Un ricordo

Mar. 3rd, 2021 11:10 pm
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Fandom: Harry Potter, Edvige
One shot
introspettiva, sentimentale
Partecipa al COWT11
Prompt: leggero, ovviamente per leggerezza c'è Edvige, la sua piuma




Harry stava risistemando i libri nel suo vecchio baule, quello con cui anni prima era arrivato a Hogwarts e che ora sarebbe passato a suo figlio James. 

La piuma era scivolata fuori dal suo vecchio libro volteggiando, disegnando piroette nell’aria prima di toccare terra. Si era chinato a raccoglierla, stupendosi una volta di più di quanto fosse leggera. 

Era una piuma della sua coda.

Non si aspettava di trovarla lì, non dopo tutti gli anni che erano passati. Come era possibile che non l’avesse trovata prima?

Era tornato coi pensieri a quella notte, all’ultima volta che le aveva parlato. Harry non riusciva a credere che fosse morta. Per molte estati passate a casa dei Dursley era stata la sua unica amica, l’unica in grado di dargli conforto nelle sue giornate durante le quali poteva solo studiare e scrivere lettere. Niente magia, niente amici, solo lei.

Quasi ogni sera la faceva uscire per permetterle di sgranchirsi le ali e di cacciare qualche preda.

Era così leggiadra. Volteggiava leggera, le ali ampie sbattevano e lei prendeva quota, poi planava veloce come un razzo, cambiando direzione solo all’ultimo istante. Era in quei momenti che cacciava le sue prede. Harry ricordava che le prime volte, quando ancora non si era abituato alla sua velocità, temeva che si sarebbe schiantata da qualche parte, dimenticando di sbattere di nuovo quelle sue ali così bianche, così regali.

Era forte, eppure ogni volta che la accarezzava Harry sentiva anche quanto fosse fragile, silenziosa. Quasi materna nei suoi confronti.

A volte gli saliva su una spalla e lo osservava paziente, in attesa che lui la liberasse, magari consegnandole una lettera da portare a uno dei suoi amici. 

Quante volte l’aveva attesa con speranza, quante volte le aveva affidato segreti dai quali dipendeva la sua stessa vita, eppure di lei si fidava ciecamente.

Lei non l’avrebbe mai tradito.

Infatti non l’aveva fatto.

Negli occhi aveva ancora il ricordo del momento della sua morte, quando il Mangiamorte aveva gridato la maledizione e la luce verde l’aveva colpita. Per un attimo Harry aveva pensato che si fosse salvata, perché continuava a volare, ma le sue ali all’improvviso si erano chiuse, lasciandola per un istante ferma nell’aria. Poi era caduta. Da leggera, quasi eterea, era diventata un sasso.

 

Non avevano mai ritrovato il suo corpo e quella piuma era tutto ciò che gli rimaneva di lei, già più di quanto si aspettasse.

Il solo tenerla tra le mani gli aveva scaldato il cuore. Aveva portato la piuma in soggiorno e l’aveva sistemata di fianco alla foto dei suoi genitori, che conservava in una bacheca in bella vista. Non avrebbe mai dimenticato la sua amica.

Avrebbe conservato quel pezzo di lei come un tesoro, per ricordare sempre la sua Edvige.

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Fandom: Persona 5
Personaggi: Morgana
Genere: introspettivo
Partecipa al COWT11, prompt:
 Cielo



Le cose che conosco

Come poteva conoscere il concetto di cielo se non l'aveva mai visto?
 

Morgana si era chiesto tante volte da dove arrivassero le sue memorie selettive: sapeva cosa fosse il tonno o come fosse fatto un umano. Da subito aveva ammesso con se stesso di avere le sembianze di un gatto, ma non ricordava di aver conosciuto e visto il mondo al di fuori del Palazzo nel quale Ren l'aveva trovato. Il Memento, invece, lo conosceva come le sue tasche.

La prima volta che era uscito dal palazzo, Morgana aveva faticato a mantenere il suo comportamento sicuro di guida nei confronti dei due umani, perché si era ritrovato in un luogo che lui in qualche modo conosceva, ma che gli era nuovo, anche se non l'avrebbe mai ammesso coi suoi due nuovi amici. Erano amici? 

L'aria fresca gli solleticava la pelliccia e gli odori si mescolavano nelle sue fini narici di felino. 

Il mondo era vivo e Morgana poteva percepire le persone, gli animali e la natura attorno a lui. 

Ciò che lo aveva stupito da subito, però, era stato il cielo: la prima volta che ricordava di averlo visto era azzurro, limpido e infinito. Un colore che era convinto di non avere mai visto prima e che gli dava un senso di pace e di gioia che non si spiegava. Non riusciva neppure a immaginare la pioggia e le nuvole minacciose dei temporali, ma sapeva che esistevano. Poi, la prima volta che aveva sentito la pioggia, era rimasto immobile a osservarla cadere per qualche ora, a sentirne l'odore così unico, cercando di ricordare da dove arrivasse quella memoria del suo passato.


Per quanto si fosse sforzato di sembrare forte e sicuro di sé, la verità però era che si doveva arrendere, perché non avrebbe trovato risposta. Forse era sempre stato un gatto. Forse era nato nei Memento e non avrebbe mai avuto una normale esistenza come essere umano. Forse Lady Ann non l'avrebbe mai guardato come un uomo.


Morgana sentiva che il suo destino era di essere lì: a guardare le nuvole nel cielo fuori dalla finestra al primo piano del Le Blanc mentre aspettava che Ren tornasse a casa, magari con un bel pezzo di tonno per il lui. 

Qualunque cosa fosse successa, finché fosse vissuto non avrebbe dimenticato i Phantom Thieves, i suoi amici. Sospirando, Morgana aveva trascinato la coperta sotto la finestra e si era acciambellato a guardare ancora un po' il cielo.


Non mancava molto alla fine della loro missione e se il collegamento tra il Metaverso e il mondo reale fosse svanito, anche lui forse avrebbe fatto la stessa fine. Non poteva saperlo, ma avrebbe combattuto con i Phantom Thieves fino alla fine. Era ciò che desiderava, Morgana si sentiva finalmente felice.

 

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 Il tempo libero genera i vizi

Otia dant vitia

 

 

Ogni volta che Paolo si era trovato per qualche ragione a casa da solo senza impegni particolari, aveva ricominciato a fumare.

Adesso che si era trovato all'improvviso in ferie forzate a causa dell'allagamento dell'azienda per cui lavorava, con l'autunno piovoso fuori che non gli permetteva di uscire e senza alcuna voglia di vedere i suoi amici, che ultimamente parlavano solo di calcio, stava pensando che molto probabilmente ci sarebbe ricaduto. Fumo, cibo, birra: i grandi amici degli ignavi.

No, non poteva lasciarsi andare di nuovo all'ozio, non voleva ricadere per l'ennesima volta nello stesso identico errore: aveva bisogno di un hobby.

