ron, Fred e George. La donna cercò di non svegliarli, più per stare tranquilla che per lasciarli riposare, la contrazione a sorpresa però le fece emettere un lamento che fece scattare Arthur, e di conseguenza il piccolo Ron, in piedi.

"È ora," gli disse per rispondere alla tacita domanda che il marito le stava rivolgendo. Proprio in quel momento una fiammata nel camino annunciò l'arrivo della signora  Prewell.

"Me lo sentivo! Vai, Molly cara, qui ci penso io.”

 

Quella sera per la prima volta i signori Weasley abbracciarono la loro piccola Ginny, fin dal primo sguardo avevano capito che sarebbe stata speciale.

 

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Fandom: Harry Potter
Personaggi: Harry Potter, Peter Pettigrew, Sirius Black
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Prompt: neonato


Il padrino di Harry

 

Peter Pettigrew aveva stretto tra le braccia Harry per la prima volta il dieci agosto. Aveva soltanto pochi giorni di vita e già il peso enorme della profezia gli gravava addosso.

Gli aveva pulito la bocca con un bavaglio mentre cercava di farlo sorridere con le espressioni più sciocche che riusciva a mostrargli.

 

James e Lily stavano parlando con Silente nella stanza accanto e Sirius continuava a camminare avanti e indietro, incapace di calmarsi. Era evidente che il suo nervosismo unito alla mancanza della madre non stessero facendo bene al piccolo Harry, che lentamente stava passando dalla tranquillità al terrore.

“Sirius, fermati un attimo, vieni qui con noi.”

“Non posso, non riesco a stare tranquillo… Tu come ci riesci?”

Ma in quel momento Harry aveva incrociato lo sguardo con quello di Sirius, che fu come catturato dal figlio dei suoi migliori amici. Il neonato non poteva certo avergli davvero sorriso, era troppo piccolo, ma Sirius in lui aveva rivisto l’espressione di James e gli si era avvicinato, ipnotizzato dai suoi vivaci occhi verdi.

“Dallo a me, Peter.” 

“No, Harry è con me e resta qui.”

Sirius aveva iniziato a rivolgere a Harry delle smorfie infantili che in genere negli adulti considerava sciocche, non riusciva a farne a meno, impegnato com’era a farsi osservare e a tentare di catturare l’attenzione del neonato che rispondeva alle sue smorfie con uno sguardo curioso.

Sirius si era avvicinato a braccia tese e Peter aveva stretto il bambino più forte. Sentendo la tensione tra i due, Harry iniziò a lamentarsi e Sirius approfittò del momento di smarrimento di Peter per prenderlo in braccio. Si sentiva impacciato, tanto che non era ben sicuro di come farlo stare comodo: lo tenne a penzoloni per qualche secondo per poi chiedere aiuto a Peter, che alzò gli occhi al cielo mentre gli spiegava come cullare il neonato. Harry sembrava apprezzare la presenza di Sirius, infatti si calmò subito e in pochi istanti si addormentò profondamente. 

A Sirius non piacevano i bambini, o almeno così aveva sempre detto e pensato, ma con quel marmocchietto sentiva di avere un legame profondo.

Si ricordava di quando James e Lily gli avevano detto di aspettare un bambino. La sua reazione era stata di rabbia e non di gioia come loro aveva immaginato. Sirius si era chiesto come avessero potuto pensare a un figlio in quel periodo? Con tutti i membri dell’Ordine presi di mira dai Mangiamorte, uccisi e Cruciati. 

Solo in quel momento stava cominciando a comprendere che invece era importante avere qualcuno per cui lottare. Che l’amore e la speranza sarebbero stati in grado di donare a tutti loro la forza di combattere i Mangiamorte e di vincere quella guerra che andava avanti da troppo e non poteva, non doveva fermare le loro vite. 

Avrebbe detto ai suoi amici che era felice per loro e che anche lui avrebbe combattuto anche per proteggere quel bambino indifeso con il quale sentiva già un’intesa profonda.

“Vorrei tanto farti da padrino, Harry. Spero che la tua mamma me lo permetta.”

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Fandom: Harry Potter

Personaggi: Ninfadora Tonks, Ted Tonks, Andromeda Black

Prompt: Se non ci piace dove stiamo possiamo spostarci, non siamo alberi.” (Snoopy)

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Gli altri nonni




Ninfadora aveva sei anni quando i suoi nonni paterni le avevano disegnato l’albero genealogico della famiglia, in quel momento si era resa conto per la prima volta di non avere mai conosciuto gli altri nonni. Aveva tentato invano di avere spiegazioni dai Tonks, ma loro erano diventati nervosi e avevano cercato di catturare la sua attenzione su dei biscotti al cioccolato che la nonna aveva preparato per lei.

