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Fandom: Persona 5
Personaggi: Ryuji, Makoto, Ann, Yusuke
Genere: Slice of life
Prompt: Cluedo
Partecipa al COWT 13



Una partita seria

Intorno al tavolo la tensione si poteva tagliare con un coltello, cosa che in effetti stava cercando di fare Ann che agitava il pugnale di plastica in dotazione col gioco in direzione di Yusuke, il quale osservava rapito i dettagli poco definiti del candeliere. Makoto invece stava osservando le gocce di sudore sulla fronte di Ryuji, che pareva confuso. “Hm, Hm…” Si schiarì la voce per ricordare all’amico che era il suo turno.
Lui annuì e si asciugò la fronte con una mano. Dopo qualche altro secondo di silenzio colpì il tavolo con la mano. Prese un oggetto dalla plancia di gioco e lo posizionò di fianco al suo investigatore. “È stata la rossa, intendo dire Scarlett, con il tubo di ferro in veranda!” Affermò con convinzione Ryuji. Makoto sospirò e gli passò una carta dalla sua mano.
“No! Ma questa l’avevo già vista…”
“Non è colpa mia se non hai ancora capito il gioco, Sakamoto.” La ragazza sembrava quasi irritata, al punto che Ryuji si sentì in obbligo di scusarsi. “Vuoi scriverti negli appunti che carta ti ho dato o pensi di chiamarla di nuovo al prossimo giro?”
Lui afferrò la penna e, tentando di tenere nascosto il foglio, scrisse qualcosa.
“Tocca a me!” Ann impiegò qualche secondo per confrontare le sue note con le carte che aveva in mano. “Secondo me è stato Mustard, in veranda, con la rivoltella!”
“E invece no!” Ryuji le passò una delle sue carte, sospirando nel tentativo di imitare Makoto. “Ma io non sono in biblioteca…” Gli rispose Ann bisbigliando, lui imprecò e le passò un’altra carta.
“Chi è che ha scelto questo gioco?” Domandò Yusuke, annoiato.
“L’ho scelto io!” Affermò Ann alzando la mano. “È divertente! Almeno quando non gioca questo idiota.”
Ryuji si lasciò sfuggire un lamento sconsolato. “Non è facile come sembra e questa è la prima volta che gioco.” Osservò tutti i suoi amici intorno al tavolo in cerca di un po’ di compassione, ma non raccolse molta compassione, in effetti sembravano quasi arrabbiati.
“Non ci vuole molto, basta mettere un po’ di serietà nel seguire le regole.” Il tono di Yusuke era sempre solenne, particolarmente adatto alla dichiarazione dell’investigatore.
“Da adesso faccio sul serio, lo prometto.”
Yusuke sollevò una mano attirando l’attenzione su di sé: “Ma ora la parola al detective Kitagawa: dichiaro che la Signorina Scarlett, conscia del tradimento dell’uomo che amava con Mrs Peacock, si è recata in sala da ballo e ha discusso con lui in modo animato, venendo alle mani prima di ucciderlo in uno scatto d’ira con la rivoltella che aveva portato con sé.”
“Complimenti per l’interpretazione, io non ho niente.” Ann si voltò verso Ryuji, che scosse la testa. “Neppure io.”
“Hai controllato bene?” Chiese allora Yusuke, dando voce al dubbio di tutti gli altri partecipanti.
“Sì, non sono un completo idiota. Ho detto che faccio sul serio, lasciatemi in pace.”
“Ne ho una io.” Makoto gli passò una carta coperta, la mano tesa a recuperarla in fretta. Aveva preso la partita a Cluedo con una serietà che gli altri non si aspettavano.
A dire la verità fino in fondo, quando Ann aveva proposto di fare una partita tutti insieme avevano pensato tutti che Makoto, da studentessa seria e impegnata, avrebbe salutato tutti per correre a studiare qualcosa di troppo complicato persino da spiegare ai suoi compagni di squadra. Quando però la sua amica aveva menzionato Cluedo, gli occhi di Makoto si erano illuminati e lei si era offerta di preparare un tè caldo da bere tutti insieme nel corso della partita.
Era inusuale che loro quattro si incontrassero insieme, soprattutto a casa di Ann e in assenza di Ren, ma quel pomeriggio si dovevano accordare su una piccola sorpresa per il loro leader, i cui preparativi si erano conclusi prima del previsto, lasciando loro sufficiente tempo libero da passare insieme prima di tornare a casa.L’idea del gioco era stata di Ryuji, che però non si aspettava di dover ragionare così tanto. Mi è venuto mal di testa da quanto ho pensato… Sarebbe stato più facile proporre di studiare qualcosa. Aveva confessato, dopo il primo giro di gioco. Makoto, al contrario, aveva mantenuto un’espressione compiaciuta sin da quando le erano state consegnate le sue carte. Dal primo istante, tutti loro sapevano che la loro amica avrebbe vinto. Se non per le sue buone doti di concentrazione e di deduzione, anche per l’impegno che stava mettendo nella partita.
“Ora tocca a me. È ora di finire la partita.” Makoto si alzò in piedi e puntò il dito contro la pedina di Scarlett. “Il detective Sakamoto era quasi arrivato alla soluzione del caso, ma non si è accorto di un piccolo particolare: Certo che è stata la signorina Scarlett. La sua sola presenza nella villa di Mr. Black avrebbe dovuto far suonare qualche campanello di allarme nelle teste di voi detective. Così come è certo che l’omicidio è avvenuto in veranda. L’arma del delitto invece, quella era stata indovinata dagli altri due detective: era una rivoltella. Sarebbe bastato osservare il cadavere del signor Black con un po’ più di attenzione per trovare la risposta.”
I tre ragazzi, che non si aspettavano che la loro amica si calasse nel ruolo di detective e stesse al gioco in modo così convincente, rimasero in silenzio per qualche istante prima di confermare di non avere le carte richieste da Makoto in mano.
Lei quindi prese la busta dal centro della plancia e mostro loro la soluzione del caso. “Come tutti si aspettavano la grande detective White, detta Queen, chiude il caso.” Makoto sollevò le braccia in un gesto di esultanza.
“Brava Queen!” La incitò Ann.
“Facciamo un’altra partita?” Chiese quindi la vincitrice.
“Io sì, per favore” Accettò Ryuji. “Questa volta giuro che mi impegno, lo prometto.”