 

Si rendeva conto da solo che non fosse semplice dire "Voglio un hobby!" e sperare di sentirlo sbucare dal nulla, così, come se volesse ordinare una pizza da asporto.

Paolo non era mai stato troppo impegnato, ma quando viveva con lei almeno trovavano sempre qualcosa da fare insieme, fosse anche soltanto guardare un film. Lei aveva anche il cane, ma ora se n'era andata e aveva lasciato il vuoto nella vita ora meno impegnata che mai di Paolo.

Dopo averci pensato un po' aveva trovato una soluzione: niente hobby per il momento, solo necessità: avrebbe dipinto casa, visto che ce n'era bisogno, e magari sarebbe stato a trovare i suoi che lo chiamavano sempre per invitarlo da loro. Magari loro gli avrebbero dato qualcosa di interessante da fare per passare il tempo. Tutto, pur di non cadere nella spirale della noia, che si sa, non porta mai niente di buono.

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 Vivere tota vita discendum est et, quod magis fortasse miraberis, tota vita discendum est mori.

Ci vuole tutta la vita per imparare a vivere e, quel che forse sembrerà più strano, ci vuole tutta la vita per imparare a morire.

 

Elena sapeva che non avrebbe vissuto ancora per molto, ma non aveva intenzione di passare il poco tempo che le restava vivendo nell'attesa di una morte che sarebbe arrivata indubbiamente, chissà quando.

Ci sarebbero potuti volere mesi, settimane o forse anni, se le fosse andata estremamente bene e avesse trovato un donatore per il suo cuore malconcio.

Non poteva sperare di avere tutto ciò che le sue amiche desideravano: aveva abbandonato gli studi per dedicarsi alle sue passioni, supportata dalla sua famiglia e si sentiva lieta di aver avuto la possibilità di avere l'amore delle persone che aveva intorno.

Per molto tempo aveva pensato di non avere il tempo per trovare un amore, e poi invece era arrivato anche lui.

Stefano aveva accettato il fatto che la sua fosse una presenza da vivere alla giornata e ogni volta che si vedevano faceva in modo da darle un bel ricordo di lui.

Quando la sua ora fosse arrivata, Elena era certa che sarebbe stata pronta.

Tutti intorno a lei vivevano ogni giorno come un dono, una nuova opportunità e non la salutavano mai con rabbia, sapendo sempre che il suo giorno potesse essere l'ultimo.

Quando aveva ricevuto il trapianto all'inizio le era sembrato strano cambiare stile di vita, fare programmi per l'anno successivo e vivere come una persona normale. Aveva imparato però, vivendo nella certezza che la morte era vicina, a dare valore a ogni giorno, dal primo fino all'ultimo.

Era una lezione che lei e Stefano avrebbero ricordato per sempre, durante la loro vita felice, tra alti e bassi, insieme.

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Verae amicitiae sempiternae sunt

Le vere amicizie sono eterne



Quando si erano salutati Ren e gli altri sapevano che si sarebbero rivisti presto. La loro non era un'amicizia che col tempo sarebbe diventata sempre più flebile fino a finire. Avevano vissuto insieme troppe avventure, troppi momenti unici che li avevano cambiati, li avevano definiti per gli adulti che stavano diventando. Le esperienze nel memento e i combattimenti con le ombre li avevano uniti in un legame fortissimo.

Impossibile da scogliere al punto che si sentivano fratelli, più che amici.

Akechi non c'era più e tutti loro sapevano che alla fine persino lui, che pareva aver dimenticato l'amore, si era stupito del loro legame. Persino lui aveva capito quanto loro fossero forti solo per il fatto di essere insieme.

Ren era il centro del loro profondo rapporto e nessuno di loro l'avrebbe mai dimenticato, così come Morgana, l'unico che l'avrebbe seguito fino a casa. Giusto pochi mesi, poi il loro amico sarebbe tornato per Futaba e per Sojiro, che era stato un vero e proprio padre per Ren, ma anche per tutti loro che avevano potuto avere una seconda casa al LeBlanc.

Forse un giorno nel futuro ci sarebbe stato di nuovo bisogno dei Phantom Thieves, che fosse per sconfiggere nuove ombre arrivate a minacciare la pace o fosse solo per festeggiare il compleanno di uno di loro. Sarebbero sempre stati legati, fino alla fine delle loro vite.
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Fandom: Persona 4
Personaggi: Teddy
Genere: introspettivo
Prompt: Vis unita fortiori
Flashfic
Partecipa al COWT10

Vis unita fortior
l'unione fa la forza
โ€จ
Fin dalla sua nascita Teddy era sempre stato da solo.
La sua esistenza un tempo scorreva nella noia e nel nascondersi dalle altre ombre quando la nebbia appariva. Lui era diverso da loro e l’aveva sempre saputo. All’inizio aveva cercato di fare amicizia con loro, ma le ombre non sembravano interessate a parlare con lui, in realtà non parlavano affatto.
Poi erano arrivati i visitatori, gli strani ragazzi ai quali sentiva di assomigliare, che non l’avevano trattato come le ombre. Da quando Yosuke gli aveva concesso di andare ad abitare con lui e di lavorare da Junes a Teddy si era aperto un mondo nuovo, finalmente aveva cominciato a parlare e a conoscere gli usi e i costumi degli esseri umani ed era stato apprezzato per le sue doti e per il suo aspetto. Aveva scoperto quanto fosse divertente e appagante vestirsi in modo elegante e fare il romantico con le ragazze, anche se ancora alcuni dettagli sul rapporto uomo-donna gli sfuggivano.
La cosa più importante però era che ora aveva degli amici e non era più costretto a contare soltanto su se stesso, non era più costretto a stare da solo a sospirare in attesa che il tempo passasse.
A volte lui e Yosuke si prendevano in giro, ma Teddy sapeva che avrebbe fatto di tutto per salvarlo, se fosse stato in pericolo.
Anche lui, del resto, avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per aiutare i suoi amici. Proprio perché potevano contare l'uno sull'altro così erano forti. La loro amicizia li aveva resi imbattibili.
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Omnis homo mendax
Oderint dum metuant
Dictum, factum
Res sacra consilium





Fandom: Harry Potter

Personaggi: Lavanda Brown

Genere: introspettivo

Prompt: Omnis homo mendax

Flashfic

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Omnis homo mendax

tutti gli uomini sono bugiardi


Lavanda Brown non riusciva a trattenere le lacrime. Aveva passato tutta la mattina distesa sul suo letto, con la coperta sugli occhi a disperarsi per il suo amore perso, forse mai rorrisposto e a cercare di ragionare sulla sua storia con Ron e su come avesse fatto a crollare in modo così improvviso.

Aveva persino chiesto a Hermione cosa ci fosse che non andava nel suo amore. Era gelosa di lei, perché sembrava che avesse un legame troppo forte con Ron, ma Lavanda era certa che Hermione si sarebbe dimostrata leale con un'altra ragazza. L'aveva consolata infatti, affermando con voce piatta quanto gli uomini fossero bugiardi e codardi. Quasi tutti gli uomini, aveva detto.

