Apr. 18th, 2025

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Fandom: Murder, she wrote - La signora in giallo
Partecipa al COWT 14,
prompt: racconto in prima persona, chiaroveggente.
Destino segnato

Quando la fiera arrivò in città, mi sentii subito felice. Avevo sempre amato le ruote panoramiche dalle quali vedere dall’alto l’Oceano a Cabot Cove e per la prima volta contavo di andarci con un ragazzo.

Io: Jessica Fletcher, il topo da biblioteca, avevo un appuntamento.

Mi ero vestita in modo sobrio, ma elegante. Mia madre mi aveva costretta a comprare un abito a fiori che consideravo un po’ troppo appariscente, ma quando l’avevo indossato al negozio avevo da subito dovuto darle ragione: mi stava bene e mi piaceva, così come il cappello abbinato che avevo dovuto indossare nonostante le mie rimostranze, dal momento che sarei andata alla fiera nel corso della sera: che senso aveva il cappello la sera d’estate? Preferivo sentire il vento tra i capelli, che la costrizione di un cappello.

Avevo comunque approfittato della gioia di mia madre per la mia uscita serale. Will era passato a prendermi e insieme avevamo raggiunto il luogo della fiera. La musica mi aveva messa subito di buon umore. C’erano bancarelle che vendevano cibo e oggettistica di ogni tipo, c’erano lampade elettriche coperte di conchiglie e ogni genere di attrazione per chi voleva passare una serata allegra.


Ero subito stata attratta da un tendone rotondo dai drappeggi viola e rossi, sull’insegna all’ingresso era scritto “La divina Marina: scopri il tuo futuro.”

Mi ero avvicinata per osservare meglio la palla di cristallo che era stampata sul cartellone: “Che assurdità!” Avevo detto con convinzione a Will, ricominciando a camminare verso i banchi seguenti.

“Ma come, non vuoi farti predire il futuro? Può essere divertente, non credi?”

Non avevo mai considerato quel ragazzo una cima, ma non pensavo fosse tanto sciocco da credere a tali sciocchezze. “La divinazione non esiste, non c’è nessuno che può prevedere il futuro.” Avevo risposto, sperando che il mio discorso lo convincesse.

“Non è vero, Dio prevede il futuro.”

Di fronte a un’affermazione del genere annuii. Non valeva la pena tentare di rispondere. Tanto valeva entrare, avevo pensato, poteva essere divertente.

“Vuoi provare?” Gli avevo chiesto.

Lui aveva battuto le mani e si era avviato saltellando verso la tenda. Un ragazzo immaturo, un credulone, così l’avevo definito. “E sia, va bene.” La serata sarebbe stata lunga, tanto valeva provare a passare il tempo in modo creativo.


Una volta nella tenda, ci accolse un profumo di incenso e di qualcos’altro che non identificai, forse un particolare legno profumato come il sandalo. 

Una donna con un copricapo velato e ricco di gemme ci fece strada verso il banchetto coperto da una tovaglia di organza blu. Il viso rugoso e i capelli argentati dimostravano la sua età matura, ma gli occhi apparivano ricchi di vitalità.

La mistica chiuse la tenda con uno scatto, lasciandoci alla luce flebile delle candele accese tutto intorno.

“Benvenuti dalla divina Marina. Chi desidera conoscere il proprio futuro?”

Will alzò subito la mano, felice come un bambino. Si sedette su uno dei due scomodi sgabelli di legno e mi fece cenno di fare lo stesso.

Sospirando, accettai il suo invito. “Eh, va bene.” Intorno a noi la stanza era scura e i lumi traballanti formavano ombre sinistre, sembrava tutto estremamente polveroso. La mancanza di luce forse avrebbe dovuto simulare qualcosa di mistico e ignoto, in realtà il risultato dava un senso di mal tenuto e polveroso.

La donna si sedette di fronte a noi. “Tarocchi o sfera di cristallo?”

“Quale è più affidabile? Chiese Will, con tono allegro.

“L’affidabilità dipende da chi li legge. Sono strumenti diversi: la sfera può dare informazioni precise, ma sceglie lei cosa dire, ai tarocchi possiamo fare una domanda, invece.” La donna aveva un’aria misteriosa, probabilmente parte del personaggio. Mentre parlava, faceva ondeggiare lentamente le mani come a volerci ipnotizzare. Mi schiarii la voce, sperando che Will si sbrigasse a decidere e ci permettesse di abbandonare questo circo in miniatura.

“Hai un’idea, Jessica?”

Io alzi le spalle. “Sfera?” Proposi, immaginando che fosse la scelta più veloce.

“Sfera, allora!” Esclamò quindi il mio accompagnatore battendo di nuovo le mani.

