I Maledetti
Mar. 1st, 2019 12:04 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Fandom: Originale
Genere: Soprannaturale (Vampiri)
Oneshot
I Maledetti
Tutti i bambini crescono, meno uno. (J.M. Barrie, Peter Pan)
Un mostro: a soli quattro anni suo figlio non era altro che un mostro.
Il dottor Verri stava osservando il piccolo Emilio, sangue del suo sangue, che dormiva nascosto nel buio della sua stanza. Quella mattina aveva tentato di tirarlo su dal letto, ma Emilio aveva ringhiato quando il padre l’aveva preso di peso per portarlo fuori dalla sua camera, si era disperato invece quando aveva aperto le serrande per fare entrare la luce.
Il bambino aveva emesso un urlo così forte da indurre il padre a richiudere il tutto in fretta. Sudava freddo, già da qualche giorno.
Il ricordo di ciò che era accaduto pochi giorni prima era ancora vivido nella sua mente: Angela, sua moglie, aveva fatto un incidente. Il dottor Verri era corso in ospedale con il piccolo Emilio per vedere come stava e l’aveva trovata sul letto, al buio, con una flebo in vena. L’aveva visitata e aveva subito constatato che qualcosa non andava, qualcosa era sbagliato in ciascuno dei risultati che rilevava dalle misurazioni. Era tornato il giorno dopo e quello dopo ancora e le cose non erano migliorate. L’aveva lasciata nella stanza con il figlio ed era andato a chiedere maggiori spiegazioni a chi l’aveva visitata.
Al suo ritorno, Emilio era a terra, sanguinava dal collo e dalla bocca. Angela era per terra di fianco al figlio, la bocca sporca di sangue.
“Ti voglio bene, resta con me…” Aveva detto Angela al piccolo, per poi rivolgersi al marito: “Mi dispiace tanto.” A quel punto Angela aveva preso il figlio in braccio e aveva tentato di uscire, ma il dottor Verri era riuscito a fermarla, a prendere il bambino dalle sue braccia mentre urlava di chiamare un dottore, una guardia, un’infermiera. Angela appariva stanca, sconvolta e indebolita dalla luce che aveva trovato una volta fuori dalla sua stanza buia.
Si era fermata e aveva iniziato a piangere.
Quella notte, sua moglie era andata via dall’ospedale. Sparita come fumo nella notte. Nessuno l’aveva vista uscire, nessuno l’aveva notata nei corridoi, le porte erano rimaste chiuse. Eppure lei non c’era più. Aveva lasciato la finestra aperta come se avesse deciso di saltare dal sesto piano dell’ospedale per andare a trovare la pace che in quegli ultimi giorni pareva aver perso. Sembrava in costante lotta col mondo e con se stessa. C’erano stati dei segnali? Si chiedeva il dottore. Evidentemente no.
Una parola si continuava a formare nella mente del dottore, ma aveva troppa paura per pronunciarla. Una parola da film, da romanzo per ragazzi, da folklore: Vampiro.
Il dottore continuava a scacciare l’idea balorda che però continuava a ripresentarsi da quando Emilio aveva iniziato a reagire in quel modo alla luce, da quando aveva iniziato a cambiare colorito, come era successo alla madre.
Emilio appariva normale, il padre lo osservava dormire e il suo viso era sereno, disteso. Ma c’era ancora qualcosa che non andava. Non stava respirando. Non si muoveva, era morto. Era morto?
Il padre gli aveva cercato il battito premendo sul collo di Emilio con due dita. Non c’era battito. Il dottor Verri aveva fatto due passi indietro. Quando il figlio aveva aperto gli occhi, il padre era arretrato ancora. Gli occhi lucidi di pianto, di paura, di incredulità. Poteva essere vero? Un vampiro, veramente?
In quel momento, Angela era entrata nella stanza. Il suo volto appariva luminoso, il suo sorriso era sereno e sincero. Era bella, bella come quando l’aveva conosciuta. Aveva perso la stanchezza data dalla vita quotidiana, dal lavoro, dallo stress familiare.
“Ciao, Gianluca.”
Il dottor Verri non riusciva a proferire parola, aveva la bocca aperta ed era congelato dal terrore, aveva paura dei suoi pensieri, di quelle conclusioni insensate a cui aveva dato voce e che ora gli sembravano quasi verosimili.
Sua moglie era una vampira?