E pensare che gli aveva anche comprato una scatola di cioccolatini in regalo, che su consiglio della Granger aveva deciso di mangiarsi lei, senza neppure dirgli dell'acquisto.

A Ginny era successo che Dean, che caso voleva fosse un compagno di stanza proprio di Ron, avesse evitato di rompere con lei proprio per avere il regalo di compleanno. Impensabile, imperdonabile secondo ogni ragazza. Poi quando lei l'aveva lasciato lui si era quasi messo a piangere, nonostante avesse già chiesto di uscire a Cali, che però non era una sciocca e sapeva di Ginny, quindi l'aveva rifiutato.

Che ci fosse un uomo sincero? Uno solo? Si chiedeva Lavanda durante la lezione. Forse Neville, lui non le avrebbe mai mentito, forse... ma pensandoci forse avrebbe continuato a rischiare, magari si sarebbe fatta più furba e avrebbe imparato a capire quando gli uomini le mentivano.

No, Neville proprio no.

Fandom: Harry Potter

Personaggi: Tom Riddle, Lord Voldemort

Genere: introspettivo

Prompt: Oderint dum metuant

Flashfic

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Oderint dum metuant

mi odino pure, purché mi temano


Vivere all'orfanotrofio non era mai stato facile per lui, ma nell'ultimo periodo Tom Riddle aveva trovato il modo giusto di sopravvivere e di farlo in completa comodità.

Era bastato dare fuoco a una balla di fieno sulla quale stavano giocando dei bambini per avere l'attenzione di tutti, poi si era limitato a osservare le fiamme sorridente, orgoglioso del suo potere magico. Tom aveva sempre saputo di essere speciale e finalmente ne aveva la dimostrazione.

Adesso che avevano visto tutti ne avevano la prova e avrebbero fatto bene a rispettarlo, a venerarlo.

Il suo dono speciale lo aveva reso intoccabile agli occhi degli altri bambini: mangiava ciò che desiderava, sedeva dove preferiva e non aveva più bisogno di giustificarsi con anima viva, neppure con le monache, quando si prendeva la libertà di non pulire la sua stanza e chiedeva a qualcuno di farlo al suo posto.

Aveva una camera sua, privata. Al contrario degli altri bambini che vivevano nel dormitorio tutti insieme, con qualche rara eccezione tra i più grandi.

Facevano di tutto per farlo stare tranquillo e per assecondarlo e lui finalmente stava vivendo come sentiva di meritare.

Lo odiavano e lo sapeva. Ma non gli importava: gli bastava che lo temessero e che esaudissero i suoi desideri.

Fandom: Harry Potter

Personaggi: Hermione Granger, Signora Granger

Genere: introspettivo

Prompt: Dictum, factum

Flashfic

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Dictum, factum

detto, fatto


A Hermione non piaceva rimandare i suoi impegni, soprattutto quando avevano a che fare con la scuola pensava che non ci fosse ragione per aspettare l'ultimo minuto per studiare o per svolgere i propri compiti.

Quel pomeriggio non aveva impegni, visto che a due settimane dall'inizio della scuola aveva già fatto tutto quello che poteva, compresi esercizi e studi extra che l'avevano impegnata nell'ultimo mese.

Quando sua madre però l'aveva invitata a fare una torta, però, Hermione si era sentita improvvisamente stanca. Quella era una cosa che avrebbe rinviato molto volentieri.

"Suvvia, non sarà certo più difficile di una delle tue pozioni complicatissime. Giusto?"

Hermione era impallidita, memore del suo passato in cucina, tutt'altro che roseo, ma in fin dei conti era vero: non poteva essere più difficile delle sue precisissime pozioni.

Si era quindi rimboccata le maniche e si era messa il grembiule che sua madre le aveva lasciato a disposizione. Aveva proceduto con metodo: pesando tutti gli ingredienti, e posizionandoli sul tavolo nell'esatto ordine in cui avrebbe dovuto inserirli nell'impasto, poi aveva preso il frullatore e aveva cominciato a seguire la ricetta passo dopo passo.

Dopo un'ora e mezza aveva estratto dal forno la torta fumante, sotto lo sguardo soddisfatto della madre.

"Ma ha sporcato tutti gli utensili e tutte le ciotole che abbiamo?" Aveva chiesto il padre alla moglie, senza farsi sentire. "Sì, ma guarda come è orgogliosa adesso."

Hermione ci aveva in effetti messo di più a pulire la cucina che a preparare la torta, ma si sentiva soddisfatta di se stessa: detto, fatto! Come diceva sempre sua madre. Ora anche lei avrebbe potuto dire di essere riuscita a preparare un'ottima torta con le sue mani, come una Babbana.


Fandom: Harry Potter

Personaggi: Draco Malfoy

Genere: introspettivo

Prompt: Res Sacra consilium

Flashfic

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Res sacra consilium

il consiglio è una cosa sacra


Non si poteva certo dire che Draco Malfoy avesse avuto una vita difficile, infatti aveva sempre ottenuto ciò che desiderava, senza eccezione alcuna.

Questo almeno fino a quando Potter non era entrato a far parte della sua vita. Draco gli aveva dato un consiglio: scegli bene gli amici.

E desiderava sopra ogni cosa che Potter scegliesse lui come amico, ma non era successo.

I consigli sono cosa sacra, gli aveva detto suo padre più volte, e Draco non poteva neppure pensare che qualcuno lo ignorasse così, preferendo a lui un Weasley.

Draco, lascialo perdere, non hai bisogno di lui, gli aveva detto il suo amico Goyle, ma lui non ce l'aveva fatta.

Più il tempo passava e più Potter si dimostrava migliore di lui: sapeva usare incantesimi che gli erano sconosciuti e tutti nel mondo magico stravedevano per quel tappo occhialuto, tutti compreso Silente. Persino suo padre continuava a parlargli di come Potter fosse insulso e feccia, ma intanto ne parlava. Draco non lo accettava e, forse dopo anni lo poteva ammettere, era sempre stato un po' geloso di lui.

Forse lui stesso avrebbe fatto bene ad ascoltare il consiglio del suo amico Goyle e lasciarlo perdere, si diceva mentre costruiva l'armadio Svanitore nella Stanza delle Necessità. Forse, se non si fosse impegnato così tanto a essergli nemico, avrebbe avuto più amici su cui contare per uscire da quella pessima situazione.

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Fandom: One Punch Man

Personaggi: Saitama

Genere: introspettivo

Prompt: Labor omnia vincit

Flashfic

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Labor omnia vincit


Saitama era tornato a casa con un occhio nero, lo stomaco dolente e la bocca gonfia e sanguinante. Continuava a pensare di essere diventato forte abbastanza da riuscire a vincere contro uno stupido bulletto da quartiere come quello che l'aveva picchiato, invece non era stato in grado neppure di colpirlo. Quel ragazzino era veloce e colpiva come un chirurgo e Saitama si era sentito inutile quando i due erano stati messi in fuga da due ragazze arrivate sul posto ad aiutarlo.

