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Fandom: Persona 5
Personaggi: Morgana, Ren, Futaba, Phantom Thieves
Prompt: tutti dentro
Partecipa al COWT 13
Parole: 2370
Genere: Introspettivo

Solo un gatto

Sono solo un gatto.
Una frase che si ripeteva quasi ogni giorno. Quando vedeva la sua immagine riflessa oppure quando, appena sveglio e un po’ annoiato, pensava a come avrebbe passato la giornata.
Morgana non aveva molto da fare e da quando aveva seguito Ren nella sua città natale sentiva ogni giorno la mancanza del Metaverso.
Sospirò mentre si guardava allo specchio: non riconosceva quella coda irrequieta che si muoveva ondeggiando a mostrare la tensione che provava; le zampe bianche non gli consentivano di scrivere o di utilizzare la sua fionda come aveva sempre fatto nel Metaverso. L’unica parte di lui che ancora riconosceva erano gli occhi: azzurri e profondi, rivelavano la sua essenza diversa da quella di un comune gatto domestico. Morgana scosse la testa per cercare di scacciare il ricordo delle sue origini, perché per lui era difficile anche solo ricordare di aver salvato quel mondo che non poteva vivere come desiderava.
Sono solo un gatto, si ripeteva quando vedeva qualcuno passeggiare lungo la strada del paese, pensando che avrebbe desiderato scambiare due chiacchiere per una volta con qualcuno di diverso da Ren. Si sentiva talmente solo e annoiato che si sarebbe accontentato persino di Ryuji, già, gli mancava anche lui.
Quella mattina Ren era a scuola e lui, dopo aver mangiato, si stava occupando della sua consueta pulizia mattutina seguendo una routine consolidata ormai da tempo che all’inizio non gli piaceva, ma che aveva accettato perché in fin dei conti lui era solo un gatto, e in quanto tale doveva comportarsi. Non avrebbe mai accettato di farsi lavare, molto meglio arrangiarsi.
Il computer del Joker era rimasto aperto, non per caso ovviamente, ma perché Futaba avrebbe chiamato per fare due chiacchiere e per Morgana l’evento era tutt’altro che comune, visto che in genere la ragazza si faceva sentire solo quando i due erano insieme. La sera prima però aveva scritto un messaggio dove aveva avvisato della chiamata e Ren era stato ben felice di lasciare tutto a disposizione del suo gatto speciale.
Premette sul pulsante di accensione e aprì l’applicazione per ricevere la chiamata, poi si appostò di fronte al computer cercando di sorridere. Peccato che i gatti non abbiano grandi capacità di esprimere emozioni e che i suoi sforzi non avessero dato grandi risultati. Non voleva che Futaba si preoccupasse per lui, perché anche se all’inizio i loro rapporti erano stati un po’ tesi, lei si era dimostrata un’amica, la più presente con lui da quando il Metaverso era stato cancellato.
Il suono della chiamata interruppe i suoi pensieri tristi e Morgana premette sul pulsante di risposta con entusiasmo.
“Mona Chan!” Gridò l’amica.
“Guarda un po’ chi si rivede,” tentò di mantenere un tono composto nonostante la sua gioia. “Sembri in forma, ma mai quanto me!”
Futaba sghignazzò e raccontò a Morgana della sua vita, sempre un po’ troppo sociale per lei, a scuola. Il gatto le confidò che nell’ultimo periodo si stava abituando alla tranquillità della campagna, così diversa dalla vita caotica e densa di Tokyo. “Qui ti piacerebbe, dovresti provarci. Io invece sto benissimo anche in mezzo alla gente, ma qui l’aria ha un odore diverso. Io sono un gatto, sento gli odori molto meglio di voi umani”
“Mi piacerebbe infatti,” rispose la ragazza, che poi assunse un’espressione più seria. “Non ho molto tempo ancora, tra poco devo andare ad aiutare Sojiro al LeBlanc e c’è una cosa importante che ti devo chiedere, Mona Chan.”
Il gatto, incuriosito, si ricompose e riprese il ruolo che gli piaceva di più: quello di mentore, che aveva interpretato in modo più che convincente coi Phantom Thieves. “Sono qui per questo, ci sono problemi?”
“Non problemi, solo questo.” Futaba mostrò lo schermo del suo cellulare alla telecamera, che mise a fuoco un’icona che tutti loro conoscevano bene. “Il Meta Nav è riapparso ieri sera. Non so cosa significhi e non ne ho parlato con gli altri, ma vorrei vederci chiaro. Puoi controllare tu con Ren?”
Morgana annuì, mentre i suoi pensieri navigavano veloci ai ricordi di ciò che era stato il cui ritorno, almeno per lui, sarebbe stato un sogno trasformato in realtà.
“Hai sentito qualche cosa di diverso? Tu hai un rapporto speciale col Metaverso e ho pensato che saresti stato il primo ad accorgersi se qualcosa fosse cambiato.”
Futaba aveva ragione, eppure lui non si era accorto proprio di niente. Negli ultimi giorni al massimo aveva provato solo più noia del solito, visto che Ren aveva dovuto studiare per gli esami ed era stato fuori casa tutto il giorno. “No, niente di diverso.” Aveva risposto con tono sconsolato, forse le sue capacità si erano arrugginite dopo tutto quel tempo passato da semplice gatto.
