Ricordo di una stella
Apr. 1st, 2023 04:52 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Fandom: The legend of Zelda - BOTW
Personaggi: Link, Zelda
One shot
Prompt: stella cadente
Partecipa al COWT 13
Ricordo di una stella
Link spesso si soffermava a osservare il cielo.
Gli capitava soprattutto di notte, quando le stelle brillavano nel cielo e la luna si muoveva lenta, impercettibile ai suoi occhi rigenerati.
I suoi ricordi del mondo prima del suo sonno centenario erano ancora pochi e confusi, e non gli consentivano di orientarsi come era certo di sapere fare prima.
Conosceva il suo nome: si chiamava Link, quello era certo. Sapeva di essere l'unico in grado di sconfiggere la calamità Ganon, perché glielo aveva detto il vecchio.
E poi c’era Zelda, si ricordava anche di lei. Non avrebbe saputo descriverla, perché non sapeva di che colore fossero i suoi occhi, né se fosse giovane, anziana o bionda. La memoria di lei era senza forma, c’era solo un forte sentimento di protezione.
Sapeva che il suo ruolo era quello di proteggerla e che aveva fallito in modo catastrofico. Alla fine era stata lei a salvarlo e a consentirgli di riposare, di rigenerarsi fino a quando sarebbe stato pronto per tentare un’altra volta.
Determinazione, paura, coraggio, forza, amore.
Quando cercava di ricordarsi di lei, sentiva queste sensazioni.
Si vergognava del suo fallimento, che aveva causato ripercussioni che il popolo di Hyrule stava ancora pagando dopo cento anni, che avrebbe continuato a pagare per i prossimi mille, se lui non fosse riuscito a portare a termine la sua impresa.
Vergogna, morte.
Morte. Nella nebbia della sua memoria c’erano i guardiani e i Colossi Sacri, ma niente aveva una forma definita, era tutto confuso.
Si sedette su una roccia, gli occhi fissi sul castello in lontananza, i pensieri alla principessa. Che fosse davvero ancora in vita? Che avesse realmente resistito tutto quel tempo con la speranza che lui arrivasse un giorno e finalmente mettesse fine all’esistenza della Calamità?
Prese una mela e la addentò, abbandonando per il momento la sua esplorazione dell’Altopiano delle Origini. Sentiva di dovere fare ordine nelle sue idee, solo che non aveva idea di come riuscirci. Non poteva scendere da lassù senza la paravela e gli mancavano ancora due Sacrari da visitare.
Link era ancora intrappolato, ma si sarebbe rimesso in forze e presto sarebbe arrivato al castello, era sveglio solo da pochi giorni e quel corpo era ancora troppo debole, sapeva che sarebbe stato un suicidio correre verso il castello fino a quando non fosse stato pronto. Doveva proseguire con calma: un passo alla volta.
La mela non era stata un pasto molto nutriente, infatti lo spadaccino aveva ancora fame, ma decise che prima di occuparsi di riempire il suo stomaco avrebbe dovuto pensare a raccogliere ciò che gli serviva per raggiungere il prossimo Sacrario, quindi si rimise in marcia per recuperare qualche caldoperone da cucinare, che gli avrebbe permesso di riuscire a sopportare meglio la salita sulla montagna. Lo aspettava una lunga marcia, durante la quale avrebbe recuperato armi e oggetti utili a combattere e a superare i due Sacrari.
Quando finalmente trovò i caldoperoni era ormai quasi buio. I cespugli erano ai piedi di una muraglia di pietra, molto vicino alla grande porta ad arco dove un tempo c’era stato di sicuro un cancello di protezione che divideva la zona di montagna, abitata dalle creature selvagge, dalla collina, molto più ospitale. La porta non c’era più, ma era di certo stata maestosa. Raccolse tutti i caldoperoni che riuscì a prendere e oltrepassò il cancello per farsi un’idea della strada che avrebbe dovuto percorrere l’indomani.