Non doveva più succedere nulla del genere: Saitama si sarebbe allenato ancora più duramente senza scuse, ogni giorno fino a quando non fosse stato il migliore. 


Ogni mattina si alzava con un solo obiettivo: diventare un vero eroe rispettato e temuto.

Aveva messo a punto un allenamento che qualcuno avrebbe giudicato troppo semplice, ma l'aveva preso con estrema serietà e la sua mente aveva cominciato a cambiare: si concentrava meglio e ogni giorno si sentiva più forte.

I primi giorni erano stati faticosi, quando l'acido lattico gli aveva reso impossibile anche il più piccolo movimento quasi non era riuscito a mangiare, ma aveva imparato a concentrarsi ed era certo che anche quella fosse una parte importante dell'allenamento.

La fatica vince su tutto, la sua determinazione avrebbe fatto di Saitama un vero eroe.

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Fandom: Breaking Bad

Genere: Introspettivo

Personaggi: Walter White

Prompt: Unus homo, nullus homo

flash fic
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Unus homo, nullus homo


Un uomo da solo non è nessuno

Aveva rovinato la vita di tutta la sua famiglia e non aveva modo di tornare indietro. Quante volte Walter aveva pensato di chiamarli, di farsi sentire e di dire loro che lui era vivo che che tutto quello che aveva fatto era stato per loro, per dare loro un futuro che altrimenti sarebbe stato all'insegna dei debiti e della povertà.

Ma non aveva neanche il coraggio di chiamarli, di vedersi rigettare dal figlio al quale avrebbe dato tutto quello che poteva, purché lo perdonasse. 

Era vivo, ma solo. 

Ricco, ma solo.

Hank era morto e lui non poteva più tornare indietro, non dopo tutto quello che era successo.

E la doveva smettere di cercare scuse, perché stava vivendo la conseguenza delle sue scelte, dettate dall'egoismo e dall'avidità e non dall'amore come tentava di convincersi ogni giorno.


Walter White sarebbe morto solo, odiato da tutti e dimenticato, nella migliore delle ipotesi, dalle uniche persone alle quali teneva.


Aveva fatto così tanti errori che ormai non riusciva nemmeno più a contarli. Aveva ucciso Brock, aveva tentato di uccidere Jesse quando avrebbe fatto bene invece ad ascoltarlo e a smettere di dare ascolto alla sua avidità quando aveva, a quel punto, più di quanto avrebbe mai potuto desiderare.

Se solo l'avesse ascoltato, se non si fosse lasciato prendere dagli eventi e dal desiderio di dimostrare che lui non era uno da sottovalutare o da prendere in giro, forse avrebbe potuto vivere il tempo che gli restava con la sua famiglia e non da solo in un luogo dimenticato da Dio e dagli uomini.

No, lui sarebbe tornato indietro e avrebbe vendicato Hank. Sarebbe stato Heisenberg un'ultima volta, bruciando il tempo che gli restava con un'ultima fiammata gloriosa.

Sarebbe morto solo, così come meritava, ma prima li avrebbe rivisti. Non poteva morire senza salutarli, voleva avere ancora almeno l'illusione di non essere solo, perché un uomo, da solo, non è nessuno.

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Fandom: Final Fantasy VII

Personaggi: Barret Wallace

Genere: introspettivo

Prompt: Fiat iustitia, ruat caelum

Flashfic

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Fiat Iustitia, ruat caelum


Sia fatta giustizia, anche se i cieli cadono





 

Sia fatta giustizia, anche se i cieli cadono, e quella notte il cielo dei bassifondi del settore sette era caduto distruggendo ogni cosa: case, parchi, negozi e soprattutto persone. Persone che a quanto pareva non avevano valore per la Shinra, che pur di distruggere il quartier generale degli Avalanche aveva deciso di compiere una strage.

Barret non si sarebbe dato pace per ciò che era successo.

Forse qualcuno della parte alta della città era sopravvissuto e Marlene era al sicuro, ma gli altri?

No, nessuno di loro valeva abbastanza per la Shinra, e il loro era stato un sacrificio dettato soltanto dalla sfortuna di essere nati lì, vicino alla loro base e la colpa era solo degli Avalanche. 

La giustizia valeva davvero più di tutte quelle vite? La risposta di Barret, prima, era sempre stata la stessa: sì. 

Perché non era giusto che la Shinra valutasse gli abitanti di Midgar solo in termini di quanto sarebbero riusciti a fruttare in termini economici e il fatto che si fossero spinti così in basso solo per riuscire ad arrivare a loro era, agli occhi di Barret, una conferma della loro crudeltà e del fatto che per la Shinra l'unico interesse era quello economico.

Lui avrebbe continuato a combattere: per Marlene, per la giustizia e per tutti quelli che coltivavano ancora la speranza che le cose sarebbero cambiate. Per Biggs, Wedge e Jessie e per tutti quelli che erano stati sacrificati dalla Shinra. 

La giustizia un giorno, forse lontano, avrebbe prevalso e il presidente avrebbe pagato per tutto il male che aveva fatto, nonostante il sangue innocente di quelle morti sporcasse anche le mani degli Avalanche e nonostante in quel momento tutti fossero convinti della loro colpevolezza.


Un giorno forse almeno Marlene avrebbe potuto vivere in un mondo migliore di quello che aveva conosciuto fino a quel momento.

 

 

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Fandom: Persona 5

Personaggi: Yusuke Kitagawa

Genere: introspettivo

Prompt: Vita sine proposito vaga est

Flashfic

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Vita sine proposito vaga est

la vita senza una meta è vagabondaggio


Cosa ne sarebbe stato di lui se avesse lasciato veramente l'arte? 

Yusuke sapeva di non aver mai avuto veramente una meta nella vita.

Si era limitato ad accettare la guida di Madarame e a fare ciò che lui aveva definito e deciso al suo posto. Ma aveva veramente un talento che fosse degno di essere chiamato tale o la sua era soltanto pura tecnica  che l'avrebbe reso al massimo un critico d'arte e non certo un artista, perché privo della capacità di trasmettere la profondità, la bellezza e la raffinatezza delle quali l'arte vive.

Aveva tentato di concentrarsi sulla ricerca della bellezza ed era caduto, poi aveva ricercato l'estro e aveva nuovamente fallito. Si sentiva un vagabondo senza meta da quando aveva preso l'amara decisione di lasciare perdere il suo sogno e di trovarne uno meno complicato da seguire, più adatto alla sua mancanza di valore.


Si era sentito così distrutto dopo la rivelazione delle menzogne di Madarame da non essere stato più in grado di capire se il suo talento fosse reale o no.

Negli ultimi giorni però aveva capito che dubitare di se stesso non l'avrebbe aiutato nella sua ricerca di una strada, qualunque essa fosse stata.

Essere parte dei Phantom Thieves gli aveva fatto comprendere quanto la mente umana potesse essere profonda e quanto fosse importante dar voce ai propri sogni e viverli. Non reprimerli e chiuderli in una scatola di bugie e di scuse.


