Fandom: Harry Potter
Personaggi: Andromeda Black, Druella Black, Narcissa Black
Parole: 1305
Partecipa al COWT9
prompt: in fuga
Che cosa è un cinico?
Uno che sa il prezzo di tutte le cose, ma non conosce il valore di nessuna.
Il valore del sangue
Sua madre l’aveva messa in guardia: devi avere un comportamento consono all’ambiente.
Andromeda aveva provato tristezza, di certo non poteva dire di sentirsi a casa negli ultimi tempi, ma non aveva intenzione di fare scenate.
Era sempre stata una brava Black da formalità, questo sua madre lo sapeva molto bene.
Sospirò di fronte allo specchio mentre si osservava attentamente, ogni particolare era studiato alla perfezione.
Era una giornata importante per Bellatrix e non avrebbe messo in ridicolo la sorella. Non le era mai passato per la testa, anche se avrebbe desiderato essere da un’altra parte, in effetti ovunque tranne che lì. Le sarebbe bastato essere con Ted.
“Andromeda, cosa sono queste?”
La signora Black stringeva tra le mani dei fogli di pergamena che Andromeda conosceva anche troppo bene: le lettere di Ted che erano state il suo conforto in quell’estate che aveva passato a casa, circondata dalla sua famiglia, troppo codarda per dire loro la verità, troppo incerta per buttare le lettere. Aveva bisogno di un contatto con Ted, sapeva che se non le avesse avute lì con lei, lui non le sarebbe più parso reale, e Andromeda aveva bisogno di sentirlo vicino.
“Quelle sono mie”, disse tendendo le mani verso la madre, che le attirò a sé e si schiarì la voce:
“Mia cara Meda,
Spero che tu passi delle buone vacanze, non so cosa darei per poterti vedere, invece siamo costretti a nasconderci come degli assassini.
Tutto quello che vorrei, sarebbe avere i requisiti necessari per essere accettato dalla tua famiglia.
Pensaci bene, non voglio che per causa mia loro ti lascino sola.
Forse un giorno le cose cambieranno, nel frattempo sappi che sei sempre nei miei pensieri.
Tuo, Ted
Che cosa sarebbe questo?”
La osservava con freddezza. Ferma e glaciale come solo Druella Black sapeva essere. Andromeda si appoggiò al muro alle sue spalle, tentando di trattenere le lacrime che sentiva bruciare, un groppo le si formò in gola e, quando tentò di parlare, non le riuscì più di trattenersi.
Druella sospirò seccata: “Questo Ted ha un nome Babbano, sarebbe un… Sanguesporco?”
“Non più sporco del nostro”, sibilò Andromeda, asciugandosi gli occhi.
“Non lo vedrai mai più. Non credo di doverlo ripetere in futuro.”
“Non deciderai per me”, Sua madre si alzò in piedi con aria di sfida, accese un fuoco magico e vi lanciò le lettere. Il cuore di Andromeda batteva con forza, lei si sentiva bruciare, si chiese se in quelle parole non fosse davvero imprigionata una parte di lei, una parte che in quel momento si stava incenerendo e, forse, non sarebbe più stata in grado di recuperare.
Altre lacrime minacciavano di liberarsi, ma Andromeda strinse i pugni fin quasi a ferirsi e puntò gli occhi in quelli della madre. La guardava in silenzio, in quel momento la sentiva più lontana che mai, un’estranea.
“Andromeda, tu conosci molto bene il valore del nostro nome, non credo sia necessario che ti spieghi che i Sanguesporco non sono degni in alcun modo di diventare parte della nostra famiglia. Mi costringeresti a prendere provvedimenti molto seri”.
La ragazza rabbrividì quando la madre le appoggiò la mano sulla spalla, in un gesto troppo intimo per lei, un gesto che non aveva significato. Taceva, non aveva nulla da dire. Questa reazione l’aveva aiutata a decidere.
“Dovresti rinunciare ai vestiti che ti piacciono tanto, alla tua famiglia, ai privilegi, a tutti i nostri amici. Io non credo che tu saresti in grado di stare da sola, per questo voglio aiutarti. Manderò io stessa un messaggio a Ted, gli farò sapere che non intendi più sentirlo né vederlo. Lo capirà, sono sicura che capirà. Non è alla nostra altezza. Pensa a Rodolphus e Bellatrix. Potresti essere felice come loro”.
Narcissa entrò dalla porta socchiusa dopo aver bussato.
“La mamma mi ha detto di venire a controllarti”.