La donna prese la sfera e la spostò al centro del tavolo. Iniziò poi a mugugnare e a fare strani versi. “Spirito che tutto conosce, dammi un segno che mi ascolti.”

Le sue mani ondeggiavano insieme alle braccia e al suo intero corpo in una sorta di danza ritmica priva di musica. “Oh, spirito, raccontami il futuro di questa coppia di giovani.” Continuando a ondeggiare, la donna alzò lo sguardo su di noi. “Avete una domanda, potrebbe rispondere.”

Incantata, continuavo a osservare la sfera, avrei potuto giurare di aver visto una luce brillare al suo interno, ma era sciocco. “Cosa mi riserva il futuro?” Chiesi, incerta.

“Morte.” Una sola parola. La donna si fermò per un istante, gli occhi sconvolti, la danza meno naturale. Un brivido mi percorse la schiena. Mi voltai d’istinto, poi mi soffermai su Will, che osservava la sfera a bocca aperta, l’espressione a metà tra la paura e la sorpresa.

“La sfera mi dice che sarai sempre seguita dalla morte.” Continuò la Divina Marina con una voce priva di teatralità. “Mi dispiace… Non mi aspettavo una previsione del genere.”

Io tentai di ridere, ma non mi sentivo tranquilla. “Si vede che la sfera sa che vorrei lavorare in polizia.” Dissi, cercando di sdrammatizzare.

La mistica sospirò. “Presto avrai il primo incontro con la morte, ma non ti devi spaventare. Non credo che sarai tu a morire. Ti capiterà spesso, però… di continuo. La vedo ovunque…”

Mi alzai dalla sedia. “Per me è sufficiente.” Dissi, tirando fuori dalla borsa due dollari. “La ringrazio, divina. Non si preoccupi, me ne farò una ragione.” Presi Will per il braccio e lo trascinai fuori. Era difficile ammettere con me stessa che quei discorsi insensati mi avevano turbata. Il mio accompagnatore appariva ancora più preoccupato. 

“Potrei essere io, sappiamo di certo che non sei tu.” Disse in cima alla ruota panoramica. Io sospirai, pensando che il tramonto sul mare fosse quanto di più romantico era possibile, il fatto che lui non avesse provato neppure a tenermi la mano significava che l’appuntamento stava andando davvero male.

Pazienza, mi dissi, fosse morto la serata almeno si sarebbe un po’ ravvivata.

Scendemmo dalla ruota panoramica e mi chiesi se non fosse il caso di chiudere la serata. “Dove andiamo ora?” Domandò. “Scusa se sono stato un po’ nervoso, i discorsi della Divina Marina mi hanno un po’ turbato. Ora mi sento uno sciocco.” Confessò.

Io tirai un sospiro di sollievo, meno male che aveva ricominciato a ragionare.

“Allora continuiamo il giro, abbiamo altro da vedere,” gli presi il gomito cercando un contatto. Era l’ultima possibilità.


Mi vinse un piccolo peluche dimostrando di non avere una gran mira con la pistola. “Però, hai visto, non ho ucciso nessuno,” rise. L’atmosfera era rilassata, finalmente. Di buon umore, ci recammo insieme verso il parcheggio per andare a recuperare l’auto, con la promessa che l’indomani ci saremmo rivisti, senza previsioni del futuro questa volta.

Fu allora che vedemmo il fumo: corremmo in direzione della zona da cui proveniva, sussultai quando vidi la tenda rotonda della Divina Marina avvolta dalle fiamme. In molti la circondavano, i pompieri presto furono lì per spegnere il fuoco.

“Purtroppo la Divina non ce l’ha fatta.” Sentii dire a un uomo dall’aria affranta. 

Mi sentivo distrutta. Era forse colpa mia? Era questo il mio destino?

“Quindi ha letto il suo stesso futuro…” Osservò Will, stringendomi con dolcezza. “Hai visto? Non era di te che parlava.” Pensai a tutte quelle candele accese senza alcuna protezione e mi chiesi se il suo non fosse stato un atto deliberato, oppure un dispetto da parte della morte, chiamata in causa dalla donna.

Io e Will Tornammo a casa in silenzio. 


Da quel giorno pensai spesso alla Divina Marina e alla sua previsione. Io e Will non uscimmo più insieme, ma lui si sposò pochi anni dopo con una donna molto più adatta di me a una vita fatta di casa e figli.

Io viaggiai e diventai una scrittrice.

In seguito capii che era rivolta proprio a me. Ebbi a che fare con la morte molto più spesso rispetto a una persona comune, ma fui in grado di sfruttare la mia maledizione per scrivere, per raccontare la morte e renderla meno terrificante. 

Mi segue ancora e io la scrivo.