Davanti a lui vide il picco innevato della montagna. Stando a quanto ricordava procedendo oltre avrebbe incontrato un largo fiume ghiacciato. Sentì un rumore di fronte a lui e si fermò a nascondersi dietro un albero. Una creatura simile a un cavallo, con grandi corna bianche e una folta criniera rossa stava camminando poco distante da lui. Link si mosse lento e furtivo, nella memoria quella era l’immagine del pericolo di cui non ricordava il nome. Forse gli avrebbe chiesto come si chiamasse prima di dargli il colpo di grazia, se per disgrazia fosse stato costretto a battersi con lui per raggiungere il Sacrario. Sempre ammesso che il suo viaggio non terminasse prima del tempo a causa di uno stupido Ly… Lynel?
Sospirò, incerto. Non poteva ancora fidarsi delle sue memorie, che arrivavano senza preavviso e che spesso ancora lo tradivano.
La creatura era fiera ed era sicuro che fosse forte, ma lui non avrebbe ucciso, se non fosse stato necessario farlo. Quella fu la sua promessa mentre in silenzio si ritirava dalla montagna.
Lo aspettava una serata di preparazione: doveva cucinare le provviste e riposare per essere in grado di svolgere la sua missione in modo veloce e pulito, come un vero guerriero, per Zelda e per il popolo di Hyrule.
Si distese a riposare ai piedi del fuoco che aveva acceso, ma nonostante fosse stanco non riusciva a cedere al sonno. Link osservava il cielo. Osservare il cielo lo calmava e Link aveva l’idea che fosse sempre stato così, anche prima.
Le stelle erano le stesse che vedeva cento anni prima, loro non erano cambiate e una parte di lui gli continuava a dire che forse osservandole avrebbe trovato qualche risposta o almeno un po’ di fiducia nelle sue apparentemente scarse capacità di combattimento.
Anche se si ripeteva che gli sarebbe bastato un po’ di tempo, la sua convinzione stava scemando ogni giorno di più. Che avessero salvato la persona sbagliata? Che avessero preso un contadino o un mercante convinti che fosse il grande Link e vanificando lo sforzo della principessa, che ancora lottava per tutti loro.
Che le sue memorie fossero tutte bugie impiantate in lui dagli Sheikah per convincerlo a lanciarsi in una missione suicida?
Una stella cadente tracciò la sua scia nel cielo, lenta e silenziosa.
Nel vederla Link si sollevò, ipnotizzato da un’immagine che gli riempì la mente all’improvviso.
Risate. Una giovane ragazza dai capelli biondi lo prese per mano. Una treccia le coronava il viso, mettendo in risalto le orecchie a punta, proprio come le sue. La ragazza gli sorrideva, gli occhi azzurri, come la sua veste ornata ed elegante, apparivano tristi.
I due ragazzi erano in una capanna, non erano soli perché la principessa aveva sempre degli accompagnatori oltre a lui. Poteva sentire due voci femminili in lontananza.
Zelda lo guidò fuori dalla capanna e insieme continuarono a camminare fino a quando le luci della capanna non furono abbastanza distanti da non accecare più i loro occhi. Nel buio della notte i due si sedettero ai piedi di un albero.
“Sai, Link, non ero mai stata qui senza mia madre prima di oggi. Mio padre mi ha detto tantissime volte che se voglio imparare a combattere e fare la mia parte contro la Calamità non devo perdere tempo a fare le scampagnate. Però questo posto mi ha sempre attirata: qui c’è un grosso potere che gli Sheikah hanno trovato e utilizzato. Nei libri che ho letto lo chiamano ‘Sacrario della Rinascita’. Penso che forse potrebbe aiutarmi a risvegliare i miei poteri, sempre che io li abbia.”
“Sono sicuro che ci riuscirai.” Sentì dire alla sua stessa voce.
Il luogo era lo stesso che Link aveva scelto per bivaccare più di cento anni dopo. Sentì il desiderio di abbracciarla e di rassicurarla, ma non era quello il suo ruolo e non si sarebbe mai permesso di farlo.
Non le disse che anche lui aveva dei dubbi sulle sue possibilità di vincere uno scontro con Ganon, anche se avrebbe desiderato gridarle che non era l’unica ad avere dubbi e che la sua sensazione la rendeva ancora più bella ai suoi occhi.
Una stella cadente.