“Forse lì non si è attivato, magari è una cosa di Tokyo…” Aveva ipotizzato la ragazza, sempre un passo avanti rispetto a lui. “Comunque oggi proverò a investigare un po’ con Sumire e Yusuke, sono gli unici qui intorno in questi giorni, poi li chiamo. Per ora meglio non allarmare gli altri visto quanto hanno da fare. A prestissimo!”
Morgana aveva fatto appena in tempo a rispondere al saluto, che la comunicazione era stata chiusa. Era rimasto fermo in silenzio per un bel pezzo a ragionare sul significato della presenza di quell’applicazione, poi si era accoccolato sul letto di Ren e si era appisolato.
La sensazione che provava mentre le ruote grattavano sull’asfalto del Metaverso era indescrivibile. In quel momento era il centro dei Phantom Thieves: la loro guida - anche se erano loro a guidare lui - il loro mentore, il loro mezzo per muoversi veloci e sicuri nel labirinto della coscienza comune.
Ricordava ancora quando per la prima volta si era trasformato nel furgone e li aveva accolti sui suoi comodi sedili.
“Tutti dentro, si parte!” Aveva detto Lady Ann mentre accarezzava la sua carrozzeria con le mani leggere e morbide. Il rombo del motore non era poi così diverso dalle fusa che da gatto emetteva in modo naturale e automatico quando la sua amata Ann lo prendeva tra le sue braccia o gli grattava il mento sciogliendo ogni sua resistenza.
I ragazzi la prima volta si erano seduti tutti e tre nel sedile posteriore, stupiti nel comprendere che fosse necessario che uno di loro guidasse il Morgana-Van lungo le buie e pericolose vie della metropolitana fantasma. Il Joker aveva preso il volante e solo allora Morgana si era reso conto che mai nessuno era stato nel furgone prima dei Phantom Thieves. Non era proprio un ricordo, ma almeno era stata una delle sue prime, poche certezze, perché il van era una parte di lui, una rappresentazione derivante dalla coscienza comune che nessuno aveva ancora toccato. Nessuno era stato accolto dentro il suo corpo trasfigurato in furgone prima di Ann, Ryuji e Ren, lui ne era certo.
“Morgana, cosa senti quando diventi un Van?” Gli aveva chiesto Makoto la prima volta che erano stati nei Memento insieme.
“Niente di speciale, è una mia dote naturale e come tutto quello che riguarda il Metaverso, lo faccio benissimo. Uno dei miei poteri.”
All’epoca non ricordava ancora nulla delle sue origini - solo gli incubi, ma quelli non potevano rappresentare la verità - ma era piuttosto sicuro che lì nei sotterranei dei Memento ci fosse la risposta a tutte le sue domande e diventare un furgone era uno dei compiti che doveva svolgere per recuperare i suoi ricordi e trovare un senso alla sua esistenza. Per ritornare umano.
Il dubbio si insinuava in lui con forza mentre era trasfiguarato, perché nel rombo di quel motore non c’era niente di umano, come nelle sue fusa feline. Di una cosa però era sempre stato certo: quello era il suo posto e nessuno poteva sostituire la sua presenza, né l’intelligenza di Makoto, né le capacità di navigazione di Futaba.
I momenti in cui si sentiva meglio erano proprio quelli che passavano tutti insieme, tutti dentro al suo corpo trasfigurato nel camioncino con la coda e le orecchie, dove i suoi amici erano comodi e protetti, dove erano loro a guidare, ma era lui a tenerli uniti, lui a consentire loro di fuggire veloci e sicuri nel buio grazie alla vista felina data dai suoi fari.
Quanti combattimenti avevano fatto insieme prima che i suoi ricordi tornassero, e quante volte avevano inseguito le ombre attaccandole di sorpresa grazie a Morgana e alla velocità silenziosa della sua trasfigurazione. Grazie ai suoi fari nel buio, grazie alle sue conoscenze. In fondo lì sotto si era sempre sentito a casa al punto da provare nostalgia dei Memento quando non vi si recavano da un po’ di tempo.
Morgana aveva contribuito a distruggere la sua vecchia casa, l’aveva fatto per l’intera umanità anche se sapeva che forse non avrebbe più avuto la possibilità di fare ritorno al luogo in cui era nato. Quando Igor e Lavenza gli avevano presentato la possibilità di restare con loro nella Velvet Room e di continuare a vivere insieme a loro, come forma fisica della speranza dell’umanità, o di scegliere di tornare come semplice gatto nel mondo degli uomini, Morgana non aveva avuto dubbi: lui faceva parte dell’umanità. Era nato per concedere agli uomini una possibilità di salvarsi dalla fine imminente che la divinità impazzita aveva scelto di attuare e aveva svolto il suo ruolo con la speranza nel cuore che le cose si sarebbero risolte al meglio. Il destino lo aveva messo in contatto col Trickster, che era diventato per lui un motivo in più per continuare a lottare. Più volte si era chiesto se, conoscendo la verità, avrebbe abbandonato i suoi amici, sentendosi tradito dal suo creatore che gli aveva tenuto nascosta la verità, ma Morgana aveva sempre agito per l’umanità, più che per se stesso.