La bambina non aveva fatto altre domande ai nonni, ma i suoi capelli erano diventati scuri e opachi, riflettendo i pensieri cupi che sentiva dentro: perché non conosceva i genitori della mamma? Erano forse morti? Non le volevano bene? Era colpa sua?

 

Dora sapeva di essere strana, il papà le aveva spiegato che quella sua peculiare capacità di cambiare non era facile da comprendere per tutti e che per questo avrebbe dovuto aspettare un po’ per conoscere le sue zie, ancora sotto shock per aver visto una neonata coi capelli tinti di rosa.

Quando il padre era andato a prenderla quella sera l’aveva trovata pensierosa e a casa le aveva chiesto subito cosa fosse successo.

“C’è qualcosa che non va?” La bambina aveva annuito e Ted si era seduto di fronte a lei. “Dimmi.”

“Perché non conosciamo gli altri nonni?”

 

Ted aveva accennato un debole sorriso: sua figlia doveva conoscere la verità, anche se la spiegazione non era facile da affrontare. “Non li conosciamo perché loro sono arrabbiati con me.”

“E perché non fanno pace?” Dora non capiva: sapeva che a volte gli adulti litigavano, anche lei a volte si arrabbiava con la mamma, ma poi le chiedeva scusa e la mamma la abbracciava.

 

“Non è facile da capire, sei ancora piccola.” Ted sperava che la figlia si rassegnasse a non chiedere di più, ma Dora lo stava osservando con occhi curiosi e attenti e non sembrava aver intenzione di accontentarsi, quindi aveva continuato. “Tu sai che io e la mamma ci vogliamo molto bene, vero?

 

Sai anche che i nonni non possono usare la magia, vero?”

 

Dora annuiva. “I genitori della tua mamma volevano che lei si costruisse una famiglia con un mago diverso da me: uno con la famiglia intera in grado di usare la magia. Un Purosangue.

Ma Andromeda ha deciso di scegliere noi, di essere la tua mamma, di accettare anche i miei genitori e le tue zie, anche se nessuno di loro è un mago.”

La bambina non riusciva a immaginare una ragione per non voler bene ai suoi nonni: erano sempre premurosi e si divertivano tanto quando lei cambiava sotto i loro occhi, ma non poteva neanche pensare di stare senza la sua mamma. “E non le manca la mamma?”

“Io… credo di sì…”

 

Andromeda in quel momento aveva varcato la porta della cucina, dopo aver ascoltato in silenzio le risposte di suo marito aveva deciso di aiutarlo a chiudere quel discorso difficile. “Io sto bene con voi, sono felice di essere andata via. Volevo bene alla mia famiglia, ma non stavo bene con loro e spero che un giorno capiscano che abbiamo ragione noi: che anche i Babbani sono buone persone e che il tuo papà è il migliore del mondo.

Ricorda, Dora: se non ci piace dove stiamo possiamo spostarci. Non siamo alberi. L’unica cosa importante è stare con le persone a cui vogliamo bene.”

Andromeda aveva riso quando Dora aveva trasformato i suoi capelli in rami d’albero. Qualsiasi cosa fosse successa, non si sarebbe mai pentita di aver scelto Ted e Dora.


I gemelli

Apr. 3rd, 2019 10:44 pm
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Fandom: Harry Potter
Personaggi: Fred Weasley, George Weasley
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Prompt: Gemelli

“I hate you!” “No you don’t.”
Fulminati
Polvere
Il Bolide

“I hate you!” “No you don’t.”

Fred aveva messo a punto un nuovo tipo di scherzo per il loro negozio, che avrebbe aperto entro pochi giorni. Si trattava di un cioccolatino che, se i suoi calcoli fossero stati esatti, avrebbe causato un irrefrenabile bisogno di ballare.
Visto che non aveva alcuna voglia di testarlo su se stesso, aveva messo il cioccolatino nella tasca della sua giacca, facendo spuntare leggermente l’incarto.
Pensava che di certo uno dei suoi fratelli l’avrebbe preso appena l’avesse visto e sperava tanto che sarebbe stato Percy, ma con George sarebbe stato molto più divertente, ne era certo.
Si era disteso per riposare un po’ e si era addormentato.
“Ti odioooo!” Un urlo l’aveva svegliato.
Il suo gemello stava ridendo come un pazzo mentre saltellava per la stanza.
“Non mi odi, semmai mi ami, dillo che mi ami!” Fred era scattato in piedi e stava saltellando verso il fratello. “Sono un genio!”
Si erano messi a ballare insieme, facendo passi a caso e senza alcuna coordinazione. Fred non gli aveva detto che non era sicuro che l’effetto sarebbe passato in tempi brevi e sperava che la vendetta del fratello sarebbe stata altrettanto divertente.

