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Fandom: Harry Potter
Personaggi: Andromeda Black, Ninfadora Tonks,  Remus Lupin,  Teddy Lupin
Partecipa al COWT10
prompt: neonato

Non sei sola

 

Andromeda ricordava ancora la gioia negli occhi e nell'aspetto di sua figlia quando le aveva raccontato che si era innamorata. La donna stava iniziando a pensare che forse Ninfadora stesse aspettando un momento di pace per costruirsi una famiglia. Lo capiva, anche se lei non aveva agito allo stesso modo.

Quando poi le aveva presentato Remus era rimasta estasiata: un uomo intelligente, rispettoso e chiaramente innamorato di sua figlia. Potevano essere molto felici insieme, nonostante lui avesse quel grosso problema del quale Ninfadora non le aveva parlato: era un licantropo.

Andromeda lo aveva saputo ed era un po' prevenuta prima di averlo conosciuto, ma con il passato che aveva avuto aveva imparato che molte volte a fidarsi delle chiacchiere si sbaglia e quella volta era stata felice di aver messo a tacere i suoi cattivi pensieri e di averlo conosciuto senza troppi pregiudizi.

 

La notizia della morte di Ted l'aveva distrutta. Si sentiva in colpa per essere rimasta lì nella loro casa, quasi certa di essere al sicuro perché Bellatrix le aveva giurato che lei avrebbe vissuto senza lo sporco Mudblood che aveva sposato. Glielo aveva fatto scrivere. 

Il piccolo Teddy era nato il mese successivo alla sua morte, riportando un po' di luce nelle loro vite che ormai non erano che un susseguirsi di lutti e di pessime notizie.

 

Quando Ninfadora aveva portato alla madre il piccolo Teddy, quella sera, la donna l'aveva preso dalle sue braccia con le lacrime agli occhi. "Resta," aveva implorato. "Non è necessario che andiate... non andate, vi prego."

 "Siamo parte dell'Ordine e possiamo fare la differenza." Ninfadora aveva salutato Teddy trasformando il suo volto a ricordare un cane, il capelli del piccolo erano diventati azzurri mentre sorrideva. Poi madre e figlia si erano abbracciate per un tempo lungo e brevissimo allo stesso tempo. Nessuna delle due voleva lasciare l'altra andare, ma il momento era giunto.

"Tornate a casa."

"Faremo il possibile."

Teddy dormiva tra le sue braccia quando Andromeda aveva ricevuto la notizia da parte di Molly Weasley: Harry Potter aveva trionfato come tutti speravano, ma c'erano state delle perdite nella battaglia, perdite che per lei erano insostituibili.

Si sentiva come se le avessero strappato il cuore dal petto: incapace di provare emozioni, apatica. 

L'unica ragione per cui continuava ad alzarsi ogni mattina era il piccolo Teddy, l'unica famiglia che le era rimasta. Avevano bisogno l'uno dell'altra per sopravvivere e la donna faceva il possibile per essere per lui tutto ciò di cui aveva bisogno.

A volte guardando nei suoi occhi vivaci rivedeva Ninfadora e quella sua dote così unica che rendeva Teddy troppo simile a lei. Andromeda a volte non riusciva a fermare le lacrime quando Teddy cambiava il colore dei capelli, lui subito si ingrigiva sentendo la tristezza della nonna. 

Era chiaro che il neonato sentisse la mancanza della madre, lei doveva essere forte.

Harry Potter diventò il padrino di suo nipote e le stette vicino. Anche Narcissa le mandò delle lettere, ma ci volle parecchio tempo e l'intercessione di Harry perché le due sorelle alla fine si incontrassero. Aveva detto troppi addii nella sua vita, non avrebbe perso anche Narcissa senza tentare, in fin dei conti lei credeva ai pregiudizi.

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Fandom: Harry Potter

Personaggi: Ninfadora Tonks, Ted Tonks, Andromeda Black

Prompt: Se non ci piace dove stiamo possiamo spostarci, non siamo alberi.” (Snoopy)

Partecipa al COWT10


Gli altri nonni




Ninfadora aveva sei anni quando i suoi nonni paterni le avevano disegnato l’albero genealogico della famiglia, in quel momento si era resa conto per la prima volta di non avere mai conosciuto gli altri nonni. Aveva tentato invano di avere spiegazioni dai Tonks, ma loro erano diventati nervosi e avevano cercato di catturare la sua attenzione su dei biscotti al cioccolato che la nonna aveva preparato per lei.

