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Mar. 8th, 2025 02:56 pmPersonaggi: Shinjiro, Kotone Shiomi, S.E.E.S.
Incipit: Entrò nella stanza chiedendosi perché lo stesse facendo.
Partecipa al COWT 14
One shot, what if?
La guarigione di un fiore appassito
Entrò nella stanza chiedendosi perché lo stesse facendo. Shinjiro la richiuse dietro di sé tenendo gli occhi chiusi. Prese fiato prima di guardarsi intorno e nel farlo sentì il suo profumo.
Che profumo? Si chiese, ma non sapeva distinguere i fiori e le essenze che lo componevano. Conoscendo Kotone, era probabile fosse un bagnoschiuma che aveva preso al supermercato. A lui ricordava la primavera, gli alberi fioriti e il calore tiepido del sole sulla pelle.
Quante volte si era domandato perché lei avesse insistito nell’approfondire il loro rapporto, quando lui aveva usato tutte le sue forze per tenerla a distanza, lei e tutti gli altri.
Il coma nel quale era caduto per lui non era stato che un sogno, neppure tanto lungo a dirla tutta. Si era svegliato e lei era seduta di fronte al letto, leggeva a voce alta un libro che lui non conosceva, era seduta rivolta alla finestra, la testa appoggiata a uno dei braccioli della poltrona, una gamba ciondolava sull’altro. “Cosa leggi?” Le aveva chiesto.
Quando i loro occhi si erano incontrati, Shinjiro l’aveva vista stanca come mai prima di allora.
Era rimasta a bocca aperta per qualche istante, prima di cominciare a parlare. “Pensavo che non ci saremmo mai più visti in questa vita.” Il suo sorriso così sincero l’aveva spinto a tentare di andarle incontro, ma il suo corpo non aveva risposto come avrebbe dovuto: il braccio aveva scostato il lenzuolo a fatica, il resto del suo corpo era rimasto immobile. Si era lasciato sfuggire un sibilo di dolore e frustrazione.
“No, stai fermo, arrivo!” Aveva urlato Kotone, alzandosi di scatto e rischiando di cadere dalla poltroncina scomoda dell’ospedale.
Gli si era avvicinata a braccia aperte, Shinjiro ricordava ancora il suo abbraccio caldo, la delicatezza delle sue mani mentre sistemavano il lenzuolo, gli accarezzavano il viso.
Si chiese perché fosse ancora lì, di fronte a lei. Proprio quando si era convinto di avere accettato la morte, si era ritrovato a sperare di potere vivere.
Con fatica, Shinjiro alzò le mani e le posò sul viso di Kotone, che non si oppose, neanche quando il suo viso si avvicinò di più, neanche quando portò le sue labbra alle sue fino a baciarla.
Shinjiro strinse i pugni. Un tempo si sarebbe abbandonato alla rabbia, ma era cambiato da quando l’aveva vista morire: Kotone si era addormentata tra le sue braccia e non si era più svegliata. Le aveva promesso che avrebbe continuato a vivere, che le avrebbe raccontato ciò che avrebbe visto una volta dall’altra parte, perché ormai lui era certo che ci fosse un’altra parte, oltre alla vita. Non poteva credere che tutto smettesse semplicemente di esistere.
Aprì gli occhi e si lasciò inondare di ricordi: il computer sulla scrivania, le sue cuffie, i libri e la matita gialla con cui una volta gli aveva scritto un biglietto. “Stasera usciamo, non andare in giro, aspettami! Kotone.” Lui l’aveva gettato nella spazzatura, che sciocco.
Il suo zaino posato sulla sedia, la giacca invernale appesa al gancio.
Shinjiro aprì l’armadio e prese la sciarpa rossa che spesso indossava. La strinse tra le mani e si distese sul letto, pianse fino a dormire.
Quando si svegliò, fuori era buio. Shinjiro si alzò e si mise in ascolto: poteva sentire in lontananza le voci di Junpei e di Akihiko. Non avrebbe potuto evitare di vederli. Prese la matita gialla e la ripose nella tasca della giacca, mise al collo la sciarpa e uscì dalla stanza.
Scese le scale cercando di fare rumore per annunciare la sua presenza. Non voleva che qualcuno si spaventasse nel trovarselo di fronte come era già successo in passato.
“Shinji-” Mitsuru fu la prima ad avvicinarsi. “Come stai? Sono passati… giorni.”
Lui annuì. “Sono passato a prendere… un ricordo.” Indicò la sciarpa.
“Hai fatto bene a tornare.” Akihiko si avvicinò lentamente, come si fa con le creature selvagge quando non si vuole che scappino. “Resti con noi per cena? Stiamo preparando un… non so cosa in effetti, ma ce n’è anche per te.”
Desiderava andare via, continuare ad aggrapparsi al suo lutto e al dolore che provava in ogni istante, ma annuì e si lasciò guidare al tavolo dai suoi amici. “Grazie dell’invito.”
“Dove stai dormendo?” Mitsuru era sempre stata diretta.
“Ho dormito così tanto che ultimamente non ho molto sonno.” Tentò di scherzare, ridacchiando in modo forzato.
“Dormi qui, allora.”
Di nuovo, Shinjiro si ritrovò ad annuire.