Fulminati
Quando ai due gemelli Weasley veniva in mente uno scherzo, era come se l'idea balenasse a entrambi in mente nello stesso instante: si guardavano negli occhi ed era fatta.
Quella volta era stata una cosa semplice, era bastato un cenno: avevano passato in silenzio tutta la giornata, cosa che aveva preoccupato da subito i loro genitori e quando Avevano sentito il rumore del secchio avevano capito che finalmente il misfatto era stato svelato.
Percy era entrato in casa ricoperto di fango dalla testa ai piedi, col mantello nuovo del quale si era tanto vantato che quasi sicuramente era da buttare.
Posso permettermelo perché io lavoro per il Ministro.
Prima o poi avrebbe imparato, forse, a tenere chiusa la sua boccaccia.


Polvere
Non piangere, George sapeva che Fred avrebbe detto così se ne avesse avuto la possibilità.
Lui gli parlava ancora. A volte iniziava a parlare aspettandosi che arrivasse lui a concludere le sue frasi come accadeva un tempo. Ma non sarebbe più successo e lui avrebbe fatto bene a cominciare a rendersene conto. Aveva altri fratelli, era vero, ma nessuno di loro era Fred.
A George sembrava di aver perso una parte di se stesso, perché anche quando stavano separati solo per poche ore, quando si ritrovavano era come se non si vedessero da una vita.
Senza di lui, ora George avrebbe dovuto contare solo sulle sue forze.

Il Bolide
Alla fine era successo: George era uscito dall’allenamento su una barella.
Giocando a Quidditch qualche piccolo errore poteva capitare, soprattutto ai Battitori che non sempre riuscivano a dirigere i Bolidi dove volevano. I gemelli Weasley però sbagliavano di rado. Il problema era che a volte giocavano tra loro più che con la squadra, si lanciavano addosso i bolidi con una velocità e una precisione che spesso Oliver aveva considerato piacevole da vedere, ma che a volte diventava troppo pericolosa.
“Andateci piano,” aveva ordinato. Ma a loro gli ordini davano l’orticaria, quindi i due avevano deciso di fare comunque a modo loro. Certo, Fred avrebbe potuto aspettare che George finisse di parlare con Anjelina prima di lanciargli addosso il Bolide, ma si sa: gli errori possono capitare.
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Drabble sul Fandom di Harry Potter





Il Bottone

Non era niente di speciale.

L'aveva trovato per terra nella stanza che Harry aveva diviso con Ron, un oggetto dimenticato che Ginny custodiva come un tesoro.

A volte, di notte, prendeva quel bottone dal suo baule e lo stringeva tra le mani. Lo baciava in un gesto che solo dopo anni avrebbe giudicato infantile, ma che all’epoca la faceva sentire bene.

Si era staccato dalla giacca leggera che Harry aveva portato alla Tana durante la prima estate che aveva passato con loro. Ginny l’aveva raccolto e tenuto in tasca da allora.

Era come avere Harry lì, vicino al suo cuore.

Gelosia

Dean aveva sempre saputo che non sarebbero stati insieme per sempre, ma non gli importava.

Ginny era tutto ciò che lui, in quanto ragazzo, non si permetteva di essere: era dolcezza, fragilità, ma allo stesso tempo aveva una forza che le invidiava.

Lo rendeva completo.

Si sentiva in competizione con Harry Potter, perché vedeva che lei lo cercava con gli occhi.

Un giorno, vedendo che lui si stava avvicinando, aveva stretto forte a sé la sua Ginny.

“Sei… geloso?” Il sorriso di Ginny dimostrava chiaramente quanto lei si sentisse importante per lui, non un trofeo, ma un tesoro da proteggere.

Solo un Bacio

It started out with a kiss
How did it end up like this
It was only a kiss, it was only a kiss

Ginny era uscita dalla Stanza delle Necessità con le ginocchia molli, aveva guardato Harry e aveva capito che Cho non era rimasta lì per caso.

Non voleva che si frequentassero, era egoista per questo?

Sapeva di non avere diritti su di lui. Però aveva sperato che lui l’avrebbe notata…

Attese per quella che le sembrò un’eternità il ritorno di Harry nella Sala Comune. Nel vederlo su di giri, capì. Il vuoto che sentiva dentro era difficile persino da immaginare.

Lasciò Dean. Anche se ci aveva pensato in passato, ora era davvero convinta.

Alla partita con Corvonero l’avrebbe fatta a pezzi.


Il tuo respiro

Il bottone non le serviva più, stava in fondo al baule, dimenticato tra le cose che meno le interessavano.

Nonostante avesse avuto altre storie, non si era mai sentita così, perché aveva sempre desiderato Harry. Soltanto in quel momento era riuscita ad ammetterlo con se stessa.

Ai piedi dell’albero, mentre la abbracciava, poteva sentire il respiro di lui arrivare tiepido alle sue spalle e poteva rilassarsi, cullata dal movimento ritmico del suo torace.

Ginny poteva sentire il profumo di Harry su di sé, quando andava a dormire.