Equilibrio

Mar. 14th, 2023 10:55 pm
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Fandom: Persona 5

Personaggi: Makoto Nijima, Phantom Thieves, Sae Nijima

One Shot

Prompt: Trovare Equilibrio 

Parole: 1022 

Partecipa al COWT 13


Equilibrio


Makoto aveva sempre pensato di avere uno stile di vita equilibrato: non mangiava sregolato, frequentava la scuola con regolarità e studiava di volta in volta sempre un po’ più di quanto necessario. Le stava bene così.

A casa, preparava la cena a Sae e teneva pulito. Le pareva il minimo visto che sua sorella si prendeva cura di lei in modo a dir poco eccellente da quando erano rimaste orfane. Non si lamentava, perché non credeva di averne il diritto. Le poche volte in cui aveva provato a riferire la sua opinione l’aveva fatto con voce flebile e con poca convinzione, perché in fondo sapeva di essere una ragazzina agli occhi di Sae e del mondo.

Fino poche settimane prima, Makoto aveva seguito le regole che si era imposta senza troppe difficoltà, ma da quando il preside Kobayakawa le aveva dato il compito confidenziale di seguire i Phantom Thieves, la sua vita era cambiata. Non in meglio, anzi.

Aveva i suoi sospetti, erano parecchi nomi all’inizio, ma nel giro di pochi giorni la maggior parte dei presunti colpevoli erano stati depennati dalla sua lista. La sua vita aveva iniziato a cambiare quando Makoto aveva deciso di seguire Sakamoto, che quel giorno per puro caso era in compagnia di Ann Takamaki, anche lei nella sua lista. Erano due ragazzi del secondo anno che avevano avuto tensioni con Kamoshida. Il primo aveva litigato col professore e l’aveva criticato apertamente più di una volta, causando anche lo scioglimento della squadra di atletica e attirandosi addosso le ire di mezza scuola. La seconda invece era in rapporti più intimi con Kamoshida, ma il giorno della confessione del professore si era rivolta a lui con critiche che dimostravano quanto invece lo disprezzasse.

