Feb. 22nd, 2020

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One shot
prompt: Mitologia irlandese/celtica
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Informazioni prese da https://www.irlandando.it/cultura/cultura-e-tradizioni/mitologia-celtica/piccolo-popolo/



Miggo e Rusk

Miggo il Voghee Lyno era stato svegliato dal suono del violino e nella melodia aveva riconosciuto la preferita di Rusk, il Dukko, che coi suoi simili rappresentava i suoi acerrimi nemici.

Erano anni che i due si scontravano in giro per i boschi e Miggo non aveva alcuna intenzione di farsi trovare e di rovinare quella giornata di relax, quindi aveva ficcato nel borsone il suo libro e il fondo di birra che gli era rimasto e aveva iniziato a camminare lento, senza fare rumore, per fuggire al suo nemico.

Mentre camminava staia cercando di ricordare cosa avesse rubato nell’ultimo periodo, ma a esclusione di una padella di rame che aveva chiesto e che gli era stata donata da una fata gli pareva ci fosse altro. C’era il libro, certo, ma quello l’aveva trovato posato sulla roccia in mezzo alla radura deserta, era suo di diritto, infatti l’aveva letto direttamente all’ombra di quella stessa roccia senza di certo preoccuparsi che qualcuno sarebbe accorso a reclamarlo. Avrebbe fatto meglio a farsi scrivere una liberatoria dalla fata per quella padella, invece,  perché Rusk era davvero un rompiscatole con il suo desiderio di fare del bene che lo rendeva cieco al buonsenso: i folletti come lui erano fatti così, un po’ cleptomani, ma non potevano farci niente, non era una colpa, ma un difetto di creazione. 

Avrebbero potuto essere amici, Miggo l’aveva sempre pensato. Lui avrebbe procurato la birra e avrebbe letto i libri umani mentre Rusk avrebbe potuto suonare il suo violino e mangiarsi le sue bacche. Insieme sarebbero stati una bella squadra: con Miggo a prendere in prestito come sapeva fare lui e Rusk a restituire il maltolto sotto compenso, visto che lui era quello buono e si faceva pagare per fare il giustiziere, e quella non era un’estorsione, proprio no.

 

 

 

Rusk aveva visto Miggo dormire dietro la roccia, coperto dal libro che ondeggiava sulla sua pancia tonda e che aveva appena preso in prestito, probabilmente. Gli si era avvicinato senza fare rumore e per un attimo aveva pensato di recuperare la padella che spuntava dal suo borsone senza farsi sentire, ma alla fine aveva deciso di lasciar perdere. Quasi tutti tra i Voghee Lyno erano folletti di dubbia moralità, ma Miggo gli era sempre parso diverso: quando l’aveva sfidato a restituire ciò che aveva rubato era sempre stato abbastanza sincero e non erano mai dovuti arrivare alle mani, cosa non troppo scontata quando si aveva a che fare con quei truffatori dispettosi. 

Rusk si era sentito magnanimo di fronte al pensiero di lasciarlo andare, in fin dei conti aveva il borsone carico di frutta fresca e il sole di quella giornata di primavera era così bello e tiepido che forse avrebbe preferito mettersi a suonare il suo violino su un ramo e mangiare le sue bacche, piuttosto che combattere con l’unico tra i suoi nemici che, a volte, era felice di vedere. 

Quando l’aveva visto svegliarsi di soprassalto e fuggire in silenzio, Rusk aveva sorriso pensando che forse in un mondo diverso avrebbero potuto diventare amici.



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Fandom: Harry Potter
Personaggi: Harry Potter, Peter Pettigrew, Sirius Black
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Prompt: neonato


Il padrino di Harry

 

Peter Pettigrew aveva stretto tra le braccia Harry per la prima volta il dieci agosto. Aveva soltanto pochi giorni di vita e già il peso enorme della profezia gli gravava addosso.

Gli aveva pulito la bocca con un bavaglio mentre cercava di farlo sorridere con le espressioni più sciocche che riusciva a mostrargli.

 

James e Lily stavano parlando con Silente nella stanza accanto e Sirius continuava a camminare avanti e indietro, incapace di calmarsi. Era evidente che il suo nervosismo unito alla mancanza della madre non stessero facendo bene al piccolo Harry, che lentamente stava passando dalla tranquillità al terrore.

“Sirius, fermati un attimo, vieni qui con noi.”

“Non posso, non riesco a stare tranquillo… Tu come ci riesci?”