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Fandom: Originale
Prompt: l'eco senza volto
Partecipa al COWT 14

L'eco, Lana e la grotta profonda


La grotta era profonda come il mare e buia come la notte.

Una miniera scavata nell’antichità dentro la montagna, un labirinto di cunicoli stretti e profondi.

Lana era entrata per sfuggire ai soldati che l’avevano rapita dopo avere saccheggiato il suo villaggio, ma iniziava a pensare che forse il suo destino non sarebbe stato migliore ora che era imprigionata lì sotto, incapace di trovare una via di fuga. 

L’avevano seguita, era arrivata a sentire il loro fiato sul collo mentre correva nella foresta, i piedi leggeri nonostante fosse stata legata per ore prima della fuga. 

Alzati in piedi e corri, è la tua unica speranza. 

Una voce dentro di lei le aveva ordinato di scattare lontano e lei l’aveva ascoltata, poi la stessa voce le aveva detto di girare verso il bosco. Chiunque l’avesse osservata saltare le radici degli alberi e correre sicura nella foresta fitta avrebbe giurato che lei conoscesse bene il bosco, invece era la prima volta che lo percorreva. Arrivata di fronte alla grotta aveva esitato, ripensando alle leggende sugli spiriti che abitavano i luoghi sperduti sotterranei, ma le voci alle sue spalle l’avevano convinta a continuare a correre. Non pensare, entra nella grotta: è l’unica via di uscita.

Così aveva varcato la soglia e aveva corso fino a quando non era rimasta senza fiato. Solo allora si era resa conto di non sapere dove fosse.

Quanti bivi aveva preso? Quanti cunicoli aveva attraversato? Non lo ricordava, non ne aveva idea.

Sospirò e sentì un’eco, un rumore provenire da poco lontano. Si nascose chiedendosi cosa fosse in agguato nell’oscurità. Non vedeva quasi niente, ma a pensarci anche la flebile luce che le permetteva di vedere attorno a lei così in profondità non era normale. Che fosse finita nella caverna di un essere magico? Si chiese.

Al pensiero di ciò che avrebbero potuto farle i soldati, pensò che non sarebbe stato poi male essere mangiata da un ragno gigante, da un orso o da un goblin. Avrebbe di certo sofferto meno che tra le mani di quegli uomini.

Rimase in silenzio, le orecchie tese in ascolto, ma non udì altri rumori. Forse era stata lei stessa a causare l’eco. Si chiese se attendere ancora, ma presto sarebbe stata notte e lei non aveva cibo né acqua non sarebbe sopravvissuta a lungo nelle profondità oscure della terra.

Si rialzò e iniziò a camminare in silenzio. I suoi piedi scalzi non facevano molto rumore, ma, abituati com’erano alle scarpe,  erano sanguinanti e dolenti dopo la lunga corsa tra gli ostacoli della natura.

Si fermò: non aveva senso muoversi alla cieca, rischiava di andare sempre più a fondo nella grotta., quindi si chiese quale fosse il modo più efficiente per muoversi verso l’uscita della grotta. Utilizzò il suo naso per trovare traccia degli odori del bosco, i suoi occhi, per osservare raggi di luce nella quasi totale oscurità della grotta e il tatto per scovare qualche segnale scavato in giro. Non sapeva cosa fare.

“Ora la voce mi farebbe comodo.” Osservò, ma non c’era alcun suono a guidarla.

La luce pareva permeare dalle rocce intorno a lei, era la stessa in ogni direzione guardasse, al punto che Lana si immaginò di essere morta e che quello fosse il suo viaggio nella ricerca del luogo in cui avrebbe riposato per l’eternità.

Ripensò a lungo ai suoi passi e infine decise di procedere verso la salita. Nulla lungo il suo cammino le era familiare. 

Si lasciò guidare dall’istinto, cercando di ricordare le strane rocce che incontrava e le caratteristiche delle diramazioni e delle grotte.

Ora sei vicina. Continua.

Di nuovo l’eco. Lo sentiva vicino. Non era certa di potersi fidare di quella voce, ma che scelta aveva? La seguì.

Di qua, Lana.

Sentirsi chiamare per nome la fece rabbrividire.

Non avere paura, mi prenderò cura di te.

Le ultime parole suonarono come una minaccia, ma non aveva scelta.

Scese lungo una ramificazione stretta e tortuosa, riusciva a vedere il riverbero di una luce, creato dai cristalli sul soffitto della grotta: uno spettacolo che non avrebbe mai potuto immaginare e che per un istante le permise di dimenticare la fatica, il sonno, la sete e la fame che provava. Più si avvicinava e più sentiva il cuore batterle con forza nel petto. Paura e speranza erano unite in lei, mescolate in un vortice. 