Makoto pensava che i due ragazzi fossero immaturi e incapaci di vivere con equilibrio la loro vita studentesca. Quel pomeriggio erano usciti per bighellonare in giro. Erano rumorosi e non avevano interesse per l’ambiente che li circondava. Più di una volta la ragazza li aveva sentiti scherzare su come avrebbero di certo fallito gli esami dimostrando di non avere alcun interesse o pensiero nei confronti del loro futuro.

Makoto all’inizio si era sentita triste per loro e aveva pensato che avrebbe potuto aiutarli, avrebbe potuto insegnare loro l’equilibrio e la scelta del giusto cammino per vivere con successo, ma era chiaro che loro non avrebbero mai accettato il suo aiuto. Almeno così si giustificava, perché non aveva intenzione di aggiungere ai suoi numerosi e stancanti impegni anche la redenzione di quei due ragazzini, non era il suo compito farlo.

Continuava a seguirli per cercare un motivo per scartarli, ma non ci era ancora riuscita e più li seguiva, più si interessava alle loro vite, ai loro discorsi leggeri e al modo serio che avevano di affrontare sciocchezze come lo "scegliere il dolce perfetto”.

I problemi veri, però erano iniziati con Amamiya. La prima volta che l’aveva seguito, era insieme a Sakamoto. Makoto aveva osservato come il comportamento di quel mezzo teppista cambiava in presenza di Amamiya, al punto da farlo sembrare una persona migliore. Al punto che Makoto si era convinta che Sakamoto non fosse una causa persa.

Da quel giorno aveva iniziato a seguire Amamiya e l’esperienza si era rivelata interessante, perché quel ragazzo aveva amici particolarmente variegati: l’aveva seguito quando era andato a fare compere al centro commerciale con Takamaki, l’aveva osservato lavorare con impegno e dedizione, l’aveva ammirato mentre studiava senza perdere la concentrazione in biblioteca. Una sera l’aveva persino notato mentre aiutava un anziano politico durante un comizio.

Makoto non riusciva a inquadrarlo e la cosa non le piaceva, ma non le permetteva di allontanarsi da lui, che più di una volta con atteggiamento serafico le si era avvicinato per salutarla e per farle capire che sapeva della sua presenza. Amamiya si impegnava con lo studio e col lavoro, ma non disdegnava un po’ di divertimento; riusciva a non preoccuparsi troppo di ciò che tutti a scuola pensavano di lui, scherzando sul suo passato criminale. Ren sembrava vivere in modo molto più equilibrato di lei e per questo lo odiava.

Una sera Makoto era tornata a casa e aveva iniziato a cucinare come faceva ogni sera e la sua vita le era sembrata vuota, meccanica. Mentre ripassava gli argomenti di studio, in cucina, si era chiesta se davvero quelle conoscenze l’avrebbero portata dove desiderava e per un attimo aveva pensato di uscire con un’amica, magari di andare a passare due ore al cinema o semplicemente di fare un giro per la città, ma si era resa conto di non avere compagne che l’avrebbero accompagnata.

Persa nei pensieri, aveva guardato l’uovo cuocersi, sfrigolare e bruciarsi.

All’arrivo di Sae, le due avevano ripetuto una sera di più la conversazione che ormai era sempre la stessa:

“Come è andata al lavoro?”

“Stanca, e tu, a scuola? Hai studiato?”

“Sì.”

Makoto avrebbe voluto fare tante domande alla sorella: Come hai fatto a scegliere la tua strada? Sei felice? Cosa devo fare?

Ma taceva di fronte all’espressione severa e stanca di Sae.

Poi la sua vita era cambiata davvero, quando si era infine unita ai Phantom Thieves. La sensazione che aveva sentito quando la sua Persona si era risvegliata era stata la più bella che avesse mai provato: libertà. Si era sentita viva e finalmente utile a qualcosa.

Aveva messo da parte lo studio, mettendo in dubbio tutto ciò che fino a quel momento l’aveva resa Makoto, non si riconosceva quasi più, ma non poteva dire che la cosa le dispiacesse così tanto, perché non era felice e non stava agendo per se stessa, ma per soddisfare le aspettative che il mondo adulto e Sae avevano nei suoi confronti.