Quando il Joker tornò a casa da scuola, Morgana gli rivelò le novità e gli chiese di vedere il suo telefono. Come immaginava, però, non c’era traccia dell’applicazione di navigazione. Tutto quello che potevano fare era attendere notizie da parte di Futaba, che però tardavano ad arrivare.
“Non credi che sarebbe meglio se andassimo a Tokyo?” Gli chiese Ren quella sera, sembrava preoccupato. “Noi due ce la potremmo cavare anche entrando nel Metaverso da soli, ma Sumire e Yusuke potrebbero avere bisogno di una mano. Futaba non è molto d’aiuto nel combattimento e non vorrei che si trovassero in difficoltà.”
Morgana era d’accordo e accettò di partire per la capitale con Ren, che aveva convinto i suoi genitori a lasciargli prendere un paio di giorni di vacanza dalla scuola, approfittando degli esami appena conclusi e del suo ottimo rendimento. Gatto e ragazzo avevano quindi preso il primo treno per un viaggio imprevisto con lo scopo ufficiale di festeggiare il compleanno di Futaba, che lui aveva descritto in modo struggente come la sua sorella di Tokyo, che lui ormai considerava una parte della famiglia.
L’aria della città odorava in modo molto diverso da quella a cui Morgana si era abituato negli ultimi mesi in campagna: lo smog, il profumo del cibo e l’umidità accompagnate dal sottofondo musicale della stazione della metropolitana gli fecero provare un po’ di nostalgia. Ren sollevò il cellulare e richiamò la sua attenzione: l’applicazione di navigazione era apparsa. Se lo aspettava.
Con un cenno del capo, il ragazzo premette sul logo a forma di occhio e il mondo intorno ai due iniziò a cambiare.
“È incredibile!” Strillò Morgana nel constatare che il suo aspetto era tornato quello di un tempo.
"Bentornato, Mona Monster Cat.” Rise il Joker, “Avevo dimenticato come ti stesse bene quella bandana gialla.”
Il gatto rise, carico di adrenalina al pensiero che un nuovo mistero si era dipanato di fronte a loro, una nuova avventura per i ladri fantasma. Non fece in tempo a pensare che sarebbe stato bellissimo essere di nuovo tutti insieme, che un grido di gioia riempì il silenzio di quel luogo spettrale. “Joker! Mona!”
Lady Ann si lanciò contro Ren in un abbraccio, mentre Haru e Futaba si contesero Morgana. Makoto, Ryuji, Yusuke e Sumire erano di fronte a loro, increduli e felici.
“Non ho capito perché il Metaverso sia riapparso così all’improvviso, ma sapere che ci siete anche voi mi rende più serena.” Confessò Makoto.
“Adesso cosa possiamo fare?” Chiese Ryuji, osservando Morgana.
Lui sapeva cosa fare. Con fare teatrale sorrise. “Lasciate che ci pensi io,” disse, mentre il suo corpo felino si trasformava nel van. “Tutti dentro, scopriamo cosa è successo.”
Ren fu il primo a entrare. Il leader dei Phantom Thieves si accomodò nel retro, lasciando il volante a Makoto come sempre da quando si era dimostrata così abile nel guidare.
Ann si sedette di fianco a lei. “Mi ero dimenticata quanto fossero comodi i tuoi sedili, Mona!” Esclamò accarezzando il cruscotto.
Anche Haru si mise al loro fianco e depositò un bacio sulla pelle della carrozzeria. “Grazie, Mona-Chan, per prenderti cura di noi così.”
Se fosse stato umano, Morgana sarebbe arrossito, da furgone si limitò a far suonare il clacson. “Forza, tutti dentro, altrimenti vi lascio qui!”
Ryuji si accomodò di fianco al Joker. “Avete mai pensato a quanto sia inquietante questa cosa che entriamo dentro il gatto? Ogni tanto mi domando che cosa sto toccando e spero di non scoprirlo mai.”
“Affascinante,” aggiunse Yusuke sedendosi dal lato opposto. “In effetti non ci avevo mai pensato.”
Sumire sembrava un po’ restia a entrare, soprattutto dopo i discorsi di Ryuji che avevano fatto calare il silenzio, decise perciò di tentare di sollevare la tensione. “Che bello! Qui dentro c’è posto per tutti! Pronti per partire!” Si sedette di fianco a Ren, che non sembrava impressionato da quella sciocca frase di circostanza. Sumire non era mai stata brava a improvvisare.
“Siamo tutti dentro. Andiamo a scoprire cosa sta succedendo, Phantom Thieves!”
Di fronte alla richiesta del leader, Makoto premette l’acceleratore e il furgone iniziò a muoversi.
Fu in quel momento, mentre proteggeva la sua squadra ed insieme esploravano il Metaverso, che si rese conto di una cosa: mentre tutti loro erano dentro il suo corpo, lui era in grado di donare loro una piccola parte di sé, e probabilmente era la speranza che gli aveva dato forma. Ma anche loro gli donavano qualcosa: ne respirava l’umanità.