Forse avrebbe dovuto ricominciare a dipingere pensando solo al suo istinto, al suo sogno e alle emozioni che stava provando in quei giorni. Seguire il proprio cuore era la scelta giusta e chi meglio di lui poteva saperlo. Aveva bisogno di una meta, non poteva lasciare che il suo desiderio si perdesse nel suo cuore. 

Avrebbe smesso di vagabondare per dar voce al mare di sensazioni che aveva dentro, senza cercare di razionalizzarlo o di analizzarlo. Solo così avrebbe avuto davvero modo di dimostrare il suo talento.

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Fandom: Persona 5

Personaggi: Toranosuke Yoshida

Genere: introspettivo

Prompt: Vox populi, vox dei

Flashfic

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Vox Populi, vox Dei

Voce di popolo, voce di Dio


Yoshida era rimasto in silenzio per almeno dieci minuti dopo avere ascoltato il discorso di Shido in televisione. Per tutto il tempo, durante la propaganda, il politico non aveva fatto altro che ricercare il favore del popolo votante con mezze frasi volte a mettere il dubbio sull'operato degli altri partiti politici e a togliere la fiducia nel futuro del paese instillando paura. Aveva parlato di quanto lui sarebbe stato diverso, di quante cose sarebbero cambiate se lui fosse andato al potere, ma i suoi discorsi erano totalmente privi di fondamento politico e servivano soltanto a esaltare il popolo. Non erano che slogan.

Il popolo desiderava davvero questo? 

Bugie e false sicurezze? 

Tora non sapeva se la parte più grande della colpa fosse dei politici, che si erano adeguati furbescamente a quel sistema, o dei cittadini che non erano più abituati a sentire discorsi sinceri e si lasciavano prendere dalle polemiche, sempre più scontenti della società, sempre più stressati e impoveriti. Era facile prendersela con gli altri. Che fossero altri politici, altre aziende, altri stati. Purché la colpa non fosse di aveva voce.

Era diventato un mondo fatto di bugie e lui non lo sopportava. Forse se lo scandalo che l'aveva coinvolto fosse avvenuto in questi tempi nessuno ci avrebbe fatto troppo caso. Sarebbe bastato gridare al complotto e attirare l'attenzione su qualsiasi altro partito, sulle tasse troppo alte, sul crimine in aumento. Le voci si sarebbero zittite in un attimo e tutti avrebbero aspettato il nuovo scandalo, dimenticandosi del precedente. Se fosse successo lui non sarebbe mai cambiato, non avrebbe imparato da quell'esperienza e sarebbe stato anche lui un politico corrotto, come parecchi ormai.

La voce del popolo è la voce di Dio, dicevano. E se il popolo voleva gossip e drammi nella politica forse era lui a sbagliare, si diceva Tora, ma non voleva credere che fosse così. Il popolo aveva solo bisogno di tempo, presto non sarebbe più stato abbagliato dalle chiacchiere di Shido.

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Fandom: Persona 5

Personaggi: Goro Akechi

Genere: introspettivo

Prompt: Homo Faber fortunae suae 

Flashfic

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Homo faber fortunae suae

 

L'uomo è l'artefice della sua fortuna

 

 


Akechi non aveva mai accettato il fatto che il padre avesse abbandonato lui e la madre come fossero spazzatura, che si fosse limitato a ignorare le richieste di aiuto da parte della donna che aveva tentato di crescerlo e che non avesse mai voluto incontrare il figlio.

Non l'avrebbe mai perdonato, né si sarebbe mai arreso al suo destino. Lui non era che il figlio di una prostituta che si era limitata a riempirgli lo stomaco di cibo e a cacciarlo di casa quando incontrava i suoi clienti. Non era stata in grado di gestire la sua vita e che alla fine si era suicidata dopo aver reso l'esistenza di suo figlio un inferno di vergogna, che l'aveva portato solo a cercare di nascondersi, di annullarsi e di confondersi nella massa di persone che abitavano la città e il quartiere a luci rosse. Non c'erano tanti bambini nel suo palazzo, perché in genere le donne come sua madre riuscivano a rimboccarsi le maniche e a trovare un lavoro più adatto a una madre. La sua no, lei era una debole e aveva ceduto all'alcool, alla droga e infine anche alla morte.

L'uomo è l'artefice della sua fortuna.

L'aveva sentito dire a Masayoshi Shido: suo padre in una conferenza che aveva rilasciato in televisione. Akechi ci aveva ragionato e aveva reso suo quel pensiero, sembrava raccontare la sua vita e il suo scopo. Aveva deciso che avrebbe iniziato a credere nelle sue possibilità, non si sarebbe più nascosto, avrebbe dimostrato a tutti che sotto quei modi gentili e dimessi c'era un leone pronto a ruggire e a prendersi il suo posto nel mondo, anche se pareva che fino a quel momento il mondo fosse contento di averlo potuto ignorare. Non avevano mai avuto aiuti, solo la borsa di studio per la scuola che alla fine si era presa cura di lui, dopo che la madre aveva deciso di morire, lavandosi anche lei le mani di lui e condannandolo a un'esistenza di solitudine, ma ricca di possibilità, perché finalmente Akechi era libero. È un bambino intelligente, fatto per essere un leader, avevano detto le sue insegnanti a scuola. Nonostante fosse solo e a volte la disperazione prendesse il sopravvento sulla sua determinazione Akechi avrebbe infine trionfato.

Avrebbe preso ciò che era suo di diritto, non gli importava come. Chiunque si fosse trovato al suo cospetto avrebbe dovuto riconoscere il suo valore di detective e la sua intelligenza superiore, perché lui non si sarebbe fermato di fronte a nessun ostacolo. Sarebbe arrivato a suo padre e lui l'avrebbe riconosciuto, si sarebbe scusato per aver permesso che la sua infanzia fosse così miserabile e, alla fine, avrebbe capito quanto avesse perso quando aveva deciso di abbandonarlo. Perché Akechi era speciale, era unico, ed era l'artefice del proprio meraviglioso destino.

A volte sognava la voce sicura del padre rotta dalle lacrime, immaginava la sorpresa e la gioia da parte sua nello scoprire che fino a quel momento era stato guidato nelle scelte proprio dal figlio che aveva abbandonato, che invece aveva scelto di stare al suo fianco nonostante fosse in grado di fare molto da solo. Non aveva bisogno di lui, ma era necessario che Shido si rendesse conto di chi aveva di fronte: un uomo che si era fatto da solo, a partire da sotto zero.

 

Fandom: Persona 5

Personaggi: Futaba Sakura

Genere: introspettivo

Prompt: Nosce te ipsum

Flashfic

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Nosce te ipsum

conosci te stesso


Futaba non era mai stata in grado di comprendere bene i sentimenti e le intenzioni di chi le stava intorno. Non le era mai riuscito naturale come invece pareva essere per Ann, nei confronti della quale aveva provato ammirazione fin da quando l'aveva conosciuta.

