Jackson - Originale
Mar. 31st, 2021 09:25 pmGenere: demenziale, commedia
Fandom: Originale
Partecipa al COWT11
Prompt: la storia inizia dalla fine
Jackson
Una riunione come tante.
Jack salutò i colleghi come sempre, ma notò da subito che qualcosa non andava: al posto del solito viso che tutti avevano sempre visto, ecco un gatto dalla pelliccia grigia lucente, che pareva muoversi con fare umano e parlare. Agitava le zampe come se stesse scrivendo sulla tastiera,.
L’incubo di Jackson era diventato infine realtà: aveva sbagliato qualcosa col computer e per quanto provasse a sistemare la situazione, a giocare inserendo e togliendo i filtri, non c’era niente che facesse tornare le cose com’erano.
“Jack, che succede? Sei diventato un gatto?”
Jack, terrorizzato e in imbarazzo, tentò di buttarla sul ridere. “Sì, oggi sono un gatto. Scusate, ma non so cos’abbia il computer, deve essere un virus…”
“Non ti preoccupare, ci faremo anche quattro risate così, ma che tu sia gatto o umano, la tua paga te la guadagni e va bene così. Da oggi ti chiamerò micio micio però.”
Che scenetta divertente, pensava Jack, sarcastico. Tutto sommato però sarebbe potuta andare peggio: avrebbero potuto vederlo sotto forma di cane… “Disattivo la webcam.” Aveva proposto e i suoi colleghi avevano accettato.
Quel problema poteva significare che la sua carriera era finita. Era stato bello. Aveva mangiato bene durante quei mesi.
Jackson era molto orgoglioso del ramo paterno della sua famiglia. Si definiva un siamese, anche se lo era solo in parte: erano gatti di famiglia nobile e pura, e suo padre, Louis, aveva scelto di seguire il suo cuore e di andare a vivere all’insegna dell’avventura con una ragazza umana che l’aveva amato finché era vissuto. Durante uno dei loro viaggi, avevano incontrato la madre di Jackson, Priss.
Lady Priss era una Certosina piuttosto scontrosa, una gatta intelligente che da subito gli aveva insegnato come prendersi cura di se stesso, cacciando e facendosi benvolere dagli umani. Jackson in realtà non aveva mai conosciuto il padre, sapeva solo che i due padroni dei suoi genitori avevano avuto una storia e per un po’ umani e gatti avevano vissuto sotto lo stesso tetto. Poi la ragazza e suo padre se n’erano andati per non tornare mai più indietro.
Da piccolo, quando viveva ancora con sua madre, lei aveva raccontato a lui e ai suoi fratelli tante storie sulle avventure di Louis il gatto che viveva nello zaino e Jackson ne era rimasto affascinato.
Era stato mentre immaginava di viaggiare, da solo e senza paura, che aveva iniziato a sentirsi speciale.
Purtroppo si era dovuto separare da Priss quando era ancora un gatto adolescente. “Non ci terranno tutti qui, dovete prepararvi a essere separati dai vostri fratelli, ma non disperate: ci rivedremo un giorno, al di là del ponte sull’arcobaleno. Siate furbi e non buttatevi dal quinto piano come quello sciocco di Pinto, il gatto di fronte, che si è spiaccicato come uno stupido.”
Jackson era stato portato via durante un pomeriggio di pioggia. Il trasportino nel quale era stato messo era di stoffa e si era bagnato tutto. Era terrorizzato e quando l’umano l’aveva aperto si era spinto bene in fondo, troppo impaurito per uscire.
Solo allora aveva sentito la voce di Marilyn. “Vieni fuori e mangia, piccoletto,” gli aveva intimato con un tono che lui non era riuscito a identificare. “Non ti mangio, tranquillo.”
Marilyn era una gatta bianca a pelo lungo e subito Jackson si era reso conto che era molto miope, le pupille nere dei suoi occhi azzurri infatti si erano strette appena lui si era affacciato a guardarla.
“Benvenuto, piccoletto.”
Marilyn era stata una figura materna da subito, l’aveva aiutato a prendere familiarità con l’ambiente e a capire l’umano che si prendeva cura di loro: Franco.
“Con gli umani devi imparare a farti adulare. Devi andare da loro, guardarli, lasciare che ti accarezzino e poi chiedere. Più ti fai vedere e più ottieni, ma devi imparare a non essere troppo disponibile, altrimenti si stancano.”