Equilibrio

Mar. 14th, 2023 10:55 pm
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Fandom: Persona 5

Personaggi: Makoto Nijima, Phantom Thieves, Sae Nijima

One Shot

Prompt: Trovare Equilibrio 

Parole: 1022 

Partecipa al COWT 13


Equilibrio


Makoto aveva sempre pensato di avere uno stile di vita equilibrato: non mangiava sregolato, frequentava la scuola con regolarità e studiava di volta in volta sempre un po’ più di quanto necessario. Le stava bene così.

A casa, preparava la cena a Sae e teneva pulito. Le pareva il minimo visto che sua sorella si prendeva cura di lei in modo a dir poco eccellente da quando erano rimaste orfane. Non si lamentava, perché non credeva di averne il diritto. Le poche volte in cui aveva provato a riferire la sua opinione l’aveva fatto con voce flebile e con poca convinzione, perché in fondo sapeva di essere una ragazzina agli occhi di Sae e del mondo.

Fino poche settimane prima, Makoto aveva seguito le regole che si era imposta senza troppe difficoltà, ma da quando il preside Kobayakawa le aveva dato il compito confidenziale di seguire i Phantom Thieves, la sua vita era cambiata. Non in meglio, anzi.

Aveva i suoi sospetti, erano parecchi nomi all’inizio, ma nel giro di pochi giorni la maggior parte dei presunti colpevoli erano stati depennati dalla sua lista. La sua vita aveva iniziato a cambiare quando Makoto aveva deciso di seguire Sakamoto, che quel giorno per puro caso era in compagnia di Ann Takamaki, anche lei nella sua lista. Erano due ragazzi del secondo anno che avevano avuto tensioni con Kamoshida. Il primo aveva litigato col professore e l’aveva criticato apertamente più di una volta, causando anche lo scioglimento della squadra di atletica e attirandosi addosso le ire di mezza scuola. La seconda invece era in rapporti più intimi con Kamoshida, ma il giorno della confessione del professore si era rivolta a lui con critiche che dimostravano quanto invece lo disprezzasse.

Makoto pensava che i due ragazzi fossero immaturi e incapaci di vivere con equilibrio la loro vita studentesca. Quel pomeriggio erano usciti per bighellonare in giro. Erano rumorosi e non avevano interesse per l’ambiente che li circondava. Più di una volta la ragazza li aveva sentiti scherzare su come avrebbero di certo fallito gli esami dimostrando di non avere alcun interesse o pensiero nei confronti del loro futuro.