Il suo percorso di comprensione del mondo la stava portando ad analizzare la socialità degli esseri umani come lei non facesse parte della stessa umanità, si sentiva un pesce fuor d'acqua, una strana creatura aliena costretta a vivere secondo le regole della società quando tutto le appariva fin troppo complicato.

Non era uscita di casa quasi per niente, se non per andare da Sojiro qualche rara volta per poi scappare a nascondersi appena un singolo cliente entrava dalla porta.

Era molto più semplice per lei comprendere il codice informatico, che non mentiva e non ammetteva interpretazioni. Non correva il rischio di sbagliare quando scriveva un codice, né quando trovava l'accesso a siti protetti cercando tra le righe pulite un punto debole.


Magari le altre persone fossero state così, se solo fosse stato sufficiente conoscere il linguaggio per comprenderle. Purtroppo però non era così e in fondo Futaba cominciava a lasciarsi sedurre dal fascino dell'umanità in Ann, come soprattutto in Ren.


Ren. Grazie a lui avrebbe imparato a conoscere il mondo, sotto la sua guida gentile avrebbe compreso un po' meglio se stessa e quello strano calore che sentiva dentro quando lui le era vicina. Che fosse amore? 

Futaba arrossiva quando la domanda le passava per la mente, ma anche lo fosse stato non era ancora pronta ad affrontarlo: la sua strada per conoscere se stessa era ancora lunga e l'unica certezza che aveva era che lui, in ogni caso, le sarebbe stato accanto in quel viaggio avventuroso tra le insidie che la sua stessa mente creava per farla rallentare. 

Alla fine avrebbe trionfato, sarebbe stata in grado di vivere nel mondo e di essere orgogliosa di se stessa, senza paura, senza scappare.

 

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Fandom: Persona 3

Personaggi: Tatsuya Tanaka

Genere: introspettivo

Prompt: Inopiae Desunt pauca, avaritiae omnia

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Inopiae Desunt pauca, avaritiae omnia



 

Da bambino i suoi compagni di classe l'avevano preso in giro per la sua povertà: per la divisa consumata e per il suo pranzo sempre povero che spesso consisteva solo nel riso in bianco. 

Lui li sentiva, sapeva che lo consideravano solo un poveraccio, ma era certo che prima o poi avrebbe messo tutti a tacere: sarebbe diventato ricco, più ricco di tutti loro messi assieme e allora avrebbe riso lui della loro mediocrità.


Aveva cominciato contando solo sulle sue capacità, vendendo oggetti inutili che la gente acquistava affascinata dalle sue doti di commerciale nato. Lui sapeva come convincere il cliente medio che quel che vendeva fosse fatto su misura per lui e in tantissimi ci cascavano.

Quando il suo conto in banca aveva iniziato a crescere, aveva cominciato a sentirsi finalmente nel posto che meritava nella società, poco importavano le lamentele di chi diceva che gli mancava l'etica e che non avrebbe retto molto vendendo delle fregature. 

Ma lui faceva di più, lui distribuiva idee e sogni. 


Si era arricchito più di quanto avrebbe potuto immaginare e il denaro continuava ad arrivare a fiumi, quando aveva conosciuto Saya. Se il povero ha poco, l'avaro non ha nulla.

 

Gli aveva detto un giorno dopo che lui l'aveva messa alle strette per non essere stata abbastanza produttiva. Non potrei mai vivere sapendo di aver guadagnato alle spese di qualcun altro.

 

Oltre a lei poi c'era stato il ragazzino, lo sciocco credulone che gli aveva dato soldi in cambio di una stupida promessa che lui ovviamente non aveva intenzione di mantenere. Era stato così puro di cuore nella sua intenzione di imparare da un uomo di successo come lui che Tanaka l'aveva preso sotto la sua ala, insegnandogli come si fanno i soldi.

Ci aveva preso gusto, anche se sapeva che il ragazzino l'aveva definito addirittura il diavolo, andava fiero di quella descrizione, il diavolo era, in fin dei conti, potente.


La vicinanza di Saya e di Tatsuya l'aveva cambiato, anche se era stata dura ammetterlo all'inizio.

Aveva riflettutto sulla sua vita ed era arrivato alla conclusione che la sua ricchezza non lo stava rendendo felice. La sua motivazione era sbagliata, perché oggettivamente vendere per lui era così facile che non c'era gusto ad approfittarsi degli allocchi, mentre insegnare alle menti plasmabili a seguire la sua strada lo faceva sentire davvero realizzato.

Per questo aveva fatto la donazione all'orfanotrofio, perché era vero: da povero non aveva molto, ma nell'ultimo periodo sentiva di aver perso anche quel poco in cambio della sua ricchezza. Le cose potevano cambiare e lui avrebbe fatto il possibile per pensare prima di tutto alla sua felicità e non al desiderio di rivalsa che l'aveva portato a dimenticare se stesso.

 

 

 

Fandom: Persona 3

Personaggi: Mitsuru Kirijo

Genere: introspettivo

Prompt: semel in anno licet insanire

Flashfic

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Semel in anno licet insanire

una volta all'anno è lecito impazzire


 

 

Una volta all’anno è lecito impazzire, le aveva detto suo nonno il giorno del suo quinto compleanno, quando per la prima volta le era stato concesso tutto ciò che desiderava. 

Fin da quando era piccola a Mitsuru era stato chiaro che lei non sarebbe stata mai come gli altri bambini, perché era l'unica erede della Kirijo group e si sarebbe dovuta abituare da subito a essere responsabile e a studiare. Da noi ci si aspetta questo, ma impazziremmo del tutto se non riuscissimo a lasciarci andare ogni tanto, ricordatelo quindi.

Per anni Mitsuru aveva pensato che forse il nonno esagerasse, nonostante la sua vita non fosse stata facile fin da quando era piccola non aveva più seguito il suo consiglio. 

Quel pomeriggio, però, mentre passava di fronte al parco dei divertimenti, si era sentita attratta dalle montagne russe. Non ci era mai stata. Aveva da studiare e avrebbe dovuto controllare il Tartarus, ma per quel giorno avrebbe ascoltato suo nonno: avrebbe fatto tutto ciò che desiderava.

 

Una volta tornata in dormitorio aveva salutato Akihiko, seduto sul divano a leggere il giornale.

“Ti vedo allegra, hai passato una bella giornata?”

“Splendida.” Gli aveva risposto, poi gli si era avvicinata e gli aveva dato un bacio ascoltando l’istinto che le diceva di farlo da mesi. “Una volta all’anno è lecito impazzire,” aveva dichiarato, lasciandolo ammutolito sul divano, col giornale stropicciato tra le mani. 

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Fandom: The legend of dragoon

Genere: introspettivo

Personaggi: Rose

Prompt: Dum spiro, spero

Flashfic

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Dum spiro, spero (finché vivo, spero)



Quando Rose aveva incontrato il dragone di fuoco la sua speranza era rinata. Subito il suo ricordo era volato a Zieg, suo compagno di migliaia di vite prima. Dart era diverso: determinato ad aiutare, il suo obiettivo era distruggere il mostro nero e Rose trovava ironico che proprio lei lo stesse accompagnando nella sua ricerca, che lo stesse aiutando a fortificarsi e a formare un gruppo di Dragoni che avrebbero cercato, forse, di ucciderla.