Si sentiva felice, finalmente, e sentiva che con Harry sarebbe sempre stato così.

[AU], 8, Fred Weasley

Gaming

Capelli rossi, occhi svegli e un’espressione tranquilla.

Un giocatore non si espone troppo.

Fred non avrebbe mostrato mai le proprie debolezze.

Con le carte lui era invincibile, diventava un altro.

In quel momento era in gioco ben più del denaro: la sua vittoria segnava la penitenza massima per suo fratello Percy.

Goerge era fuori gioco da un po’, la responsabilità era tutta sua.

Quando poggiò la scala sul tavolo, vide il fratello sbiancare: aveva vinto.

“Ci siamo Perce! Ora dovrai eseguire gli ordini”

Mentre tagliava l’erba, Percy Weasley maledì se stesso per aver creduto alle promesse dei suoi malefici fratelli.

[Femslash], Luna Lovegood, (Cho Chang)

Kiss me

Le labbra rosse di Cho erano perfette.

Luna la osservava, avrebbe voluto parlarle, ma Cho sembrava interessata a Cedric, che sicuramente la stava invitando al ballo.

Immaginava come potesse essere baciare quelle labbra colorate di rosso.

Invidiava chiunque avesse il coraggio di avvicinarla.

Pensando di non avere niente da perdere, si avvicinò al vischio.

Luna era strana, tutti lo pensavano.

Cho non si ritrasse quando si avvicinò a lei.

Un solo bacio, breve e leggero. A Luna bastò per capire che quelle labbra erano come le sue: morbide e dolci.

"C'è il vischio", disse a Cho, con naturalezza. Sorrisero entrambe.

[Hurt/Confort], Sibilla Cooman, Narcissa Malfoy

La Profezia

Non sopportava quella sentenza.

Chiusa nel bagno Narcissa, per un attimo, ripensò all’uomo che continuava ad amare, con nostalgia.

Quando l'avrebbe rivisto? Troppo tardi.

In quel momento, proprio mentre si controllava gli occhi, che da troppo tempo piangevano lacrime asciutte, entrò nella stanza una donna bionda.

“Non tutto ciò che si crede perduto lo è per sempre, nella solitudine e nel silenzio potrete ritrovare il senso dell’amore che fu. Lui tornerà e sarà come rinascere.” Disse con occhi vacui, poi scosse la testa: “Scusi, diceva?”

Narcissa spalancò la bocca, rinfrancata dalla sua profezia: “Niente, la stavo solo ringraziando, signora Cooman.”

[Missing Moment], Minerva McGranitt

Cammino

Mentre guidava gli studenti verso la sua tomba, si sentiva svuotata.

Non reggeva la posizione, le aspettative che tutti sembravano avere.

Avrebbe dovuto dire qualcosa, lo sapeva.

Come poteva rendere giustizia all’uomo più grande che lei avesse mai conosciuto?

Incrociò lo sguardo con Hagrid, che piangeva senza contenersi e per un attimo, desiderò essere al suo posto.

Mi manchi, Albus.

Guidami, aiutami a proteggere gli studenti come hai sempre saputo fare tu.

Dammi un segno della tua presenza ed io sarò forte abbastanza.

In quell’istante, un soffio di vento le carezzò il viso.

Aveva risposto alla sua preghiera: era pronta.

[Horror], Severus Piton, Draco Malfoy

Nebbia

Una nebbia nera aleggiava quella notte nei sotterranei di Serpeverde.

Draco si era alzato, da bravo prefetto aveva preso la bacchetta e aveva iniziato a camminare in mezzo a quel buio denso. Era curioso nonostante la paura lo stesse rendendo poco sicuro nei suoi movimenti.

Puntava la bacchetta nel buio, tenendo la schiena appiccicata al muro per non essere colto di sorpresa. Sperava di raccogliere qualche punto per la sua Casa, trovando magari qualcuno fuori dai dormitori, probabilmente un buffone responsabile per la nebbia, magari fosse stato un Grifondoro. Malfoy era terrorizzato, ma non avrebbe ammesso la sua paura.

Mentre passava davanti a una porta, questa si aprì e all’improvviso sentì due mani fredde che lo afferravano da dietro.

Draco urlò, tentando di scattare lontano, ma le mani non mollavano la presa.

L’uomo era grande e oscuro e lui stava tentando la fuga, troppo spaventato per reagire.

Si adagiò a terra, sconfitto.

Piton, piuttosto indispettito dalla reazione di Malfoy, raccolse il ragazzino svenuto e lo portò in infermeria.

Non gli avrebbe detto che, in realtà, quella figura spaventosa che l’aveva catturato, era il suo professore, che in quel momento era impegnato a rimediare allo scherzo di qualche buontempone dell’ultimo anno.