Makoto all’inizio si era sentita triste per loro e aveva pensato che avrebbe potuto aiutarli, avrebbe potuto insegnare loro l’equilibrio e la scelta del giusto cammino per vivere con successo, ma era chiaro che loro non avrebbero mai accettato il suo aiuto. Almeno così si giustificava, perché non aveva intenzione di aggiungere ai suoi numerosi e stancanti impegni anche la redenzione di quei due ragazzini, non era il suo compito farlo.

Continuava a seguirli per cercare un motivo per scartarli, ma non ci era ancora riuscita e più li seguiva, più si interessava alle loro vite, ai loro discorsi leggeri e al modo serio che avevano di affrontare sciocchezze come lo "scegliere il dolce perfetto”.

I problemi veri, però erano iniziati con Amamiya. La prima volta che l’aveva seguito, era insieme a Sakamoto. Makoto aveva osservato come il comportamento di quel mezzo teppista cambiava in presenza di Amamiya, al punto da farlo sembrare una persona migliore. Al punto che Makoto si era convinta che Sakamoto non fosse una causa persa.

Da quel giorno aveva iniziato a seguire Amamiya e l’esperienza si era rivelata interessante, perché quel ragazzo aveva amici particolarmente variegati: l’aveva seguito quando era andato a fare compere al centro commerciale con Takamaki, l’aveva osservato lavorare con impegno e dedizione, l’aveva ammirato mentre studiava senza perdere la concentrazione in biblioteca. Una sera l’aveva persino notato mentre aiutava un anziano politico durante un comizio.

Makoto non riusciva a inquadrarlo e la cosa non le piaceva, ma non le permetteva di allontanarsi da lui, che più di una volta con atteggiamento serafico le si era avvicinato per salutarla e per farle capire che sapeva della sua presenza. Amamiya si impegnava con lo studio e col lavoro, ma non disdegnava un po’ di divertimento; riusciva a non preoccuparsi troppo di ciò che tutti a scuola pensavano di lui, scherzando sul suo passato criminale. Ren sembrava vivere in modo molto più equilibrato di lei e per questo lo odiava.

Una sera Makoto era tornata a casa e aveva iniziato a cucinare come faceva ogni sera e la sua vita le era sembrata vuota, meccanica. Mentre ripassava gli argomenti di studio, in cucina, si era chiesta se davvero quelle conoscenze l’avrebbero portata dove desiderava e per un attimo aveva pensato di uscire con un’amica, magari di andare a passare due ore al cinema o semplicemente di fare un giro per la città, ma si era resa conto di non avere compagne che l’avrebbero accompagnata.

Persa nei pensieri, aveva guardato l’uovo cuocersi, sfrigolare e bruciarsi.

All’arrivo di Sae, le due avevano ripetuto una sera di più la conversazione che ormai era sempre la stessa:

“Come è andata al lavoro?”

“Stanca, e tu, a scuola? Hai studiato?”

“Sì.”

Makoto avrebbe voluto fare tante domande alla sorella: Come hai fatto a scegliere la tua strada? Sei felice? Cosa devo fare?

Ma taceva di fronte all’espressione severa e stanca di Sae.

Poi la sua vita era cambiata davvero, quando si era infine unita ai Phantom Thieves. La sensazione che aveva sentito quando la sua Persona si era risvegliata era stata la più bella che avesse mai provato: libertà. Si era sentita viva e finalmente utile a qualcosa.

Aveva messo da parte lo studio, mettendo in dubbio tutto ciò che fino a quel momento l’aveva resa Makoto, non si riconosceva quasi più, ma non poteva dire che la cosa le dispiacesse così tanto, perché non era felice e non stava agendo per se stessa, ma per soddisfare le aspettative che il mondo adulto e Sae avevano nei suoi confronti.

Era stato Ren a farle trovare una prospettiva differente, mettendola di fronte alla possibilità di cambiare il suo futuro per realizzare ciò che desiderava davvero, e Makoto si era sentita improvvisamente motivata.

Il futuro non sarebbe stato semplice, perché il suo sogno era grande, ma finalmente sentiva di avere la forza e l’equilibrio necessari per riuscire a realizzarlo.