Era stato Ren a farle trovare una prospettiva differente, mettendola di fronte alla possibilità di cambiare il suo futuro per realizzare ciò che desiderava davvero, e Makoto si era sentita improvvisamente motivata.

Il futuro non sarebbe stato semplice, perché il suo sogno era grande, ma finalmente sentiva di avere la forza e l’equilibrio necessari per riuscire a realizzarlo.


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Fandom: Persona 5
Genere/tipo: One shot, generale
Prompt: Luoghi di Nocturnia
Partecipa al COWT10!

In Cucina con Ale

 

Makoto in vacanza si sentiva libera. La parte di lei attenta a fare sempre la cosa giusta le lasciava la libertà di non preoccuparsi continuamente dei doveri e dello studio, in fin dei conti le vacanze erano fatte per rilassarsi e lei era umana come tutti.

 

Aveva deciso di viaggiare da sola e aveva scelto l'Italia, nonostante in molti le avessero detto che quasi nessun italiano parla inglese in modo comprensibile e lei odiava non riuscire a farsi capire. 

Aveva prenotato alcune esperienze, il sito del turismo le chiamava così. E quella sera era in attesa della più strana: Cucina con Ale al ristorante Cucina con Ale.

Stava rileggendo le regole con attenzione: vi sarà fornito un grembiule e un cappello, e in cucina troverete ogni tipo di utensile per dare sfogo alla vostra creatività culinaria.

 

Makoto non cucinava come una cuoca provetta, ma non era così incapace e desiderava affinare le sue doti nella cucina occidentale. Era stata accolta da un uomo affascinante: alto, coi capelli scuri e folti e gli occhi penetranti.

- Buonasera, io sono Ale - le aveva detto nel suo italiano sensuale e Makoto non aveva potuto far altro che sorridere come una sciocca e dire il suo nome.

Una volta in cucina, in un inglese fluido lui le aveva chiesto cosa lei desiderasse cucinare. Makoto gli aveva detto che aveva sempre voluto imparare a fare il risotto. 

- Molto bene, allora stasera faremo il risotto.

L'uomo le aveva spiegato tutto il procedimento in modo eccellente. Makoto aveva preso appunti e assaggiato i sapori sotto la sua guida di cuoco eccellente. Col piatto di risotto fumante, poi, lei era andata ad accomodarsi a uno dei tavoli, notando che in sala c'erano altri tre clienti che stavano chiacchierando tra loro, coi piatti vuoti di fronte. 

Dopo aver mangiato, la ragazza era andata a fare due chiacchiere con gli altri clienti, che le avevano confermato di aver comprato il suo stesso pacchetto. Le avevano spiegato che quella sera tutti insieme avrebbero cucinato i loro piatti per i clienti veri del ristorante, cosa che la ragazza aveva trovato un po' strana, quasi assurda: veramente aveva pagato per lavorare al ristorante di quell'Ale?

In effetti alla fine in cinque erano stati messi ciascuno nella propria postazione e sotto la guida costante di Ale avevano passato la serata a cucinare e ad assaggiare, a imparare e a ridere nella grande cucina professionale del ristorante. 

Makoto alla fine si era resa conto di aver passato una delle serate più divertenti della sua vita e, anche se un po' continuava a pensare che l'uomo li avesse sfruttati, non poteva non ammettere che l'avrebbe rifatto, pagando di nuovo. 

Finalmente sapeva come fare il risotto, e non solo quello.

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Fandom: Persona 5
Parole: 866
Partecipa al COWT9
Prompt: La Papessa

Note: In Persona 5 ogni personaggio è associato a uno degli arcani maggiori, che ne determina le caratteristiche.
 

 Vivere o morire

Stai tranquilla: funzionerà. 

la voce di Ren continuava a rimbombarle nella testa. Doveva fidarsi, doveva credere che il piano sarebbe andato bene e smetterla di avere tutti quei dubbi, ma Makoto non riusciva a togliersi di dosso il brivido freddo dato dal lento scivolare alle sue spalle della parola morte. 

Makoto continuava a pensare a un piano b, a qualcosa che l’avrebbe salvato di sicuro, ma non riusciva a trovare una soluzione. Vivere o morire, è l’unico modo.

Mancavano solo due giorni. In due giorni avrebbe dovuto guardarlo negli occhi e lasciarlo al suo destino, sperando che lui fosse abbastanza forte, abbastanza in sé da convincere Sae.