[Post Saga], Bellatrix Black

L’inferno deve attendere

Bellatrix pensava di avere conosciuto bene l’inferno in vita, ad Azkaban.

Adesso era morta.

Immaginava che loro l’avrebbero presa subito, invece non era ancora successo.

Per gli uomini, lei non era nulla più di una macchia lievemente più scura nella luce, un’ombra nell’ombra.

Non la vedevano, ma lei c’era.

Costretta a vedere i Sanguesporco conquistare ruoli troppo importanti nel Mondo Magico.

I Mangiamorte in quegli anni erano stati inutili.

Quanto tempo era passato?

Troppo.

Il buio ogni giorno minacciava d’inghiottirla.

E lo attendeva, senza paura.

Aspettava il suo inferno. Doveva sperarlo, non poteva pensare di passare in quel modo l’eternità.

[Prompt, odore di Marcio], Minerva McGranitt, Fred Weasley

La Pozione.

“Cosa sarebbe questo?” chiese la McGranitt tappandosi il naso.

Fred sogghignò, erano stati geniali. Avevano fatto saltare la lezione.

Lei alzò un sopracciglio, impaziente: avrebbe fatto bene a parlare: “La Pozione è andata male”.

“Per quanto io la trovi simpatico, signor Weasley, la sua abilità è più grande di quello che vuole dare a vedere. Dubito che quest’olezzo sia un errore”.

Attese un secondo: “…ma non posso dimostrarlo, quindi torni nel suo dormitorio. Grifondoro perderà dieci punti a causa della sua incapacità nel preparare Pozioni”.

L’odore di marcio era insopportabile. Piton avrebbe dovuto lavorare molto per liberarsene.

Fred sorrise, soddisfatto.

[Love], Luna Lovegood, Narcissa Malfoy,

Coppia

Luna non conosceva il significato di 'coppia'.

Per questo si era stupita nel vedere i Malfoy, suo padre li aveva presentati così, abbracciarsi e baciarsi in modo molto diverso da quello che lei conosceva.

“Sono troppo piccola per capire?”

“No, te lo spiego io: sono innamorati.”

“Cosa vuol dire?” Chiese confusa.

“Un innamorato pensa che la persona che ama sia la più importante, desidera passare tutta la vita con lei.”

“Come noi?”

“No, gli innamorati si scelgono, poi fanno dei bambini, come loro, vedi, quello è Draco, andrà a scuola con te.”

Quanto avrebbe voluto che suo padre si innamorasse.

[Generale], Sibilla Cooman

La Grama Sotto Spirito

Tutti la evitavano.

Al mattino, quando Sibilla le si avvicinava per parlare un po’, la Caporal trovava sempre qualcosa di urgente da fare per lasciarla lì, come una sciocca. Sola.

Sibilla pranzava con loro, ma non credeva la conoscessero davvero.

Qualcuno le aveva mai chiesto una premonizione? No.

La cercavano? No.

Anche ora, mentre, chiusa nella stanza delle necessità, beveva dalla bottiglia per annegare il suo cuore, si domandava se mai qualcuno l’avrebbe consolata.

Guardandosi allo specchio, sospirò. Posò la bottiglia.

"Presto verrà il mio momento. Le mie funeste predizioni si avvereranno, la smetteranno di chiamarmi La Grama sotto Spirito”.

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Fandom: Harry Potter
Personaggi: Dobby, Silente
Parole: 300
Partecipa al COWT9 missione drabble

Un elfo libero

Dobby è libero!

Continuava a ripetersi mentre camminava da solo lungo Diagon Alley. Muoveva le braccia su e giù per farsi spazio sulla strada, mostrando una fiera espressione di gioia. 

Si osservò riflesso su una vetrina: i calzettoni colorati risaltavano, lo facevano sembrare allegro. Era allegro.

“Benvenuto, Dobby,” disse Silente porgendogli una mano. Dobby la strinse.

“Buongiorno signor Silente, Dobby è felice di parlare con voi.”

Silente rise, poi indicò un tavolo, l’Elfo si sedette. Non era certo un posto adatto a far stare comodi gli Elfi, infatti da seduto arrivava a malapena a vedere sopra il tavolo, quindi fece apparire un rialzo e si mise comodo.

Silente sorrideva: “Cosa vuoi mangiare, Dobby?”

“Dobby non è mai stato in un negozio di cibo.”

“Lo so, allora fidati di me, prenderemo due ottime fette di torta della Ninfa Phuk.”

Mentre mangiavano, Silente volle arrivare al punto: “Dobby, sono qui per proporti un lavoro, ti andrebbe di essere assunto a Hogwarts?”

L’elfo rimase un attimo in silenzio, poi domandò cautamente: “Come Elfo di proprietà di Hogwarts?”

“No, come dipendente, come i professori.”

“Dobby non vuole insegnare.”