La bambina non aveva fatto altre domande ai nonni, ma i suoi capelli erano diventati scuri e opachi, riflettendo i pensieri cupi che sentiva dentro: perché non conosceva i genitori della mamma? Erano forse morti? Non le volevano bene? Era colpa sua?

 

Dora sapeva di essere strana, il papà le aveva spiegato che quella sua peculiare capacità di cambiare non era facile da comprendere per tutti e che per questo avrebbe dovuto aspettare un po’ per conoscere le sue zie, ancora sotto shock per aver visto una neonata coi capelli tinti di rosa.

Quando il padre era andato a prenderla quella sera l’aveva trovata pensierosa e a casa le aveva chiesto subito cosa fosse successo.

“C’è qualcosa che non va?” La bambina aveva annuito e Ted si era seduto di fronte a lei. “Dimmi.”

“Perché non conosciamo gli altri nonni?”

 

Ted aveva accennato un debole sorriso: sua figlia doveva conoscere la verità, anche se la spiegazione non era facile da affrontare. “Non li conosciamo perché loro sono arrabbiati con me.”

“E perché non fanno pace?” Dora non capiva: sapeva che a volte gli adulti litigavano, anche lei a volte si arrabbiava con la mamma, ma poi le chiedeva scusa e la mamma la abbracciava.

 

“Non è facile da capire, sei ancora piccola.” Ted sperava che la figlia si rassegnasse a non chiedere di più, ma Dora lo stava osservando con occhi curiosi e attenti e non sembrava aver intenzione di accontentarsi, quindi aveva continuato. “Tu sai che io e la mamma ci vogliamo molto bene, vero?

 

Sai anche che i nonni non possono usare la magia, vero?”

 

Dora annuiva. “I genitori della tua mamma volevano che lei si costruisse una famiglia con un mago diverso da me: uno con la famiglia intera in grado di usare la magia. Un Purosangue.

Ma Andromeda ha deciso di scegliere noi, di essere la tua mamma, di accettare anche i miei genitori e le tue zie, anche se nessuno di loro è un mago.”

La bambina non riusciva a immaginare una ragione per non voler bene ai suoi nonni: erano sempre premurosi e si divertivano tanto quando lei cambiava sotto i loro occhi, ma non poteva neanche pensare di stare senza la sua mamma. “E non le manca la mamma?”

“Io… credo di sì…”

 

Andromeda in quel momento aveva varcato la porta della cucina, dopo aver ascoltato in silenzio le risposte di suo marito aveva deciso di aiutarlo a chiudere quel discorso difficile. “Io sto bene con voi, sono felice di essere andata via. Volevo bene alla mia famiglia, ma non stavo bene con loro e spero che un giorno capiscano che abbiamo ragione noi: che anche i Babbani sono buone persone e che il tuo papà è il migliore del mondo.

Ricorda, Dora: se non ci piace dove stiamo possiamo spostarci. Non siamo alberi. L’unica cosa importante è stare con le persone a cui vogliamo bene.”

Andromeda aveva riso quando Dora aveva trasformato i suoi capelli in rami d’albero. Qualsiasi cosa fosse successa, non si sarebbe mai pentita di aver scelto Ted e Dora.


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Fandom: Harry Potter

Personaggi: Andromeda Black, Druella Black, Narcissa Black

Parole: 1305

Partecipa al COWT9

prompt: in fuga

 

Che cosa è un cinico?

Uno che sa il prezzo di tutte le cose, ma non conosce il valore di nessuna.

 

 

Il valore del sangue

 

 

Sua madre l’aveva messa in guardia: devi avere un comportamento consono all’ambiente.

Andromeda aveva provato tristezza, di certo non poteva dire di sentirsi a casa negli ultimi tempi, ma non aveva intenzione di fare scenate. 

Era sempre stata una brava Black da formalità, questo sua madre lo sapeva molto bene. 