Sae, sua sorella. Avrebbe potuto provare lei a convincerla, lasciarle qualche indizio in giro per casa. E se invece avesse peggiorato la situazione? Makoto sapeva bene che non avrebbe dovuto parlare troppo, perché un suo errore sarebbe stato fatale alla missione. Sua sorella era stata accecata dal desiderio di dimostrare il suo valore, aspirava a essere perfetta e questo senza che lei se ne fosse resa conto l’aveva messa fuori strada, rendendola una specie di burattino nelle mani dei suoi superiori che oltre ad averla usata per darla in pasto ai fan dei Phantom Thieves, ora stavano usando persino il suo palazzo, il suo cuore, e come fine ultimo avevano l’uccisione di un gruppo di ragazzi, tra i quali forse presto avrebbe scoperto esserci anche sua sorella.

 

Makoto era sempre stata una persona razionale, ma nell’ultimo periodo aveva capito che molto spesso le scelte razionali sono dipendenti da quella parte nascosta di noi che crea il mondo cognitivo. Cambiare la sua percezione di se stessa, mettere Sae nella condizione di capire che stava sbagliando avrebbe potuto far crollare il palazzo e rendere il loro articolato piano un fallimento completo. In quel caso cosa avrebbero fatto? 

 

La sua visione del mondo era cambiata in modo più che drastico da quando era diventata una dei Phantom Thieves. L’esistenza del mondo cognitivo dava una profondità alla forza della mente umana che lei aveva immaginato, ma della quale non avrebbe mai pensato di poter avere le prove.

 

Era certa di una cosa, però: comunque fosse andata, Akechi avrebbe pagato. Un brivido le passò lungo la schiena nel momento in cui si immaginò a ucciderlo, perché l’avrebbe fatto, senza alcun dubbio, se lui avesse davvero ucciso Ren.

 

Non era mai stata favorevole alla pena di morte, ma il pensiero si era insinuato nella sua mente nel dormiveglia, quando il suo cuore era più debole. Nell’ultimo periodo, da quando avevano avuto la certezza del tradimento di Akechi, Makoto aveva pianto ogni giorno anche se non si era mai fatta vedere. Succedeva sotto la doccia quando la carezza tiepida delle gocce d’acqua le toglieva di dosso la tensione che la faceva andare avanti in quel periodo e in questo modo la privava della sua maschera, della sua sicurezza e della sua razionalità.

 

È così che i desideri si distorcono? Pensava.

Era probabile che questo suo desiderio di vendetta avrebbe cambiato anche il suo cuore se lei non avesse trovato un modo per fermarlo. Se avesse davvero ucciso Akechi non avrebbe mai potuto perdonarsi, questa era la verità, ma c’era quella parte di lei, quella che si risvegliava quando il cervello di Makoto abbassava la guardia, che appariva sempre più spesso e che lei razionalmente non riusciva a scacciare.

 

La giustizia non l’avrebbe mai punito, questa era una certezza. Akechi sarebbe stato un eroe per il resto della sua miserabile esistenza e lei non avrebbe potuto fare niente per impedirlo. Sarebbe stata una pazza ad andare a spiegare che le cose erano diverse da come erano state mostrate a tutti.

 

Aveva parlato agli altri del suo proposito, sempre come se fosse stata un’idea da delineare, quasi uno scherzo o un’eventualità vicina all’impossibile, ma dentro di sé Makoto cercava conferme. 

 

Non ne aveva avute. Sperava che almeno Haru capisse. Lei, che avrebbe in quel modo vendicato suo padre. Haru, però, aveva un animo mite, era la gentilezza fatta persona e aveva risposto a Makoto che non avrebbe mai potuto farlo, che era debole e incapace di azioni così forti.
Non farlo, Makoto. Aveva ragione, anche se le costava molto ammetterlo.

 

Morgana era fuori di sé in quel periodo, il suo essere solo un gatto nel mondo reale gli impediva di essere veramente d’aiuto a Ren e la cosa lo stava rendendo troppo nervoso.

Io se potessi lo farei, ma tu non farlo, Makoto. Ti distruggerebbe.