“No, pensavo di farti lavorare nelle cucine: preparerai le pietanze, farai pulizie e sarai pagato, come i professori,” l’elfo osservava il preside, incredulo, quindi Silente continuò: “Potrebbero andare bene tre Galeoni?”

“Tre Galeoni al mese? È anche troppo signore.”

“Ma non al mese, io intendevo all’ora…”

“Ma a Dobby non servono i soldi, sarà un onore lavorare per il grande preside Silente, vanno bene tre al mese.”

“Al giorno?”

“Dobby verrà a lavorare a Hogwarts per tre galeoni a settimana,” si alzò in piedi e prese la mano tesa di Silente, che si dimostrò soddisfatto dell’accordo.

Il patto era stato concordato. Ora che finalmente aveva un lavoro Dobby si sentiva davvero un elfo libero e felice.


Un amico

Mar. 23rd, 2019 11:41 am
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drabble
Parole: 100
Fandom: Harry Potter
Personaggi: Neville
Partecipa al COWT9, missione drabble
Un amico

“Ecco qui, Neville, questo è per te, per esserti meritato l’ammissione a Hogwarts.”

Zio Algie gli porgeva un rospo infiocchettato di tutto punto.

“Lui è Oscar, cerca di prenderti cura di lui.”

Neville osservava il suo nuovo amico con orgoglio, non riceveva spesso doni, soprattutto non da suo zio. 

“Ogni Mago che si rispetti ha un famiglio, ora te lo meriti anche tu. Trattalo bene.”

Neville non si era mai preso cura di un essere vivente, prima di allora. Sperava di essere in grado di fare un buon lavoro con il suo nuovo amico, anche perché era l’unico che aveva.


Black Dog

Mar. 16th, 2019 10:39 pm
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Fandom: Harry Potter

Personaggi: Sirius Black

Parole: 541

Partecipa al COWT9

Prompt: in fuga

 

 

Black Dog

 

 

Sirius sapeva che lo stavano cercando, una fuga come la sua non era passata inosservata e lui era certo che, anche se era stato il più lontano possibile dalla civiltà, non si parlasse che di lui nel mondo magico.

Poteva immaginare i titoli della Gazzetta del Profeta: Il terribile Sirius Black fuggito da Azkaban o ancora Assassino, traditore, fuggitivo. Tutti in cerca di Sirius Black. 

 

Immaginava che consigliassero a tutti di guardarsi bene intorno, di fare incantesimi di protezione per difendere le proprie case dal pazzo assassino che purtroppo era fuggito, che viveva da fuggitivo nel nulla. Un po' era vero: lui viveva da fuggitivo, ma la verità era che avrebbero fatto davvero un'immensa fatica a trovarlo, perché non sarebbe tornato in forma umana per un bel pezzo, non fino a quando non avesse trovato il vero assassino, che sapeva essere in vita anche se nessuno gli aveva mai creduto: Peter Minus.

Negli anni aveva maturato un odio che non era riuscito a sgonfiare in nessuna maniera. Ci aveva provato, Sirius. Oh, se ci aveva provato. Aveva cercato giustificazioni per quell'atto vile e terribile del quale proprio lui era stato accusato. Lui che invece avrebbe dato la vita per James e per Lily. Lui che anche in quel momento pensava che avrebbero potuto prenderlo e ucciderlo, ma non prima che lui riuscisse a portare a compimento il suo piano, non prima che Peter Minus fosse rivelato al mondo, meglio ancora sarebbe stato tornare ad Azkaban con l'accusa di averlo ucciso, perché nulla l'avrebbe reso più sinceramente pronto a morire. Quello era un delitto che Sirius avrebbe accettato di compiere, anche a discapito della sua stessa anima, anche contro ogni suo principio, anche avvicinandosi in questo modo alla sua famiglia.


I Black. Loro non l'avevano mai apprezzato molto, ma da quando era stato accusato dell'omicidio si erano fatti improvvisamente più simili a una famiglia vera. Sirius per un attimo si era quasi lasciato ammaliare dalle parole d'affetto della madre, ma poi aveva capito che se loro l'avessero scoperto innocente se ne sarebbero andati con la stessa velocità con la quale lui era stato imprigionato.

Non erano loro la sua famiglia. James era ciò che di più vicino a un fratello avesse avuto. Non pensava in questo modo a Regulus, anche se forse se lui fosse stato lì... se non l'avesse abbandonato... forse non sarebbe diventato uno di loro.

 


Sirius desiderava conoscere Harry Potter. Quel giorno era andato a Privet Drive perché ricordava che la casa di Petunia fosse lì, e infatti l'aveva visto. Era tutto suo padre. 

James aveva guaito, chiedendosi cosa sarebbe successo se lui si fosse palesato lì, nella Londra Babbana.