Ma in quel momento Harry aveva incrociato lo sguardo con quello di Sirius, che fu come catturato dal figlio dei suoi migliori amici. Il neonato non poteva certo avergli davvero sorriso, era troppo piccolo, ma Sirius in lui aveva rivisto l’espressione di James e gli si era avvicinato, ipnotizzato dai suoi vivaci occhi verdi.

“Dallo a me, Peter.” 

“No, Harry è con me e resta qui.”

Sirius aveva iniziato a rivolgere a Harry delle smorfie infantili che in genere negli adulti considerava sciocche, non riusciva a farne a meno, impegnato com’era a farsi osservare e a tentare di catturare l’attenzione del neonato che rispondeva alle sue smorfie con uno sguardo curioso.

Sirius si era avvicinato a braccia tese e Peter aveva stretto il bambino più forte. Sentendo la tensione tra i due, Harry iniziò a lamentarsi e Sirius approfittò del momento di smarrimento di Peter per prenderlo in braccio. Si sentiva impacciato, tanto che non era ben sicuro di come farlo stare comodo: lo tenne a penzoloni per qualche secondo per poi chiedere aiuto a Peter, che alzò gli occhi al cielo mentre gli spiegava come cullare il neonato. Harry sembrava apprezzare la presenza di Sirius, infatti si calmò subito e in pochi istanti si addormentò profondamente. 

A Sirius non piacevano i bambini, o almeno così aveva sempre detto e pensato, ma con quel marmocchietto sentiva di avere un legame profondo.

Si ricordava di quando James e Lily gli avevano detto di aspettare un bambino. La sua reazione era stata di rabbia e non di gioia come loro aveva immaginato. Sirius si era chiesto come avessero potuto pensare a un figlio in quel periodo? Con tutti i membri dell’Ordine presi di mira dai Mangiamorte, uccisi e Cruciati. 

Solo in quel momento stava cominciando a comprendere che invece era importante avere qualcuno per cui lottare. Che l’amore e la speranza sarebbero stati in grado di donare a tutti loro la forza di combattere i Mangiamorte e di vincere quella guerra che andava avanti da troppo e non poteva, non doveva fermare le loro vite. 

Avrebbe detto ai suoi amici che era felice per loro e che anche lui avrebbe combattuto anche per proteggere quel bambino indifeso con il quale sentiva già un’intesa profonda.

“Vorrei tanto farti da padrino, Harry. Spero che la tua mamma me lo permetta.”

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Fandom: Harry Potter
Personaggi: Molly Weasley, Arthur Weasley, Ron Weasley, Ginny Wasley
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prompt: neonato 

Che sia la volta buona?

 

Molly Weasley era ormai arrivata agli ultimi giorni di gravidanza, già esausta causa del caldo insopportabile di agosto e della continua confusione a casa. Aveva deciso che in ogni caso quella era l’ultima volta che tentava di avere una bambina. Già una volta le avevano assicurato che sarebbe stata una femmina e invece era arrivato Percy, da allora Molly e Arthur avevano concordato di non volere più conoscere il sesso dei figli in arrivo, ma lei se lo sentiva: questa era la volta buona.

La situazione si ripeteva quasi ogni sera ormai: Ron continuava a piangere, Bill e Charlie litigavano tra loro contendendosi l’alleanza del piccolo Percy, ma a preoccuparla di più erano i gemelli, stranamente tranquilli quella sera.

Quando Arthur arrivò a casa trovò la moglie seduta con Ron in braccio, mentre con lo sguardo controllava il pentolone nel quale girava magicamente un cucchiaio di legno.

“Non osare lamentarti della cena, del caos o di qualsiasi altra cosa."

Arthur non vedeva l'ora che sua moglie partorisse e sperava tanto di poter passare un po' di tempo in famiglia dopo la nascita del figlio o, come tutti speravano, della figlia.

"Ho chiesto una settimana di ferie per quando il... nascerà." Aveva indicato il pancione della moglie, incerto su cosa dire, visto che negli ultimi giorni era bastata una parola sbagliata per portare la donna sull'orlo di una crisi di nervi bella e buona. Ci era abituato perché era stata così anche con tutte le altre gravidanze e Arthur sapeva che era uno dei segnali: il parto secondo i suoi calcoli sarebbe avvenuto entro il giorno seguente. Solo un altro po' di pazienza e avrebbe avuto la sua bambina tra le braccia, se tutto fosse andato come previsto.

"Ho sentito tua madre, ha detto che domani viene a tenere i bambini, così tu puoi rilassarti." Arthur non era certo di come la moglie avrebbe preso quella notizia.