Tutti avevano la stessa risposta pronta per lei: Salva te stessa. Solo che lei non riusciva a stare lì con le mani in mano: aveva bisogno di mantenere il controllo della situazione e in quel momento non era possibile, avrebbe fatto bene a rassegnarsi e a fidarsi di Ren, del resto se c’era una persona alla quale Makoto avrebbe affidato la sua vita, sarebbe stato lui, l’aveva già fatto e non se n’era pentita.

Quindi si sarebbe fidata di lui, così come avrebbe cercato di credere in Sae e nella sua capacità di riconoscere la giustizia e la sincerità, dote che aveva dimostrato di avere in passato e che non era del tutto persa, Makoto ne era convinta.

 

Il piano avrebbe funzionato.


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Fandom: Persona 5
Personaggi: Makoto Niijima, Sae Niijima 
Parole: 530
Partecipa al Cowt9

 
Take your heart!


 
 

Makoto si sentiva estremamente colpevole per come si stava comportando con sua sorella. Da quando era diventata una dei Phantom Thieves le aveva tenuto nascoste molte cose: aveva mentito, l'aveva usata. Raccogliere i dati dal suo computer e darli a Futaba era stata la scelta giusta, ma a che prezzo per Makoto? Faceva fatica a guardare la sorella negli occhi, la sentiva distante, sempre più frustrata per come quel caso, che le riguardava entrambe, stava procedendo. 

Le giornate di Sae al lavoro erano sempre più lunghe. Quando tornava la sera, Makoto la vedeva sempre più stanca, sempre meno motivata dalla passione, semmai sembrava essere la rabbia a muoverla, pareva che ciò che la faceva alzare dal letto la mattina non fosse più l'amore per la giustizia, ma il desiderio di far vedere ai suoi capi quanto valesse. Makoto l'aveva capito anche dai discorsi che le faceva ogni volta che si vedevano: era diventata una specie di automa.

 

Quando Makoto aveva aperto l'app di navigazione nel suo cellulare, non era sicura di ciò che stava facendo. L'idea le era venuta quando in un lampo aveva pensato che a Sae avrebbe fatto bene un cambio di cuore. L'aveva cercata nei Memento, ma non l'aveva vista ed era sempre più convinta che potesse avere un Palazzo. Desiderava sbagliarsi, voleva che l’app non le desse ragione. Invece

aveva detto il suo nome e aveva avuto la conferma.

Quando era successo? Quando Sae aveva perso la strada?  Quando il suo desiderio si era distorto?

 

Makoto era sempre stata razionale, sapeva che piangere non avrebbe aiutato a risolvere il problema, ma sapeva anche che non c'era altro che potesse fare in quel momento. Non riusciva a fermare le lacrime, sembravano trovare la loro strada senza fatica, senza permettere alla parte razionale della ragazza di comandarle. Per una volta, Makoto non aveva una risposta. 

Piangeva senza sosta, senza sapere cosa dire agli altri, perché non c'era niente che loro potessero fare. Avrebbe voluto chiedere ai ragazzi di andare a rubare il suo tesoro, ma si sentiva egoista, non poteva chiedere una cosa del genere, soprattutto non dopo quello che era successo al signor Okumura. Haru non parlava molto, ma Makoto immaginava quanto stesse male dopo aver perso suo padre, soprattutto sapendo che forse avrebbe potuto evitare che succedesse.


E se a Sae fosse capitata la stessa cosa? No, Makoto non poteva neanche immaginarlo. Sua sorella era l'unica famiglia che aveva e lei non era disposta a perderla per nessuna ragione al mondo. L'avrebbe salvata con il suo affetto, le avrebbe parlato e l'avrebbe aiutata. Non era troppo tardi per Sae.

Makoto piangeva e cercava risposte, soluzioni. Il suo era un pianto controllato, ma continuo. Non riusciva a smettere, non trovava pace. 

Aveva bisogno di pensare, ma la sua testa era annebbiata dalla tristezza e tutto ciò che riusciva a fare era dare sfogo ai suoi sentimenti. Dare una forma alle sue paure con quelle lacrime che le bruciavano sulle guance e che le arrossavano gli occhi.

Tra le lacrime l’unico pensiero che riusciva a formulare era la risposta: Per Sae lei avrebbe fatto di tutto. L’avrebbe salvata, anche a costo di prendere il suo cuore da sola.

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