Sospirò di fronte allo specchio mentre si osservava attentamente, ogni particolare era studiato alla perfezione. 

Era una giornata importante per Bellatrix e non avrebbe messo in ridicolo la sorella. Non le era mai passato per la testa, anche se avrebbe desiderato essere da un’altra parte, in effetti ovunque tranne che lì. Le sarebbe bastato essere con Ted.

 

“Andromeda, cosa sono queste?”

La signora Black stringeva tra le mani dei fogli di pergamena che Andromeda conosceva anche troppo bene: le lettere di Ted che erano state il suo conforto in quell’estate che aveva passato a casa, circondata dalla sua famiglia, troppo codarda per dire loro la verità, troppo incerta per buttare le lettere. Aveva bisogno di un contatto con Ted, sapeva che se non le avesse avute lì con lei, lui non le sarebbe più parso reale, e Andromeda aveva bisogno di sentirlo vicino.

“Quelle sono mie”, disse tendendo le mani verso la madre, che le attirò a sé e si schiarì la voce: 

 

“Mia cara Meda,

Spero che tu passi delle buone vacanze, non so cosa darei per poterti vedere, invece siamo costretti a nasconderci come degli assassini.

Tutto quello che vorrei, sarebbe avere i requisiti necessari per essere accettato dalla tua famiglia.

Pensaci bene, non voglio che per causa mia loro ti lascino sola.

Forse un giorno le cose cambieranno, nel frattempo sappi che sei sempre nei miei pensieri.

Tuo, Ted

Che cosa sarebbe questo?”

La osservava con freddezza. Ferma e glaciale come solo Druella Black sapeva essere. Andromeda si appoggiò al muro alle sue spalle, tentando di trattenere le lacrime che sentiva bruciare, un groppo le si formò in gola e, quando tentò di parlare, non le riuscì più di trattenersi.

Druella sospirò seccata: “Questo Ted ha un nome Babbano, sarebbe un… Sanguesporco?”

“Non più sporco del nostro”, sibilò Andromeda, asciugandosi gli occhi.

“Non lo vedrai mai più. Non credo di doverlo ripetere in futuro.”

“Non deciderai per me”, Sua madre si alzò in piedi con aria di sfida, accese un fuoco magico e vi lanciò le lettere. Il cuore di Andromeda batteva con forza, lei si sentiva bruciare, si chiese se in quelle parole non fosse davvero imprigionata una parte di lei, una parte che in quel momento si stava incenerendo e, forse, non sarebbe più stata in grado di recuperare.

Altre lacrime minacciavano di liberarsi, ma Andromeda strinse i pugni fin quasi a ferirsi e puntò gli occhi in quelli della madre. La guardava in silenzio, in quel momento la sentiva più lontana che mai, un’estranea.

“Andromeda, tu conosci molto bene il valore del nostro nome, non credo sia necessario che ti spieghi che i Sanguesporco non sono degni in alcun modo di diventare parte della nostra famiglia. Mi costringeresti a prendere provvedimenti molto seri”.

La ragazza rabbrividì quando la madre le appoggiò la mano sulla spalla, in un gesto troppo intimo per lei, un gesto che non aveva significato. Taceva, non aveva nulla da dire. Questa reazione l’aveva aiutata a decidere.

“Dovresti rinunciare ai vestiti che ti piacciono tanto, alla tua famiglia, ai privilegi, a tutti i nostri amici. Io non credo che tu saresti in grado di stare da sola, per questo voglio aiutarti. Manderò io stessa un messaggio a Ted, gli farò sapere che non intendi più sentirlo né vederlo. Lo capirà, sono sicura che capirà. Non è alla nostra altezza. Pensa a Rodolphus e Bellatrix. Potresti essere felice come loro”.

 

Narcissa entrò dalla porta socchiusa dopo aver bussato.

“La mamma mi ha detto di venire a controllarti”.

Sospirando, Andromeda sorrise alla sorella: “Non preoccuparti. Va tutto bene.”

Narcissa le sorrise: “Ho paura, Meda”, i suoi occhi brillarono di commozione per un istante. Andromeda si avvicinò alla sorella e la abbracciò: “Perché la mamma continua a rimproverarti? Vuoi andare via? Non lasciarci”.