La luce verso la quale si stava dirigendo non era simile a quella del sole: era bianca e fredda, pareva artificiale. Il cunicolo si allargò in una stanza larga e alta, cosparsa di cristalli bianchi. Al centro c’era un grande tavolo con una caraffa colma d’acqua, un bicchiere e un piatto coperto.

Benvenuta, Lana.

Di spalle, dall’altro lato della stanza, c’era una sagoma femminile coperta da un mantello scuro e ampio, con un cappuccio sulla testa. La ragazza era quasi certa che non fosse umana. “Grazie per avermi guidata.”

Bevi, mangia. Devi riprendere le forze.

La voce non proveniva dalla figura, era un'eco che rimbombava per la stanza, senza fonte visibile.

Lana tremava di terrore. Si sedette e prese la caraffa cercando di non versare l’acqua sul tavolo. Riempì il bicchiere e ne bevve il contenuto, sentendosi subito meglio.

Temevi che volessi avvelenarti? Se desiderassi la tua morte ti avrei lasciata vagare per i cunicoli, proprio come stanno facendo i soldati che ti hanno catturata. Loro sentono ciò che voglio e stanno percorrendo vicoli ciechi. Lo faranno fino all’ultimo respiro.

Mangia, non fare complimenti.

Lana prese il piatto e tolse il coperchio: conteneva frutta fresca. La ragazza sentì lacrime di sollievo scorrerle lungo le guance mentre addentava la pesca matura, ringraziando l’eco per la sua benevolenza.

Svuotò il piatto lasciando solo i noccioli. “Ti ringrazio.”

La figura, fino a quel momento immobile, iniziò a camminare lungo la parete della grotta, sempre dandole le spalle. Se tu potessi esprimere un desiderio, quale sarebbe?

Lana sospirò. In quel momento desiderava solamente uscire. Una parte di lei bramava la vendetta, ma a quella stava già lavorando l’eco. “Non… non ho un desiderio.”

Certo che ce l’hai. La figura era ormai vicina.

Non devi dirmelo. Fai spazio nei tuoi pensieri, rilassati. Quando mi volterò, guardami e io saprò cosa donarti.

Lana respirava affannosamente. La donna a pochi metri da lei sembrava attendere il momento giusto.

Ti darò il tempo che ti serve per liberare la mente.

Chiuse gli occhi, cercò di regolare il suo respiro e di pensare alla sua vita, da sempre segnata dalla cattiva sorte. 

Un desiderio: avrebbe voluto ricominciare daccapo, da quando era una bambina innocente.

Se solo sua sorella fosse stata con lei, se sua madre fosse vissuta. Avrebbe tanto desiderato aiutare persone innocenti a non soffrire. 

Aprì gli occhi. Di fronte a lei c’era la figura, una sciarpa a coprirle il volto. Con la mano, la donna iniziò a svolgerla. Sotto non un viso, ma il vuoto: niente occhi, né bocca, né guance o fronte. Solo una luce scura, dolorosa, sempre più forte e diretta verso di lei. Lana non riusciva a smettere di guardarla. 

Si sentì leggera come aria, volò lontano da lì in un soffio dolce.

Nel suo viaggio incorporeo vide una donna e la sua sofferenza. Conobbe la sua storia. Sentì il potere del suo desiderio di vendetta, la forza della risoluzione nella sua mente: avrebbe passato il resto della sua esistenza difendendo gli innocenti; avrebbe sterminato gli assassini e i malviventi che le sarebbero capitati a tiro. Sarebbe rimasta nella grotta, usando il suo potere dare una possibilità agli innocenti, costringendo i colpevoli a pagare il prezzo per i desideri che avrebbbero espresso al suo cospetto. Teri la reietta avrebbe sacrificato la propria umanità per cambiare i destini tristi dei meritevoli in nome della sua vendetta eterna.


Lana era nel suo letto, solo una bambina. Al suo fianco dormiva la sua sorella minore e in cucina si poteva sentire la madre che finiva di sistemare le pentole cercando di fare meno rumore possibile.

Le sue memorie erano intatte: Lana sapeva che cosa sarebbe accaduto di lì a poco ed era pronta a fare in modo che loro non le trovassero. Sarebbero scappate subito e avrebbero raggiunto il Tempio, lì era certa che le avrebbero aiutate, perché la prima volta avevano dato asilo a lei senza fare domande.

Si alzò di scatto, conscia che quella era la notte in cui avrebbe cambiato il suo destino e quello della sua famiglia.

Ringraziò nel suo cuore la valorosa Teri, ora conosciuta come l’eco senza volto, per la seconda opportunità che le aveva offerto. Non l’avrebbe sprecata.


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