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Ricordi di un ladro fantasma
Ricordi di una vita tranquilla


Fandom: Persona 5
Personaggi: Ren Amamiya, Morgana, Phantom Thieves, Genitori di Ren
Prompt: scambio di persona. Cosa succederebbe se il Joker un giorno si risvegliasse nella casa dove ha sempre vissuto coi suoi genitori e scoprisse che non è mai stato il leader dei Phantom Thieves? E se l'altro Ren, quello che invece ha sempre avuto una vita normale si risvegliasse di fianco a un gatto parlante? Chissà se alla fine sarebbero contenti dei loro destini
Partecipa al COWT10



 

 

Al suo risveglio, Ren si sentiva più stanco di quando era andato a dormire, eppure non aveva neanche messo la sveglia per quella domenica di tranquillità.

Aveva promesso a Futaba che sarebbero andati al cinema insieme, lei aveva già un film in mente e di certo sarebbe stato qualcosa di avventuroso con dei robot da qualche parte.

Si era alzato in piedi con l’idea di controllare la televendita di Tanaka e poi di correre a farsi una doccia per poi essere tranquillo e libero.

Solo che quello non era il suo solito letto e lui non era al Leblanc: era nella casa dove aveva sempre vissuto coi suoi genitori. Si alzò di scatto per accendere la luce e ne ebbe la conferma.

Scese le scale circospetto per trovarsi di fronte ai suoi genitori che come se niente fosse stavano preparando la colazione.

“Bevi un caffè, Ren? Oggi abbiamo preparato la colazione all’americana: pancake! Sei contento?”
Il ragazzo era immobile come uno spaventapasseri, la bocca aperta alla ricerca di qualcosa da dire. “Grazie,” rispose, sedendosi senza riuscire ancora a riordinare i pensieri.

Che fosse impazzito? Che stesse sognando?

A pensarci bene sembrava più un sogno la sua vita a Tokyo con i Phantom Thieves.

“Ma che giorno è?” Domandò fissando sua madre.

“Ren, stai bene? Sei pallido e mi sembri quasi sul punto di svenire.”

“Sono… confuso. Ma il processo come… devo andare a Tokyo?”

Sua madre si mise a ridere. “Ma cosa stai dicendo? Ma quale processo? Devi avere fatto un bel sogno interessante.”

 

E la sua Persona? La Velvet room che fine avevano fatto? Non poteva aver perso mesi della sua vita senza averne neppure il ricordo, eppure pareva proprio fosse così anche se il calendario gli diceva che esattamente il giorno che si aspettava che fosse. Era forse finito in un’altra dimensione? E se lui era lì, chi c’era al suo posto?

Si era messo a ridere al pensiero del nuovo Ren e al suo risveglio di fianco a Morgana, chissà che colpo poteva aver preso. Sperava che non fosse fuggito urlando dalla stanza pensando di essere vittima di uno scherzaccio di cattivo gusto.

Si chiedeva solo se era ancora in grado di invocare le Persona. Le sentiva a pensarci, doveva solo trovare un palazzo o il memento della sua città, sempre che esitesse.

 

Aveva iniziato a girare il paese subito dopo colazione. Si era concentrato nella ricerca di un qualsiasi indizio e aveva installato l’app, ma nulla era apparso.

Quando aveva iniziato a perdere tutte le sue speranze aveva visto qualcosa che l’aveva fatto sperare, però.

Aveva seguito la ragazza bionda correndo fino a quando si era trovato di fronte alla porta della Velvet room. Justine e Caroline gli sorridevano. “In questa realtà non hai ancora fatto il patto, puoi scegliere. Se entrerai nella velvet room di tua volontà però il tuo destino sarà deciso, e non sarà la storia che hai già vissuto, ma un’altra storia diversa, con persone diverse. Non puoi tornare indietro ormai.”

Il Joker era solo Ren. Avrebbe potuto continuare a vivere la sua adolescenza preoccupandosi solo dei problemi che un comune studente doveva affrontare. Non c’era stato il processo e questo significava che il se stesso di cui aveva preso il posto aveva ignorato le richieste di aiuto di quella ragazza, evitando di scontrarsi con l’uomo che poi l’aveva denunciato.

Lui però era diverso, lui non si sarebbe seduto comodamente a lasciarsi guidare dalle decisioni altrui. Nonostante i rischi che ben conosceva avrebbe aperto quella porta e avrebbe compiuto il suo destino. In fin dei conti non c’era più Ren senza il Joker.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ricordi di una vita tranquilla

 

 

 

 

Ren si era svegliato in un luogo sconosciuto. L’unico essere vivente nella stanza oltre a lui era un gatto nero che dormiva sul letto al suo fianco. Che fosse un sogno? Si era vestito in tutta fretta e aveva iniziato a impacchettare le sue cose quando aveva sentito una voce.