Non era una buona idea e lo sapeva, ma vedere Harry, il suo figlioccio, gli aveva dato una motivazione in più per convincerlo che lui doveva vendicarsi, che uccidere Minus era inevitabile.


Il pensiero che un tempo i due fossero stati amici lo riempiva di odio e di tristezza.

Sirius avrebbe dovuto avere ancora un po' di pazienza, ma era certo che l'avrebbe trovato. Sapeva già dove cercarlo e sapeva chi l'avrebbe aiutato nella sua vendetta: gli restava ancora un vero amico e sarebbe andato da lui, da Remus Lupin, il nuovo professore di Difesa Contro le Arti Oscure.

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Fandom: Harry Potter

Personaggi: Andromeda Black, Druella Black, Narcissa Black

Parole: 1305

Partecipa al COWT9

prompt: in fuga

 

Che cosa è un cinico?

Uno che sa il prezzo di tutte le cose, ma non conosce il valore di nessuna.

 

 

Il valore del sangue

 

 

Sua madre l’aveva messa in guardia: devi avere un comportamento consono all’ambiente.

Andromeda aveva provato tristezza, di certo non poteva dire di sentirsi a casa negli ultimi tempi, ma non aveva intenzione di fare scenate. 

Era sempre stata una brava Black da formalità, questo sua madre lo sapeva molto bene. 

Sospirò di fronte allo specchio mentre si osservava attentamente, ogni particolare era studiato alla perfezione. 

Era una giornata importante per Bellatrix e non avrebbe messo in ridicolo la sorella. Non le era mai passato per la testa, anche se avrebbe desiderato essere da un’altra parte, in effetti ovunque tranne che lì. Le sarebbe bastato essere con Ted.

 

“Andromeda, cosa sono queste?”

La signora Black stringeva tra le mani dei fogli di pergamena che Andromeda conosceva anche troppo bene: le lettere di Ted che erano state il suo conforto in quell’estate che aveva passato a casa, circondata dalla sua famiglia, troppo codarda per dire loro la verità, troppo incerta per buttare le lettere. Aveva bisogno di un contatto con Ted, sapeva che se non le avesse avute lì con lei, lui non le sarebbe più parso reale, e Andromeda aveva bisogno di sentirlo vicino.

“Quelle sono mie”, disse tendendo le mani verso la madre, che le attirò a sé e si schiarì la voce: 

 

“Mia cara Meda,

Spero che tu passi delle buone vacanze, non so cosa darei per poterti vedere, invece siamo costretti a nasconderci come degli assassini.

Tutto quello che vorrei, sarebbe avere i requisiti necessari per essere accettato dalla tua famiglia.

Pensaci bene, non voglio che per causa mia loro ti lascino sola.

Forse un giorno le cose cambieranno, nel frattempo sappi che sei sempre nei miei pensieri.

Tuo, Ted

Che cosa sarebbe questo?”

La osservava con freddezza. Ferma e glaciale come solo Druella Black sapeva essere. Andromeda si appoggiò al muro alle sue spalle, tentando di trattenere le lacrime che sentiva bruciare, un groppo le si formò in gola e, quando tentò di parlare, non le riuscì più di trattenersi.

Druella sospirò seccata: “Questo Ted ha un nome Babbano, sarebbe un… Sanguesporco?”

“Non più sporco del nostro”, sibilò Andromeda, asciugandosi gli occhi.

“Non lo vedrai mai più. Non credo di doverlo ripetere in futuro.”

“Non deciderai per me”, Sua madre si alzò in piedi con aria di sfida, accese un fuoco magico e vi lanciò le lettere. Il cuore di Andromeda batteva con forza, lei si sentiva bruciare, si chiese se in quelle parole non fosse davvero imprigionata una parte di lei, una parte che in quel momento si stava incenerendo e, forse, non sarebbe più stata in grado di recuperare.

Altre lacrime minacciavano di liberarsi, ma Andromeda strinse i pugni fin quasi a ferirsi e puntò gli occhi in quelli della madre. La guardava in silenzio, in quel momento la sentiva più lontana che mai, un’estranea.

“Andromeda, tu conosci molto bene il valore del nostro nome, non credo sia necessario che ti spieghi che i Sanguesporco non sono degni in alcun modo di diventare parte della nostra famiglia. Mi costringeresti a prendere provvedimenti molto seri”.

La ragazza rabbrividì quando la madre le appoggiò la mano sulla spalla, in un gesto troppo intimo per lei, un gesto che non aveva significato. Taceva, non aveva nulla da dire. Questa reazione l’aveva aiutata a decidere.

“Dovresti rinunciare ai vestiti che ti piacciono tanto, alla tua famiglia, ai privilegi, a tutti i nostri amici. Io non credo che tu saresti in grado di stare da sola, per questo voglio aiutarti. Manderò io stessa un messaggio a Ted, gli farò sapere che non intendi più sentirlo né vederlo. Lo capirà, sono sicura che capirà. Non è alla nostra altezza. Pensa a Rodolphus e Bellatrix. Potresti essere felice come loro”.