“Narcissa, io... tu non puoi capire. Sappi che se sarò costretta ad andarmene, non sarà per lasciare te, ma per altri motivi”.

“Non stai bene qui?”

Si guardò intorno e alzò le spalle: “Vedi, Cissy?” Toccò il copriletto e indicò i mobili pregiati, poi indicò se stessa. “Io non ho bisogno di questo, quando sono qui mi sento vuota, capisci? La mamma pensa di potermi tenere stretta alla famiglia sfruttando la mia paura di perdere tutto questo, ma io ora sono in grado di riconoscere di cosa ho bisogno davvero.”

“Io, non ti servo?” Sospirò la sorella minore, osservandola con timore.

“Ma certo, però tu hai bisogno della nostra famiglia, della mamma e del papà. Io posso farcela solo perché non sarò sola là fuori. Ricorda che per te io ci sarò sempre”, porse alla sorellina il suo nastro verde, che aveva appena preso dal comodino, lo allacciò ai capelli di Narcissa e le sorrise.

 

 

La festa per Bellatrix fu sfarzosa, era un modo come un altro per dimostrare quanto i Black fossero nobili, ricchi e importanti nel mondo magico. Una delle famiglie alle quali nessuno con un minimo di cervello avrebbe chiuso la porta in faccia.

Druella le stava addosso, la controllava e la costringeva a partecipare a discorsi sterili che non interessavano la ragazza, che secondo sua madre erano il piccolo prezzo da pagare per avere tutto questo.

Tutta quella gente non aveva nulla a che fare con lei, non più. In passato era stata affascinata da quello sfarzo, dalla riverenza che Andromeda aveva sempre visto nei confronti della sua famiglia. il comportamento cinico della madre la disgustava. Non era più stata la stessa dopo quel giorno. Il gufo di Ted aveva volato verso la sua casa, ma era stato bloccato da incantesimi di protezione. Andromeda aveva tentato di mandargliene uno, ma aveva fallito. Ora, la festa era il momento buono per mandargli sue notizie. Avrebbe sfruttato lo zio Alphard, l’unico che avrebbe potuto capirla.

A fatica, lo prese in disparte: “Potresti consegnare questa per me?”

Alphard osservò la busta: “Prevedo guai!”

“Non posso stare qui, zio”.

“Noi siamo molto simili, mia cara Andromeda: noi vediamo oltre.”

Lei sospirò: “Oltre cosa?”

“Tu lo sai che cos’è un cinico?”

“Una persona che vede le cose come sono, e non come vorrebbe che fossero?”

“Nella visione Black, forse. No, un cinico è uno che sa il prezzo di tutte le cose, ma non conosce il valore di nessuna.”

Andromeda annuì: “Mi mancheranno, lo so, ma io devo seguire il mio cuore o diventerò come loro…”

“Cara, lo capisco. Io ci sarò per te, tra rinnegati ci si deve sorreggere. Non sarà così male, vedrai!”

 

 

 

Mentre riempiva il baule, Andromeda rifletteva su sua madre. Non era colpa sua, in fondo. 

Druella era una nobile donna, che credeva davvero in quei valori antichi che predicava. Il suo cuore era povero, freddo e sterile. 

Andromeda non voleva diventare come lei, conosceva il valore dei sentimenti, sapeva quanto valesse la famiglia e sperava che prima o poi l’avrebbero accolta a braccia aperte, che avrebbero accolto lei e Ted, perché non c’era differenza nel sangue, solo nelle tradizioni.

Uscì di casa più silenziosamente che poteva, si aiutò con un incantesimo per trasportare il suo baule, nel quale aveva messo giusto poche cose necessarie al suo viaggio. Aveva lasciato a Narcissa  il suo nastro preferito e un abito che di certo prima o poi la sua amata sorellina avrebbe voluto indossare.

 

Con la speranza nel cuore, attese sveglia l’arrivo del suo compagno. Partirono insieme, senza che Andromeda pensasse anche minimamente di voltarsi indietro.

Una nuova vita l’attendeva. Forse non sarebbe stata perfetta, ma di sicuro avrebbe avuto molto, avrebbe potuto guardarsi allo specchio riconoscendo il valore di quello che aveva nel cuore.

 

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