“Ren, ma dove vai?”

Il ragazzo aveva sussultato e si era voltato ancora più confuso. Non c’era nessuno dietro di lui, solo il gatto. Infatti l’animale lo stava guardando seduto sul letto. “Ma che ti prende oggi?”

Aveva urlato con tutto il fiato che aveva in gola. Il gatto aveva parlato.

“La vuoi smettere di fare il cretino? Ren, smettila di urlare adesso! Hey, che succede?”

“Ma tu chi sei? Dove sono?”
“Ma sei ubriaco? Io sono Morgana, tu sei Ren e sei a Tokyo, al Cafè LeBlanc, dove vivi.”

“Io non abito a Tokyo… E questo deve essere un sogno.”

Morgana aveva sospirato. “Ok, allora è un sogno. Siediti sul letto, prendi il tuo cellulare e guardalo.”

Ren aveva seguito gli ordini del gatto. Le fotografie nel suo telefono gli mostravano una vita che non conosceva, che non ricordava e della quale era francamente un po’ spaventato. I messaggi allo stesso modo sembravano scritti in codice visti gli argomenti assurdi che trattavano.

Futaba era arrivata in pochi minuti e aveva cercato di capire cosa fosse successo, ma non ci era riuscita neppure lei. “È come se tu venissi da un’altra dimensione nella quale Ren non è mai arrivato a Tokyo e non ha mai risvegliato i poteri delle sue Persona. Chissà se saresti ancora capace di invocarle? Ma soprattutto, chissà se esiste ancora il Memento.”

Morgana era intervenuta. “Certo che esiste, non so se sarei qui altrimenti.”

I due avevano iniziato a parlare senza che Ren riuscisse a capire una parola dei loro discorsi: memento, palazzi, persona, tesori da rubare e cuori da prendere, phantom thieves e altre sciocchezze che non riusciva neppure a ricordare. “Scusate.”

Li aveva interrotti. “Mi aiutate a capirci qualcosa? Io penso ancora che sia tutto troppo assurdo per essere vero.”

Futaba aveva scritto qualcosa sul cellulare a velocità impossibile e il suo telefono aveva vibrato. “Andiamo nel Memento e vediamo cosa succede. Ho chiamato gli altri.”

 

Gli altri erano di certo molto più normali del gatto e della ragazza nerd stranissima che aveva già conosciuto. Ren si era stupito nel constatare che a combattere ci fossero due ragazze all’apparenza bellissime, un teppista ossigenato e un ragazzo che sembrava non voler stare lì con loro.

Al segnale dato da Morgana erano stati trasportati magicamente in un luogo assurdo.

“Almeno ha la maschera,” aveva osservato Futaba, ancora irritata per aver perso il suo Ren.

Il ragazzo si stava guardando intorno spaesato ed era impallidito quando si era accorto che anche i suoi abiti erano cambiati. Si stava toccando la faccia per cercare di capire cosa avesse addosso. “Eccoci al Memento, e siamo solo all’inizio. Ora vediamo se sai combattere.”

Non era facile per lui stare lì in mezzo a quegli strani ragazzi, ma dopo avere provato a resistere alle storie di Morgana e di Futaba aveva deciso di concedere loro il beneficio del dubbio. I documenti che attestavano il processo di cui non aveva memoria, poi, l’avevano convinto che forse era vero che veniva da un’altra realtà.

Il messaggio che aveva mandato ai suoi ne era stato la conferma. Di fronte al suo “come state” avevano risposto chiedendo come andava a Tokyo e gli avevano detto quanto fossero entrambi in attesa di aprile per poterlo riabbracciare finalmente.

 

Aveva seguito i ragazzi lungo le scale. “Vedrai, sono sicura che combattere ti risulterà naturale, sei sempre stato il più forte tra noi.”

Ren aveva fatto un salto quando il gatto si era trasformato in un pulmino, o forse era un camioncino, ma era salito insieme agli altri. Dopo meno di un minuto si erano trovati di fronte a una creatura orribile. “Ecco un’ombra, preparati.” Aveva detto Makoto guardandolo con speranza.

Gli altri avevano evocato quelle che loro avevano chiamato Persona, e lui era rimasto lì immobile.

“Joker, vai, combatti con noi.”