 

Narcissa entrò dalla porta socchiusa dopo aver bussato.

“La mamma mi ha detto di venire a controllarti”.

Sospirando, Andromeda sorrise alla sorella: “Non preoccuparti. Va tutto bene.”

Narcissa le sorrise: “Ho paura, Meda”, i suoi occhi brillarono di commozione per un istante. Andromeda si avvicinò alla sorella e la abbracciò: “Perché la mamma continua a rimproverarti? Vuoi andare via? Non lasciarci”.

“Narcissa, io... tu non puoi capire. Sappi che se sarò costretta ad andarmene, non sarà per lasciare te, ma per altri motivi”.

“Non stai bene qui?”

Si guardò intorno e alzò le spalle: “Vedi, Cissy?” Toccò il copriletto e indicò i mobili pregiati, poi indicò se stessa. “Io non ho bisogno di questo, quando sono qui mi sento vuota, capisci? La mamma pensa di potermi tenere stretta alla famiglia sfruttando la mia paura di perdere tutto questo, ma io ora sono in grado di riconoscere di cosa ho bisogno davvero.”

“Io, non ti servo?” Sospirò la sorella minore, osservandola con timore.

“Ma certo, però tu hai bisogno della nostra famiglia, della mamma e del papà. Io posso farcela solo perché non sarò sola là fuori. Ricorda che per te io ci sarò sempre”, porse alla sorellina il suo nastro verde, che aveva appena preso dal comodino, lo allacciò ai capelli di Narcissa e le sorrise.

 

 

La festa per Bellatrix fu sfarzosa, era un modo come un altro per dimostrare quanto i Black fossero nobili, ricchi e importanti nel mondo magico. Una delle famiglie alle quali nessuno con un minimo di cervello avrebbe chiuso la porta in faccia.

Druella le stava addosso, la controllava e la costringeva a partecipare a discorsi sterili che non interessavano la ragazza, che secondo sua madre erano il piccolo prezzo da pagare per avere tutto questo.

Tutta quella gente non aveva nulla a che fare con lei, non più. In passato era stata affascinata da quello sfarzo, dalla riverenza che Andromeda aveva sempre visto nei confronti della sua famiglia. il comportamento cinico della madre la disgustava. Non era più stata la stessa dopo quel giorno. Il gufo di Ted aveva volato verso la sua casa, ma era stato bloccato da incantesimi di protezione. Andromeda aveva tentato di mandargliene uno, ma aveva fallito. Ora, la festa era il momento buono per mandargli sue notizie. Avrebbe sfruttato lo zio Alphard, l’unico che avrebbe potuto capirla.

A fatica, lo prese in disparte: “Potresti consegnare questa per me?”

Alphard osservò la busta: “Prevedo guai!”

“Non posso stare qui, zio”.

“Noi siamo molto simili, mia cara Andromeda: noi vediamo oltre.”

Lei sospirò: “Oltre cosa?”

“Tu lo sai che cos’è un cinico?”

“Una persona che vede le cose come sono, e non come vorrebbe che fossero?”

“Nella visione Black, forse. No, un cinico è uno che sa il prezzo di tutte le cose, ma non conosce il valore di nessuna.”

Andromeda annuì: “Mi mancheranno, lo so, ma io devo seguire il mio cuore o diventerò come loro…”

“Cara, lo capisco. Io ci sarò per te, tra rinnegati ci si deve sorreggere. Non sarà così male, vedrai!”

 

 

 

Mentre riempiva il baule, Andromeda rifletteva su sua madre. Non era colpa sua, in fondo. 

Druella era una nobile donna, che credeva davvero in quei valori antichi che predicava. Il suo cuore era povero, freddo e sterile. 

Andromeda non voleva diventare come lei, conosceva il valore dei sentimenti, sapeva quanto valesse la famiglia e sperava che prima o poi l’avrebbero accolta a braccia aperte, che avrebbero accolto lei e Ted, perché non c’era differenza nel sangue, solo nelle tradizioni.

Uscì di casa più silenziosamente che poteva, si aiutò con un incantesimo per trasportare il suo baule, nel quale aveva messo giusto poche cose necessarie al suo viaggio. Aveva lasciato a Narcissa  il suo nastro preferito e un abito che di certo prima o poi la sua amata sorellina avrebbe voluto indossare.

 

Con la speranza nel cuore, attese sveglia l’arrivo del suo compagno. Partirono insieme, senza che Andromeda pensasse anche minimamente di voltarsi indietro.

Una nuova vita l’attendeva. Forse non sarebbe stata perfetta, ma di sicuro avrebbe avuto molto, avrebbe potuto guardarsi allo specchio riconoscendo il valore di quello che aveva nel cuore.

 

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