Era certo che Akihiko desiderasse fargli un centinaio di domande, lo osservava mentre preparava la tavola. Sembrava nervoso, preoccupato, ma felice di vederlo.
Shinjiro si schiarì la voce: “Chi avrebbe mai immaginato che sarei arrivato vivo oltre il vostro diploma? Eppure eccomi qui!”
“Stai prendendo qualcosa?” Akihiko aveva un tono serio.
“No, da quando mi sono svegliato non ho preso i soppressori, né altro. Devo ammettere che mi sento un po’ meglio da quando è tutto finito.”
“Bene,” Mitsuru sorrise e alzò lo sguardo con prudenza prima di continuare. “Domani chiamo qualcuno, vorrei fare dei controlli con un medico per capire se è possibile aiutarti, se vuoi.”
“Mmh- ti ringrazio. Non ti prometto che mi farò di nuovo trattare come un esperimento da laboratorio, ma apprezzo per la proposta.” Shinjiro avrebbe voluto rispondere che non gli interessava della sua vita, che non se ne sarebbe fatto niente di sapere se sarebbe vissuto oppure no, ma doveva la sua vita a Kotone e l’avrebbe rispettata, avrebbe fatto del suo meglio per togliersi di dosso quel senso di colpa che si stava portando dietro da ormai troppo tempo. “Farò del mio meglio.”
Le cose non stavano andando così male. Shinjiro aveva iniziato la sua riabilitazione nell'ospedale dove era stato ricoverato durante il coma, inoltre aveva accettato l'aiuto di Mitsuru. Gli avevano fatto una quantità enorme di esami, aveva dovuto seguire diverse terapie per sopportare il dolore e per tentare di far regredire i suoi sintomi.
Dopo sei mesi, finalmente Shinjiro poteva dire di stare abbastanza bene. L'Ora Buia non esisteva più ormai, e la vecchia vita dei S.E.E.S. era rimasta nel passato.
I medici gli avevano spiegato che la sua condizione era migliorata proprio in virtù di questo mutamento nella realtà, che si era ripercosso anche nella sua condizione fisica.
Il telefono iniziò a vibrare e Shinjiro lesse il nome di Mitsuru, si sentivano spesso, ma in genere lei non lo chiamava. "Pronto, come va?"
"Ciao, direi che va bene! Ho sentito le buone notizie, pare che resterai con noi ancora un po' di tempo."
"Pare di sì, la terapia sembra funzionare, anche il dolore è diminuito parecchio."
"Io ti ho chiamato perché, lo sai: dobbiamo liberare la stanza. Io non vorrei, ma... Volevo chiederti se vuoi farlo tu, se desideri tenere qualcosa." Se lo aspettava. Immaginò quando la sua amica avesse aspettato prima di chiamarlo.
"Ci vediamo stasera."
Entrò per l’ultima volta nella stanza di Kotone sperando di ritrovare ancora il suo profumo nell'aria, che la sua presenza fosse ancora tangibile negli oggetti della stanza. Era passato troppo tempo, però, infatti il profumo era svanito. La stanza odorava di polvere, infatti il ragazzo aprì la finestra. Iniziò a riempire lo scatolone coi suoi libri, scorrendone le pagine in cerca di un appunto, di una frase. Aprì il cassetto della scrivania e cominciò a riporre gli oggetti. Si sentiva quasi in colpa per la sua intrusione, frugare tra le sue cose era sbagliato, ma lei non c'era più e non sarebbe tornata a sgridarlo.
Dentro il cassetto più piccolo c’era un contenitore con il simbolo dei S.E.E.S. disegnato a mano. Shinjiro lo aprì, rivelando delle lettere indirizzate a ciascuno di loro.
Prese la sua e si lasciò cadere a sedere sul letto. Le sue mani tremavano mentre strappava la busta.
Caro Shinjiro,
in questo momento stai dormendo. So che dormirai ancora a lungo, ma sono certa che un giorno ti sveglierai e forse chiederai di me. Io però in questi giorni mi sento molto stanca. Non sono certa che ci rivedremo. Sembra che gli altri si stiano dimenticando di ciò che è successo, temo che anche la mia memoria presto svanirà dalla loro mente e io, l'ora buia e il motivo per cui tu sei in coma diventeranno una domanda alla quale non saranno in grado di rispondere. Forse è meglio così. Nel cuore, spero che anche tu mi dimenticherai e vivrai nella serenità fino alla vecchiaia. La lettera è per me. Sono io che voglio dirti addio, vorrei che tu sapessi che senza il tuo pensiero, forse io sarei già svanita dai ricordi e dal mondo.
Strano il destino, vero? Né io, né tu abbiamo chiesto di avere un ruolo nella storia del mondo, invece eccomi qui a chiedermi perché proprio io.
Però sono contenta, sai? Perché anche se voi non saprete chi sono, io potrò portarvi tutti nel mio cuore. Saprò che ho contribuito a permettere agli altri e spero anche a te di vivere.
Mi mancherai, Shinjiro.
Tua, Kotone.
Shinjiro finì di riporre i suoi oggetti nelle scatole e uscì dalla stanza. “Ciao, Kotone.”
Chiuse la porta con un sorriso, e scese le scale. Non l’avrebbe mai dimenticata, ma proprio come lei stessa gli aveva chiesto di fare, non si sarebbe più fermato a rimpiangerla.