Ren aveva preso coraggio e aveva cercato dentro di sé la forza per invocare la sua Persona. Non era stato facile riuscire a sentire la capacità di riuscirci, qualcosa di nuovo e di stranissimo, ma quando aveva iniziato a pensare all’invocazione era successo tutto in modo naturale.

La Persona era apparsa e lui si era sentito strano. Quell’essere separato da lui era come se fosse parte della sua stessa anima. Agiva come un prolungamento della sua volontà.

Ren aveva lanciato il colpo di grazia sull’ombra e alla fine del combattimento era rimasto a fissare la Persona, quell’essere che sentiva di conoscere e che non aveva mai visto prima. E quando era scomparsa, o l’aveva lasciata andare, ancora non capiva bene come funzionasse, si era sentito un eroe.

“Lo facciamo ancora?” Aveva chiesto rivolto agli altri Phantom Thieves, che lo stavano osservando con sguardo interrogativo.

“Come ti senti?” Aveva chiesto Ann.

“Benissimo, è una sensazione unica e non vedo l’ora di imparare a combattere.”

Avevano continuato ad allenarsi per qualche ora, fino a quando Ren non aveva iniziato a prendere confidenza con tutte le Persona che poteva controllare.

 

Al loro rientro gli altri ragazzi erano sembrati poco entusiasti. “Scusaci,” aveva detto Ryuji. “Tu sei diverso dal Ren che abbiamo conosciuto noi, ma sei come lui. Ora non sappiamo bene se sperare che tu resti o che torni il vecchio Ren e che tu riacquisisca la tua vecchia vita.”

“Capisco,” Aveva risposto Ren. “Se anche dovessi tornare alla mia vecchia vita, credo che verrei comunque a cercarvi, ora che so che questo mondo esiste.”

Quella notte Ren era andato a dormire presto, stanco a causa dei combattimenti. Morgana si era messo al suo fianco come sempre, ma sembrava inquieto.

“Credi che tornerò alla mia vecchia vita al mio risveglio.”

“Non ne ho idea,” aveva risposto il saggio gatto. “Comunque vada sono stato contento di averti conosciuto, spero solo che non arrivi un altro Ren ancora domani, perché ho fatto una fatica a spiegarti tutto oggi e non vorrei ripetere l’esperienza.”

Ren si era messo a ridere, ma sentiva dentro una strana amarezza: desiderava avere indietro la sua vecchia vita, ma non avrebbe lasciato questa, della quale aveva potuto assaporare un solo assaggio che non gli era bastato per niente. Non poteva immaginare di tornare un ragazzo semplice di provincia ora che sapeva che avrebbe potuto essere il Joker, il leader del gruppo dei ladri di cuori che con il loro potere stava rendendo il mondo un posto migliore.

In cuor suo sapeva che in ogni caso quell’esperienza sarebbe stata per sempre parte di lui e un po’ si dispiaceva al pensiero dell’altro Ren, che probabilmente in quel momento stava solo studiando.

 
 
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Verae amicitiae sempiternae sunt

Le vere amicizie sono eterne



Quando si erano salutati Ren e gli altri sapevano che si sarebbero rivisti presto. La loro non era un'amicizia che col tempo sarebbe diventata sempre più flebile fino a finire. Avevano vissuto insieme troppe avventure, troppi momenti unici che li avevano cambiati, li avevano definiti per gli adulti che stavano diventando. Le esperienze nel memento e i combattimenti con le ombre li avevano uniti in un legame fortissimo.

Impossibile da scogliere al punto che si sentivano fratelli, più che amici.

Akechi non c'era più e tutti loro sapevano che alla fine persino lui, che pareva aver dimenticato l'amore, si era stupito del loro legame. Persino lui aveva capito quanto loro fossero forti solo per il fatto di essere insieme.

Ren era il centro del loro profondo rapporto e nessuno di loro l'avrebbe mai dimenticato, così come Morgana, l'unico che l'avrebbe seguito fino a casa. Giusto pochi mesi, poi il loro amico sarebbe tornato per Futaba e per Sojiro, che era stato un vero e proprio padre per Ren, ma anche per tutti loro che avevano potuto avere una seconda casa al LeBlanc.

Forse un giorno nel futuro ci sarebbe stato di nuovo bisogno dei Phantom Thieves, che fosse per sconfiggere nuove ombre arrivate a minacciare la pace o fosse solo per festeggiare il compleanno di uno di loro. Sarebbero sempre stati legati, fino alla fine delle loro vite.

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