"Non mi serve aiuto." Rispose, secca. Il piccolo Ron tentava di giocare con i suoi capelli, ma Molly gli mise tra le mani un sonaglio e lo lasciò camminare verso i gemelli, osservandoli truce per un attimo per assicurarsi che non facessero niente di male al fratellino. 

"Lo so che non ti serve, ma pensaci: potresti uscire, potresti andare a mangiare fuori da sola in silenzio e in tranquillità, tua madre sarà qui solo un paio di giorni e poi tornerà a casa e tu continuerai ad arrangiarti. Con questo caldo un po' di riposo non ti farà male in ogni caso." 

Molly sorrise, in effetti era stanca, soffriva il caldo e sentiva di non riuscire più a gestire bene i suoi amati figli con quella pancia ingombrante e pesante. "Grazie," rispose al marito. 

"Allora comincio subito a riposarmi, io mi mangio la zuppa a letto, sai cosa fare."

Arthur rimase a bocca aperta, incapace di ribattere, preoccupato del caos che presto si sarebbe scatenato sotto la sua guida che sicuramente non era decisa come quella della moglie.

La mattina dopo Molly si svegliò da un sonno profondo e tranquillo con una sensazione che conosceva bene: il parto era vicino.

Scese in soggiorno per trovare Arthur che dormiva sul divano insieme a Ron, Fred e George. La donna cercò di non svegliarli, più per stare tranquilla che per lasciarli riposare, la contrazione a sorpresa però le fece emettere un lamento che fece scattare Arthur, e di conseguenza il piccolo Ron, in piedi.

"È ora," gli disse per rispondere alla tacita domanda che il marito le stava rivolgendo. Proprio in quel momento una fiammata nel camino annunciò l'arrivo della signora  Prewell.

"Me lo sentivo! Vai, Molly cara, qui ci penso io.”

 

Quella sera per la prima volta i signori Weasley abbracciarono la loro piccola Ginny, fin dal primo sguardo avevano capito che sarebbe stata speciale.

 

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Fandom: Harry Potter
Personaggi: Andromeda Black, Ninfadora Tonks,  Remus Lupin,  Teddy Lupin
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prompt: neonato

Non sei sola

 

Andromeda ricordava ancora la gioia negli occhi e nell'aspetto di sua figlia quando le aveva raccontato che si era innamorata. La donna stava iniziando a pensare che forse Ninfadora stesse aspettando un momento di pace per costruirsi una famiglia. Lo capiva, anche se lei non aveva agito allo stesso modo.

Quando poi le aveva presentato Remus era rimasta estasiata: un uomo intelligente, rispettoso e chiaramente innamorato di sua figlia. Potevano essere molto felici insieme, nonostante lui avesse quel grosso problema del quale Ninfadora non le aveva parlato: era un licantropo.

Andromeda lo aveva saputo ed era un po' prevenuta prima di averlo conosciuto, ma con il passato che aveva avuto aveva imparato che molte volte a fidarsi delle chiacchiere si sbaglia e quella volta era stata felice di aver messo a tacere i suoi cattivi pensieri e di averlo conosciuto senza troppi pregiudizi.

 

La notizia della morte di Ted l'aveva distrutta. Si sentiva in colpa per essere rimasta lì nella loro casa, quasi certa di essere al sicuro perché Bellatrix le aveva giurato che lei avrebbe vissuto senza lo sporco Mudblood che aveva sposato. Glielo aveva fatto scrivere. 

Il piccolo Teddy era nato il mese successivo alla sua morte, riportando un po' di luce nelle loro vite che ormai non erano che un susseguirsi di lutti e di pessime notizie.

 

Quando Ninfadora aveva portato alla madre il piccolo Teddy, quella sera, la donna l'aveva preso dalle sue braccia con le lacrime agli occhi. "Resta," aveva implorato. "Non è necessario che andiate... non andate, vi prego."

 "Siamo parte dell'Ordine e possiamo fare la differenza." Ninfadora aveva salutato Teddy trasformando il suo volto a ricordare un cane, il capelli del piccolo erano diventati azzurri mentre sorrideva. Poi madre e figlia si erano abbracciate per un tempo lungo e brevissimo allo stesso tempo. Nessuna delle due voleva lasciare l'altra andare, ma il momento era giunto.

"Tornate a casa."

"Faremo il possibile."

Teddy dormiva tra le sue braccia quando Andromeda aveva ricevuto la notizia da parte di Molly Weasley: Harry Potter aveva trionfato come tutti speravano, ma c'erano state delle perdite nella battaglia, perdite che per lei erano insostituibili.

Si sentiva come se le avessero strappato il cuore dal petto: incapace di provare emozioni, apatica. 