Sospirando, Andromeda sorrise alla sorella: “Non preoccuparti. Va tutto bene.”
Narcissa le sorrise: “Ho paura, Meda”, i suoi occhi brillarono di commozione per un istante. Andromeda si avvicinò alla sorella e la abbracciò: “Perché la mamma continua a rimproverarti? Vuoi andare via? Non lasciarci”.
“Narcissa, io... tu non puoi capire. Sappi che se sarò costretta ad andarmene, non sarà per lasciare te, ma per altri motivi”.
“Non stai bene qui?”
Si guardò intorno e alzò le spalle: “Vedi, Cissy?” Toccò il copriletto e indicò i mobili pregiati, poi indicò se stessa. “Io non ho bisogno di questo, quando sono qui mi sento vuota, capisci? La mamma pensa di potermi tenere stretta alla famiglia sfruttando la mia paura di perdere tutto questo, ma io ora sono in grado di riconoscere di cosa ho bisogno davvero.”
“Io, non ti servo?” Sospirò la sorella minore, osservandola con timore.
“Ma certo, però tu hai bisogno della nostra famiglia, della mamma e del papà. Io posso farcela solo perché non sarò sola là fuori. Ricorda che per te io ci sarò sempre”, porse alla sorellina il suo nastro verde, che aveva appena preso dal comodino, lo allacciò ai capelli di Narcissa e le sorrise.
La festa per Bellatrix fu sfarzosa, era un modo come un altro per dimostrare quanto i Black fossero nobili, ricchi e importanti nel mondo magico. Una delle famiglie alle quali nessuno con un minimo di cervello avrebbe chiuso la porta in faccia.
Druella le stava addosso, la controllava e la costringeva a partecipare a discorsi sterili che non interessavano la ragazza, che secondo sua madre erano il piccolo prezzo da pagare per avere tutto questo.
Tutta quella gente non aveva nulla a che fare con lei, non più. In passato era stata affascinata da quello sfarzo, dalla riverenza che Andromeda aveva sempre visto nei confronti della sua famiglia. il comportamento cinico della madre la disgustava. Non era più stata la stessa dopo quel giorno. Il gufo di Ted aveva volato verso la sua casa, ma era stato bloccato da incantesimi di protezione. Andromeda aveva tentato di mandargliene uno, ma aveva fallito. Ora, la festa era il momento buono per mandargli sue notizie. Avrebbe sfruttato lo zio Alphard, l’unico che avrebbe potuto capirla.
A fatica, lo prese in disparte: “Potresti consegnare questa per me?”
Alphard osservò la busta: “Prevedo guai!”
“Non posso stare qui, zio”.
“Noi siamo molto simili, mia cara Andromeda: noi vediamo oltre.”
Lei sospirò: “Oltre cosa?”
“Tu lo sai che cos’è un cinico?”
“Una persona che vede le cose come sono, e non come vorrebbe che fossero?”
“Nella visione Black, forse. No, un cinico è uno che sa il prezzo di tutte le cose, ma non conosce il valore di nessuna.”
Andromeda annuì: “Mi mancheranno, lo so, ma io devo seguire il mio cuore o diventerò come loro…”
“Cara, lo capisco. Io ci sarò per te, tra rinnegati ci si deve sorreggere. Non sarà così male, vedrai!”
Mentre riempiva il baule, Andromeda rifletteva su sua madre. Non era colpa sua, in fondo.
Druella era una nobile donna, che credeva davvero in quei valori antichi che predicava. Il suo cuore era povero, freddo e sterile.
Andromeda non voleva diventare come lei, conosceva il valore dei sentimenti, sapeva quanto valesse la famiglia e sperava che prima o poi l’avrebbero accolta a braccia aperte, che avrebbero accolto lei e Ted, perché non c’era differenza nel sangue, solo nelle tradizioni.
Uscì di casa più silenziosamente che poteva, si aiutò con un incantesimo per trasportare il suo baule, nel quale aveva messo giusto poche cose necessarie al suo viaggio. Aveva lasciato a Narcissa il suo nastro preferito e un abito che di certo prima o poi la sua amata sorellina avrebbe voluto indossare.
Con la speranza nel cuore, attese sveglia l’arrivo del suo compagno. Partirono insieme, senza che Andromeda pensasse anche minimamente di voltarsi indietro.
Una nuova vita l’attendeva. Forse non sarebbe stata perfetta, ma di sicuro avrebbe avuto molto, avrebbe potuto guardarsi allo specchio riconoscendo il valore di quello che aveva nel cuore.