Non era possibile.
I vampiri non esistono, sono solo leggende popolari.
Il dottor Verri si ripeteva che tutto ciò che stava vivendo poteva molto più verosimilmente essere un incubo, non certo la realtà.
Forse stava sognando, un lungo incubo che gli aveva fatto perdere tutte le persone che amava di più, quelle che nell’ultimo periodo aveva un po’ dato per scontate nella sua vita.
Eppure lui si sentiva vivo, sveglio. Il suo cuore martellava come non mai nel petto, il respiro era veloce, l’adrenalina era in circolo e lui era pronto a scattare, a scappare, a urlare.
“Non c’è una cura, vero?” Aveva chiesto Angela, con un’espressione rassegnata.
Il dottor Verri aveva deglutito. Si sentiva la bocca impastata, faceva fatica a parlare. “Cosa ti è successo?”
Angela aveva iniziato a parlare. “Cosa è successo, chiedi? Non sono sicura di ricordarmelo bene, è tutto così confuso… Durante la trasformazione facevo fatica anche a ricordarmi di voi, quando arrivavate nella stanza sentivo i vostri odori e mi chiedevo dove li avessi sentiti prima. A vedervi, pensavo di dovermi ricordare qualcosa, ma solo concentrandomi bene la memoria di voi tornava. Ero confusa, stanchissima. La luce mi faceva stare male. Il cibo mi dava la nausea. Quando mi hai lasciata sola con Emilio, lui è corso ad abbracciarmi appena tu sei uscito dalla stanza. Io dormivo, credo, o comunque ero incosciente in quel momento. Non so come si chiami il nostro sonno.
Il suo profumo mi ha svegliata. È arrivato a me prima della memoria di mio figlio. La mia parte istintiva ha reagito mordendolo.
Mi dispiace.
Ora mi ricordo di voi. Ricordo a fatica dell’incidente, ma so che qualcuno era in piedi di fronte alla mia macchina e che quel qualcuno mi ha fatta fermare, mi ha morsa, mi ha lasciata in fin di vita. Ricordavo che mi avesse fatto bere il suo sangue, per questo ho fatto lo stesso con Emilio.”
“L’hai condannato.” Il dottor Verri non capiva come in una settimana avesse perso prima la moglie e poi il figlio. Era rimasto solo in quella casa, solo.
“Lo terrò al sicuro. Staremo bene. Verremo a trovarti, se lo desideri.”
Gianluca Verri era terrorizzato, ma aveva fatto qualche passo in direzione della moglie e aveva allargato le braccia. Non era sicuro che lei fosse sincera, ma aveva bisogno di lei, del suo calore umano che forse era andato per sempre.” La donna, per quanto fosse ancora possibile definirla tale, l’aveva abbracciato. Era fredda, ma il suo contatto non era così terribile per l’uomo, sembrava una bambola di porcellana. “Tienilo con te, non lasciare che gli succeda qualcosa di male.”
“Sono sua madre.”
“Come vivrete?”
“Non farmi questa domanda. Non lo so. Ho evitato di pensarci per ora, ho scoperto che non devo mangiare spesso e che non devo necessariamente uccidere per sopravvivere.”
“Pensi che riuscireste a vivere qui con me?” Il dottor Verri osservava la moglie, che aveva un sorriso dipinto nel volto etereo. Era preoccupato, ma sentiva crescere in lui una sorta di serenità mentre pensava alla loro vita futura, mentre pensava che potevano essere insieme, nonostante tutto.
“Pensi che saresti tranquillo stando sotto lo stesso tetto di due vampiri in un appartamento?” Lei aveva riso.
“Penso che ci trasferiremo in una casa con una bella cantina.”
Angela sembrava felice. “Non adesso, però. Devo insegnargli a vivere. Molte cose sono… diverse.”
Emilio si era alzato dal letto, li osservava con agitazione, forse preda di sentimenti contrastanti, di sensazioni complicate.
Angela aveva preso per mano il loro bambino, quel piccolo mostro che sarebbe vissuto per sempre senza crescere, senza conoscere l’amore e l’adolescenza. Gianluca si era chiesto che cosa avrebbe fatto, come avrebbe spiegato l’assenza della moglie e del figlio, come avrebbe giustificato l’asilo?
Ci avrebbero pensato insieme, in quel momento la cosa più importante era cercare una bella casa con una cantina spaziosa.