Certo, aveva fatto un errore imperdonabile non uccidendo Shana quando ne aveva avuta la possibilità, quando ancora era innocente e non avrebbe potuto compiere il crudele destino che ora appariva inevitabile almeno quanto il suo.

Negli ultimi secoli aveva quasi dimenticato cosa fosse la speranza.

Se all'inizio della sua vita, ormai più di undici millenni prima, Rose si era sentita prima un'eletta, un'eroina, dopo la guerra dei Dragoni si era abbandonata alla tristezza per la perdita di Zieg e di tutti i suoi amici, di tutte le persone con le quali aveva vissuto fino a quel momento.

Aveva giurato sul corpo di pietra del suo grande amore che lei avrebbe continuato a lottare, che avrebbe ucciso il Figlio della Luna ogni volta che fosse riapparso per impedire che la distruzione tornasse sulla terra. La sofferenza di pochi sarebbe stata il prezzo da pagare per la salvezza dell’umanità e lei si sarebbe presa l’onere di essere la lama della giustizia per il bene superiore.

Da giovane non avrebbe mai immaginato che il futuro l'avrebbe portata a vivere in eterno e a prendere la vita di  bambini innocenti, solo perché su di loro gravava il destino di essere la reincarnazione dell'anima della Virago. Il figlio della Luna, che fuso insieme a Mehlbu Fahna sarebbe diventato l'invincibile Dio distruttore del mondo.


Ogni centootto anni Rose aveva ucciso il Figlio della Luna. La prima volta Michael, il dragone suo vassallo, l'aveva incoraggiata vista l'incapacità della donna di spezzare la vita di un neonato innocente. Michael le aveva mostrato il futuro e lei, rotta dalla disperazione, aveva compiuto quel terribile gesto col quale aveva dovuto imparare a convivere.

Aveva retto grazie alla forza della speranza: credeva che prima o poi la maledizione si sarebbe affievolita, che un giorno semplicemente non si sarebbe più svegliata e il destino della Terra sarebbe passato a qualcun altro, qualcuno che avrebbe dovuto compiere le stesse scelte che aveva fatto lei, e che forse sarebbe stato più bravo di Rose a sopportarne le conseguenze.


Ma prima che succedesse quante volte ancora sarebbe stata costretta a farlo? Col tempo la sua speranza aveva iniziato ad affievolirsi e lei si era isolata dal mondo per stare solo con Michael, l'unico che poteva capirla e accettarla davvero, fino a quando anche il suo drago era impazzito e lei era stata costretta a spezzare anche la vita dell'unico essere vivente che la conosceva, l'unico che le permetteva continuare a sperare.

Una volta sola era diventata il mostro nero, la crudele creatura che appariva ogni centootto anni per uccidere un bambino, per distruggere un villaggio, per seminare morte e fuoco.

Di lei parlavano le leggende, era uno diventata spauracchio per adulti e bambini. Un terrore per i regnanti che continuavano a pregare perché il mostro non apparisse nel loro regno, perché la Morte non si prendesse i loro figli.

 

E Rose era lì ad aspettare. A sperare che prima o poi sarebbe morta, che il figlio della Luna non sarebbe nato quella volta. Finché vivo, spero. Si ripeteva, e la sua speranza di riuscire a convivere con il suo destino diventava ogni secolo più flebile, e alla fine il suo unico suo desiderio era diventato quello di smettere di combattere. Ma lei non poteva smettere, non senza condannare l'umanità alla fine e avrebbe continuato a fare il suo dovere fino a quando qualcosa non sarebbe cambiato.


Sulle sue mani aveva il sangue di centootto neonati. Era finalmente arrivata al numero che tanto aveva aspettato, quello che sperava sarebbe stato l’ultimo. 

Poi aveva visto il dragone e aveva capito che era ora di andare avanti, che qualcosa era finalmente cambiato.

Finalmente aveva la possibilità di cambiare il suo futuro e l'avrebbe fatto. Con Dart e poi con tutti gli altri avrebbe combattuto e sconfitto una volta per tutte Mehlbu Fahna. Finché fosse vissuta, finché fosse stata con loro, non avrebbe più abbandonato la speranza e forse, un giorno, anche Dart che desiderava solo la sua morte l'avrebbe capita.

Finché vivo, spero di essere in grado di portare alla fine questa maledizione, spero che un giorno la mia presenza non sarà più richiesta su questa terra. Spero che forse un giorno verrò ricordata tra coloro che hanno cercato in ogni modo di fare il bene, nonostante tutto.

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Fandom: Originale
Genere/tipo: Flashfic, slice of life
Prompt: colpo di scena
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Il buongiorno si vede dal mattino

Quella mattina Anna si era svegliata di buon umore, era uscita con la speranza che tutto sarebbe andato bene e la giornata infatti era iniziata nel migliore dei modi: per colazione aveva bevuto un caffè e mangiato una mela che si era rivelata buonissima, cosa che visto che era a dieta era un primo buon segno. Il secondo buon segno era stato il messaggio di Filippo, il ragazzo col quale sperava di avere un altro appuntamento che le chiedeva se avesse da fare quella sera per vedersi per un aperitivo, nel caso ne avesse voglia. Aveva risposto con una certa nonchalance, sorridendo come la sciocca romantica che era per tutto il tempo.

Poi quando era scesa e le cose avevano preso una piega triste e inaspettata: la sua auto nel parcheggio era stata colpita da qualcuno che a quanto sembrava aver deciso che la fiancata della sua auto fosse troppo nuova e che andasse rifinita. 

Si era avvicinata e aveva notato un foglio piegato sotto il tergicristallo. La sua fiducia nell’umanità era tornata a livelli più o meno accettabili, ma quando aveva iniziato a leggere era rimasta a bocca aperta…

Mi stanno guardando tutti, quindi sto scrivendo questo foglio

mi dispiace, ma non ti scrivo il numero di telefono

cercami al 345 e mettici un po’ i numeri che vuoi.

Ciao, eh

Anna aveva preso fiato e si era messa a ridere. Scemo tu, aveva pensato, che non hai visto che qui di fronte c’è una bella, preziosa e onesta telecamera.

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Fandom: Originale
Genere/tipo: Flashfic, manuale/istruzioni
Prompt: Pensiero laterale
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Istruzioni per la tua sopravvivenza

 

Buongiorno a te, sconosciuto.

Se hai trovato queste istruzioni significa che sei un uomo fortunato e se seguirai le mie istruzioni il tuo futuro migliorerà. 

Credimi, puoi anche ignorarmi, ma sarebbe peggio per te.

Non farti domande, ti dico solo che alle 15.35 e 22 secondi accadrà l’irreparabile e non puoi restare fermo su quella panchina, anzi, dovrai evitare che chiunque ci stia seduto sopra e attorno.