L'unica ragione per cui continuava ad alzarsi ogni mattina era il piccolo Teddy, l'unica famiglia che le era rimasta. Avevano bisogno l'uno dell'altra per sopravvivere e la donna faceva il possibile per essere per lui tutto ciò di cui aveva bisogno.

A volte guardando nei suoi occhi vivaci rivedeva Ninfadora e quella sua dote così unica che rendeva Teddy troppo simile a lei. Andromeda a volte non riusciva a fermare le lacrime quando Teddy cambiava il colore dei capelli, lui subito si ingrigiva sentendo la tristezza della nonna. 

Era chiaro che il neonato sentisse la mancanza della madre, lei doveva essere forte.

Harry Potter diventò il padrino di suo nipote e le stette vicino. Anche Narcissa le mandò delle lettere, ma ci volle parecchio tempo e l'intercessione di Harry perché le due sorelle alla fine si incontrassero. Aveva detto troppi addii nella sua vita, non avrebbe perso anche Narcissa senza tentare, in fin dei conti lei credeva ai pregiudizi.

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Fandom: Harry Potter
Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Lily Luna Potter, Albus Severus Potter, James Sirius Potter
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Prompt: neonato


Eredità genetica

Ginny Weasley sapeva di avere ereditato i geni di famiglia e che quindi era molto probabile che i suoi figli sarebbero stati quasi tutti maschi, ma non avrebbe fatto come i suoi genitori: si sarebbe accontentata del secondo figlio e avrebbe accettato il destino. Quella era una promessa che aveva fatto a se stessa e a Harry quando avevano deciso di avere il secondo bambino e l’avrebbe mantenuta.

Ma, c’era un grosso ma: lei voleva proprio tanto una bambina. Alla fine aveva capito sua madre e pensando a quanto fosse stata amata e protetta in una famiglia di fratelli maggiori si era convinta che non sarebbe stato poi così male avere altri figli. Lei e Harry potevano permetterselo, tanto per cominciare, e poi Albus e James andavano così d’accordo che era un piacere, quasi, fare i genitori, quasi troppo facile.

 

Quando l’aveva detto a Harry lui aveva alzato gli occhi dalla Gazzetta del Profeta per guardarla di sottecchi. “Ma i tuoi fratelli non ti hanno fatto passare l’inferno? Fred e George non ti avevano bruciato tutti i capelli giocando con il camino? E Ron mi ha quasi ucciso quando ha saputo che volevamo uscire insieme. E…” Ma Harry si era fermato di fronte allo sguardo nostalgico della moglie.

“Un po’, forse,” aveva biascicato. “Ma è perché mi hanno sempre voluto bene.”

“Non devi convincere me,” le aveva risposto Harry, “Sei tu che devi fare il grosso della fatica e tu sai che io, da figlio unico, adoro la tua famiglia. Se desideri una bambina possiamo riprovarci, per me. Sai che non mi dispiace mai.” Le aveva rivolto un occhiolino che l’aveva fatta sorridere. 

Lily Luna era perfetta. Ginny avrebbe passato le ore a osservarla dormire, a guardare i suoi occhi verdi quando li scrutava con attenzione come solo i neonati fanno. Si era innamorata di lei proprio come era successo con i suoi due fratelli, ma sentiva che con Lily avrebbe mantenuto un legame speciale. 

James e Albus invece parevano avere messo il turbo da quando Ginny e Lily erano tornate dal San Mungo. Le donne di casa avevano estremo bisogno di riposare, mentre Harry e i suoi figli maschi sembravano intenzionati a distruggere casa. Quando Lily aveva ricominciato a piangere Ginny si era alzata di scatto, tenendo la figlia al sicuro tra le braccia, e si era affacciata sulle scale.

“Harry Potter,” aveva esclamato con un tono che ricordava moltissimo quello di Molly. “Vedi di fare meno rumore, altrimenti potrai sognarti di andare a vedere con James la partita di Quidditch della nazionale.” Poi aveva respirato profondamente. “Sono stata chiara?”

I tre si erano fermati in una posizione che appariva ridicola: Harry aveva Albus appeso al braccio e James stava per saltare sulla schiena del padre che in quel momento impersonava un temibile troll. Dopo la sgridata di Ginny si erano ricomposti scattando in piedi come soldatini.

“Vi andrebbe di usare i giochi Babbani oggi? Disegnare e colorare?”

James e Albus avevano annuito e insieme al padre si erano avviati tranquilli al tavolo della cucina.

Forse Ginny era più simile alla madre di quanto volesse ammettere, e in fondo non le dispiaceva per niente.


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