“Ecco, hai visto?” Gli chiese.
Link annuì, poi le chiese: “Possiamo esprimere un desiderio?”
“Questa è una buona idea!” Zelda chiuse gli occhi, un sorriso di speranza.
Link non le chiese quale fosse il suo desiderio. Sapeva benissimo che non sarebbe servito a niente, ma anche lui ne espresse uno: chiese di essere in grado di proteggere la principessa qualunque cosa fosse successa. Pregò la stella di avverare il suo desiderio, promettendole che avrebbe fatto il suo meglio per riuscirci, da parte sua.
Rimasero lì a osservare il cielo in silenzio fino a quando il ragazzo si accorse che Zelda stava piangendo.
“Tutto bene?” Le chiese. Una domanda sciocca che avrebbe fatto bene a tenere per sé. Non era bravo con le parole, non lo era mai stato.
“Non voglio deluderti, come non voglio deludere mio padre, ma non credo che una stupida stella possa fare qualcosa per aiutarmi.”
“Di certo non se la insulti…” Aggiunse, sperando che la battuta la aiutasse a ritrovare la serenità di prima, ma senza successo. La prossima volta anziché parlare avrebbe fatto meglio a mordersi quella sua lingua impertinente.
La giovane principessa era triste. Il suo sguardo scese a terra mentre una prima lacrima solcò il suo viso. “Vedi, non sono capace di prendere decisioni. So già che quando tornerò a casa, senza poteri come quando sono partita per questo ennesimo viaggio inutile, mio padre mi guarderà pensando che gli faccio pena, perché non valgo neanche le scarpe della mamma. Non merito la fiducia di nessuno, mi dispiace.”
Zelda singhiozzava, un pianto incontrollabile nel quale la principessa stava sfogando tutta la sua frustrazione. Tutta la tristezza che doveva tenere nascosta nella vita di corte e nei suoi viaggi di ricerca, tutta la sua paura, il senso di inadeguatezza che la accompagnava da sempre quando si trattava di confrontare lei - impulsiva, troppo giovane e senza guida - con la madre - potente, controllata, in una parola: perfetta -.
Link si sentì utile, in quel momento. Capì che lui poteva aiutarla perché era l’unico che conosceva quella parte di Zelda, l’unico con cui lei si sentiva davvero libera. La abbracciò. Non sapeva cosa altro fare, soprattutto perché aveva già dimostrato di non essere in grado di pronunciare le parole giuste per lei, ma doveva farle capire che lui ci sarebbe sempre stato, che avrebbe sempre creduto nella sua capacità di prendere il posto della regina.
L’abbraccio sembrò funzionare, infatti il pianto di Zelda iniziò a farsi più calmo, il suo respiro più regolare. La principessa stava ricambiando l’abbraccio, all’inizio stringendo con i pugni serrati la tunica dell’eroe all’inizio, infine rilassandosi, finalmente in pace.
Rimasero fermi, ancora abbracciati. Il silenzio era espressione pura della fiducia che i due provavano l’uno per l’altra, del volere di entrambi di affidarsi alla loro amicizia per cedere, ogni tanto, a rivelare la verità, evitando di ostentare una forza che in realtà non avevano.
Forse anche lui avrebbe dovuto dirle la verità, rivelandole che non era l’unica a sentirsi inadeguata al compito che la aspettava. Anche lui provava la stessa paura, anche lui non si sentiva degno della fiducia del Re e del supporto dei quattro Campioni che presto li avrebbero raggiunti nella lotta contro la Calamità Ganon.
Non disse niente, come sempre inferiore a lei, e il senso di colpa lo investì mentre l’immagine si dissolveva dalla sua mente.
Link sapeva che quella notte erano rimasti lì fuori per parecchio tempo, fino a quando Zelda si era addormentata tra le sue braccia. Lui l’aveva cullata, tenendola solo per lui fino a quando le tracce delle sue lacrime si dissolsero, pensando che era la persona più cara che aveva al mondo.