E Jackson, seguendo i consigli di Marilyn, aveva imparato come convivere con Franco.
“Certo che potrebbe comprarci del cibo migliore di questo…” aveva osservato il gatto, mentre mangiava una pappa che tutto sommato era anche saporita, ma nulla a che vedere con quella che si era abituato a mangiare nella casa in cui era cresciuto. Per un po’ Jackson aveva cercato di far capire a Franco che le scatolette che comprava non erano di qualità, ma aveva dovuto rinunciare perché pareva che l’umano fosse duro a capire un concetto così semplice. “Devo rimettere il pranzo ancora tante volte secondo te perché capisca che mangiamo male?”
“Lascia perdere, non cambierà. Ci ho provato per anni anche io, ma lui è parsimonioso,” sosteneva l’anziana gatta di fronte alle lamentele continue del nuovo arrivato.
“Ma lui mangia il pesce fresco, perché non lo dà a noi?”
“Perché siamo gatti.” Rispondeva Marilyn senza scomporsi.
Jackson però era determinato: avrebbe trovato una soluzione anche a costo di comprarsi il cibo da solo.
Franco usciva ogni mattina dal loro appartamento al primo piano di un condominio per andare al lavoro, dopo aver versato la scatoletta di cibo in una ciotola di plastica a Jackson e a Marilyn. Li salutava con delle affettuose carezze e poi chiudeva la porta per sparire per ore e ore.
Jackson si sentiva sprecato per quella vita di riposo, perché passava la giornata a prendere il sole sul terrazzino e a chiacchierare coi suoi vicini: due gatti certosini che vivevano nell’appartamento di fronte al suo. Aveva quindi dato voce alla sua strana passione, quindi: la programmazione. Si era creato un blog che aveva chiamato la vita e le aspirazioni di un gatto d’appartamento, nel quale raccontava le sue avventure e faceva qualche resoconto su ciò che imparava.
Non male, per essere un gatto. Non gli ci era voluto molto per iniziare a raccontare le sue gesta e le sue riflessioni, diventando così il gatto più famoso della città. Tutti quelli che commentavano erano certi che dietro al blog ci fosse un umano, persino Marilyn era rimasta piacevolmente impressionata dall’abilità di Jackson con il computer.
“E che ci vuole?” Aveva detto il gatto. “Il linguaggio degli umani non è così complicato, basta solo aver voglia di imparare. Io lo parlo perfettamente, ma il nostro è molto più musicale.”
La sua anziana compagna di avventure era d’accordo. “La lingua umana è così rude.” aveva confermato.
All'inizio del 2020, Jackson si era reso conto che qualcosa era cambiato nel suo umano, infatti non si alzava più la mattina presto a dargli da mangiare e non lo lasciava più da solo in casa. Se ne stava sul divano a dormicchiare e spesso usava il portatile per giocare e per guardare qualche film, si alzava solo per mangiare e per camminare in giro per casa. Non usciva neppure a comprare da mangiare, in compenso però erano arrivati dei corrieri a portare la spesa a casa.
Jackson era preoccupato perché vista la presenza di Franco a casa aveva qualche difficoltà a usare il computer. Non poteva certo farsi vedere mentre scriveva o sistemava il suo sito. Immaginava che avrebbe presto dovuto chiudere il blog e si chiedeva se i suoi follower non sentissero la sua mancanza. Dopo qualche tempo però aveva studiato un buon metodo per usare il computer anche in presenza dell'umano. Gli era sufficiente aspettare di sentirlo russare, per poi aprire delicatamente il portatile e mettersi a scrivere.
Ogni volta si impegnava a navigare in incognito e usava Marilyn come sentinella, le aveva dato l’impegno di avvisarlo nel caso in cui Franco si fosse svegliato.
L'umano continuava a ripetere che il lavoro non andava bene. Si lamentava tutto il giorno, ma non sembrava che la cosa gli importasse poi molto, visto che si lamentava dal divano, mentre se ne stava lì a grattarsi la pancia e a guardarsi serie TV su Netflix.
Un giorno, Jackson era veramente stanco e decise di vuotare il sacco. “Senti, Franco, io vorrei iniziare a mangiare meglio. Mi pare che tu sia in difficoltà, quindi ho pensato di cercarmi un lavoro.”
L’umano aveva gli occhi sbarrati. Per un po’ non aveva parlato, né era stato in grado di muoversi. Poi gli si era avvicinato e l’aveva toccato come fosse qualcosa di spaventoso.