Ecco le poche cose che dovrai fare per superare indenne il pomeriggio:

  1. Cerca sotto questa panca, dovrebbe esserci un ombrello. Se non c’è spero tu ne abbia uno perché vuol dire che l’hanno rubato. Se ce l’hai aprilo.
  2. cerca le persone attorno alla panca e consiglia loro di spostarsi. Credimi: ti ringrazieranno.
  3. tenta di impedire a chi hai intorno di sedersi sulla panchina e di stare nella zona limitrofa.
  4. se sei arrivato qui, complimenti. 

 

Ora, lo so che la cacca di piccione non è la cosa più pericolosa al mondo, ma non ne avevo mai vista tanta tutta insieme. Ho viaggiato nel tempo e ho pensato al giorno in cui il me del passato, seduto tranquillo su quella panchina,  di colpo si è ritrovato coperto fino all’osso di melma bianca. È uno dei ricordi che mi sono rimasti impressi nella mente per tutta la vita.

Se mi hai ascoltato, bravo. Altrimenti mi spiace, ma è proprio vero, come dicono tutti, che sono un diffidente col carattere di merda e me lo sono meritato.

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Fandom: Originale
Genere/tipo: Flashfic,
Prompt: Colpo di scena
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Giro acquisti

I giri al centro commerciale le facevano sempre venire il mal di testa. Quel pomeriggio Sofia era uscita controvoglia dopo che sua figlia Adriana si era lamentata per un’ora del fatto che tutti i suoi vestiti erano vecchi e orribili.

Ovviamente non era così, ma i giovani, i ragazzi anche ai suoi tempi erano particolarmente infami nel giudicare e Sofia non voleva che sua figlia si sentisse a disagio. Le aveva concesso un budget limitato, che comunque le avrebbe permesso di acquistare almeno un completo e aveva passato due ore e mezza tra un negozio e l’altro. Una volta uscite, però, l’auto non c’era.

Adriana, impegnata a chattare col cellulare, aveva seguito la madre per due volte avanti e indietro per tutto il parcheggio. 

“Mamma, ma dov’è la macchina?”

“Non… è qui da qualche parte.” 

La ragazza aveva continuato a scrivere, impegnata com’era in un discorso che non poteva aspettare. Sofia era tornata in fondo al parcheggio e aveva ricominciato a percorrerlo tutto, guardando ogni singola macchina parcheggiata.

“Ci hanno derubate?” Aveva chiesto Adriana, senza alzare la testa.

“Dobbiamo chiamare i carabinieri. Mi avevano detto che c’erano stati dei furti, ma la nostra auto è vecchia, non pensavo che sarebbe potuto succedere a noi.” Sofia stava perdendo la sua lucidità immaginando le conseguenze del furto.

Adriana allora aveva alzato la testa e aveva cominciato a ridere. Sofia si era rabbuiata di fronte alla superficialità della figlia in quella situazione.

“Mamma, abbiamo parcheggiato sul retro, non qui.”

Sofia aveva sospirato: stava davvero diventando vecchia.

 

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Fandom: Originale
Genere/tipo: Flashfic, sms
Prompt: Pensiero laterale
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Il mio vicino

+39xxxxxxxx89

Ciao, mi chiamo Sara, sono di Roma e sono la tua vicina di numero! ๐Ÿ˜„ Mi farebbe piacere conoscere i miei vicini, o almeno salutarli, quindi ti ho scritto, spero di non aver disturbato!  ๐Ÿคฃ

+39xxxxxxxx88

Ciao Sara, sono Eugenio, sono di Roma e sono il tuo vicino di numero. Non capisco come mai questa idea, ne deduco che tu sia giovane. (แต”แดฅแต”)

+39xxxxxxxx89

๐Ÿ˜ฌ ho 18 anni, giovane ma non troppo, posso scrivere a chi voglio

+39xxxxxxxx88

Anche io, potremmo conoscerci e diventare amici IRL! ๏ฝกโ—•โ€ฟโ—•๏ฝก

+39xxxxxxxx89

Sì! ๐Ÿ˜ A che scuola vai? ๐Ÿ˜Š Io sto al Giorgione a Roma, sono in VI C  

+39xxxxxxxx88

Conosco Elisa in quella scuola! โ˜œ(หšโ–ฝหš)โ˜ž non mi ricordo se è la tua sezione

+39xxxxxxxx89

๐Ÿ˜๐Ÿ˜๐Ÿ˜ Elisa, la conosco sono sua amica!

+39xxxxxxxx88

Cara, piccola, innocente Sara, io di anni ne ho 42 e sei fortunata ad aver trovato me. Elisa è mia figlia e tu non dovresti dare i tuoi dati e il tuo nome in giro per il Web. Il tuo comportamento irresponsabile ti potrebbe mettere nelle grinfie di persone senza scrupoli che si approfitterebbero della tua ingenuità, in futuro ti consiglio di stare attenta sui social.

+39xxxxxxxx89

Caro, innocente, Eugenio. Io non sono Sara e non ho 18 anni ๐Ÿคฃ Volevo solo divertirmi un po’ alla fine pare che ci siamo divertiti entrambi. A risentirci, ti manderò i saluti a Natale. ๐Ÿ˜˜

Tradimenti

Mar. 7th, 2020 11:16 pm
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Fandom: Originale
Genere/tipo: Flashfic, sms
Prompt: Pensiero laterale
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Tradimenti:

Ignoto: Buongiorno, signora Martini, lei non sa chi sono, ma io la conosco bene e le devo dare una pessima notizia… Suo marito la tradisce. L’ho visto prima.

Elisa: Chi è? Cosa dice? 

Ignoto: Dico che purtroppo ne ho la certezza, perché lo fa con mia moglie.

Elisa: Io… io lo sapevo già.

Ignoto: e non vuole fare niente? Non intende fermarli?

Elisa: Non ne vale la pena… Non posso costringerlo a stare con me se non mi ama. Posso però togliergli anche le mutande, visto che lavora per mio padre, vive nella mia casa e che ho già chiesto a un investigatore privato di portarmi le prove. Sa, lui non è molto brillante, non so neanche perché l’ho sposato.

Ignoto: Io amo mia moglie. Non vorrei perderla.

Elisa: Sua moglie io credo sia Sara, la centralinista, vero?

Ignoto, esitante: sì, è lei…

Elisa: Le do un consiglio da amica: la lasci, non ne vale davvero la pena. Purtroppo sembra che lei non ricambi. Le devo dare io una pessima notizia, vede lei ha avuto una storia con mio padre l’anno scorso…

Ignoto, singhiozzando: Sara…

Elisa: Lei merita di meglio.

Ignoto: Anche lei, ne sono certo.

Elisa: Allora vediamoci, dopodomani porterò le carte del divorzio a mio marito, chissà, magari questa situazione potrebbe risultare piacevole alla fine.

Ignoto: … 

Elisa: Mi faccia sapere, il numero lo conosce.

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