“Che c’è?” Aveva quindi domandato all’umano. “Guarda che se volessero i gatti parlerebbero tutti. Non pensare neanche a darmi via o a farmi studiare da qualche scienziato a caso, perché penserebbero solo che sei pazzo. Come ogni gatto, so benissimo cosa posso e cosa non posso fare. Lo so che quando parliamo vi spaventate.
L’idea di intraprendere una sua carriera era iniziata per caso: un giorno si era reso conto di aver imparato a parlare piuttosto bene il linguaggio umano. Per migliorare Jackson aveva studiato moltissimo i comportamenti umani e, grazie al suo seguitissimo blog su wordpress, aveva iniziato a proporsi in giro. Un po' per gioco aveva deciso di candidarsi per un annuncio di lavoro quando avevano chiesto un web designer. Jackson aveva dato il nome del suo umano e aveva scritto un'ottima lettera di presentazione. Non credeva sarebbe stato possibile, e invece l'avevano preso. Ora aveva dei capi, dei colleghi. Tutti scherzavano con lui come se fosse un essere umano e la cosa gli piaceva molto.
Solo una collega non gli era per niente simpatica, una che gli aveva raccontato di odiare i gatti, che l'aveva preso in giro quando aveva sentito miagolare. La donna non aveva idea che il miagolio venisse nientemeno che dal suo collega: il gatto Jackson.
Fare le fusa lo aiutava a non urlare e a mantenere la calma quando i suoi colleghi si sarebbero meritati solo delle belle strigliate, era incredibile come gli umani fossero svogliati e approssimativi sul lavoro. E sostenevano di essere evoluti. Certo, come no: meglio che ne fossero convinti.
Quando era arrivata la prima busta paga a nome di Franco, Jackson era stato chiaro: da adesso lui e Marilyn avrebbero mangiato meglio, ciò che spettava loro di diritto in quanto gatti. Cioè pesce e carne freschi, e crocchette di ottima qualità come quelle che consumava da piccolo.
Un giorno gli avevano chiesto di fare una riunione su zoom e Jackson si era chiesto come avrebbe potuto fare. Aveva pensato di chiedere aiuto al suo umano, ma quello passava tutto il tempo a dormire e non gli avrebbe fatto fare una bella figura. Aveva tentato di fingere un guasto alla connessione internet proprio durante la riunione, ma i suoi colleghi tenevano molto a vederlo al punto che l'avevano rinviata.
Il punto di svolta era avvenuto quando Jackson aveva scoperto i filtri: aveva trovato il filtro umano, che gli aveva dato un aspetto più accettabile.
Aveva iniziato a usarlo subito e da allora aveva iniziato a partecipare alle riunioni coi colleghi senza troppe remore, felice di essere finalmente un umano ai loro occhi, oltre che alle loro orecchie.
Jackson era arrivato in soggiorno e aveva trovato l'umano che dormiva.
"Hey!", L'aveva svegliato di soprassalto.
Franco non era ancora abituato a sentirlo parlare e aveva trattenuto a stento un grido di terrore.
"Jackson... T-ti serve qualcosa?" Franco gli aveva grattato il mento e per un attimo Jackson aveva rischiato di dimenticarsi perché fosse andato fin lì.
"Ho fatto la spesa, dovrebbe arrivare tra poco. Mettila via per favore, ma portami il pesce." Jackson aveva pensato sia all’umano che a Marilyn: oltre a una valanga di carne e pesce, aveva preso anche della verdura e della frutta per Franco. Una bella confezione di lettiera profumata e del tonno in scatola per ogni evenienza. Non una spesa eccezionale, ma Franco apprezzava molto il tentativo del suo gatto. Gli aveva promesso che un giorno sarebbe stato di nuovo in grado di provvedere al loro sostentamento e avrebbe anche voluto cercarsi un lavoro, ma c'era il Lockdown e il computer era proprietà esclusiva del gatto, a seguito dei loro accordi.
Franco aveva iniziato a fare molta attenzione alla pulizia della lettiera e delle ciotole. Marilyn ogni tanto chiacchierava con l’umano, visto che tanto non c’era più niente da nascondere. Erano in armonia, tutti insieme.
Jackson si faceva chiamare Jack, un nome un po’ meno strano ed era molto apprezzato in azienda per il suo sarcasmo.
Ormai si era abituato a utilizzare il filtro umano durante le riunioni. Era andato tutto bene, almeno fino a quel giorno...