In quel momento capì che il loro legame era più forte di quanto immaginasse. Era davvero lui l’eroe, lo spadaccino che avrebbe utilizzato la Spada che Esorcizza il Male per eliminare la Calamità Ganon una volta per tutte, doveva farlo. Ricordava ancora il profumo dei capelli di Zelda, il battito del suo cuore e il ritmo del suo respiro. Era quasi come se lei fosse lì insieme a lui.
Si distese di nuovo. Da laggiù il castello non era più a portata di vista, ma se lo fosse stato Link era certo che avrebbe potuto osservare una luce brillare, avrebbe potuto vedere la principessa che continuava a credere in lui, che lottava per tutta Hyrule.
Il giorno seguente sarebbe stato importante, doveva impegnarsi per ottenere la paravela il più in fretta possibile, per lei. Finalmente si addormentò.
Personaggi: Link, Zelda
One shot
Prompt: stella cadente
Partecipa al COWT 13
Ricordo di una stella
Link spesso si soffermava a osservare il cielo.
Gli capitava soprattutto di notte, quando le stelle brillavano nel cielo e la luna si muoveva lenta, impercettibile ai suoi occhi rigenerati.
I suoi ricordi del mondo prima del suo sonno centenario erano ancora pochi e confusi, e non gli consentivano di orientarsi come era certo di sapere fare prima.
Conosceva il suo nome: si chiamava Link, quello era certo. Sapeva di essere l'unico in grado di sconfiggere la calamità Ganon, perché glielo aveva detto il vecchio.
E poi c’era Zelda, si ricordava anche di lei. Non avrebbe saputo descriverla, perché non sapeva di che colore fossero i suoi occhi, né se fosse giovane, anziana o bionda. La memoria di lei era senza forma, c’era solo un forte sentimento di protezione.
Sapeva che il suo ruolo era quello di proteggerla e che aveva fallito in modo catastrofico. Alla fine era stata lei a salvarlo e a consentirgli di riposare, di rigenerarsi fino a quando sarebbe stato pronto per tentare un’altra volta.
Determinazione, paura, coraggio, forza, amore.
Quando cercava di ricordarsi di lei, sentiva queste sensazioni.
Si vergognava del suo fallimento, che aveva causato ripercussioni che il popolo di Hyrule stava ancora pagando dopo cento anni, che avrebbe continuato a pagare per i prossimi mille, se lui non fosse riuscito a portare a termine la sua impresa.
Vergogna, morte.
Morte. Nella nebbia della sua memoria c’erano i guardiani e i Colossi Sacri, ma niente aveva una forma definita, era tutto confuso.
Si sedette su una roccia, gli occhi fissi sul castello in lontananza, i pensieri alla principessa. Che fosse davvero ancora in vita? Che avesse realmente resistito tutto quel tempo con la speranza che lui arrivasse un giorno e finalmente mettesse fine all’esistenza della Calamità?
Prese una mela e la addentò, abbandonando per il momento la sua esplorazione dell’Altopiano delle Origini. Sentiva di dovere fare ordine nelle sue idee, solo che non aveva idea di come riuscirci. Non poteva scendere da lassù senza la paravela e gli mancavano ancora due Sacrari da visitare.
Link era ancora intrappolato, ma si sarebbe rimesso in forze e presto sarebbe arrivato al castello, era sveglio solo da pochi giorni e quel corpo era ancora troppo debole, sapeva che sarebbe stato un suicidio correre verso il castello fino a quando non fosse stato pronto. Doveva proseguire con calma: un passo alla volta.
La mela non era stata un pasto molto nutriente, infatti lo spadaccino aveva ancora fame, ma decise che prima di occuparsi di riempire il suo stomaco avrebbe dovuto pensare a raccogliere ciò che gli serviva per raggiungere il prossimo Sacrario, quindi si rimise in marcia per recuperare qualche caldoperone da cucinare, che gli avrebbe permesso di riuscire a sopportare meglio la salita sulla montagna. Lo aspettava una lunga marcia, durante la quale avrebbe recuperato armi e oggetti utili a combattere e a superare i due Sacrari.
Quando finalmente trovò i caldoperoni era ormai quasi buio. I cespugli erano ai piedi di una muraglia di pietra, molto vicino alla grande porta ad arco dove un tempo c’era stato di sicuro un cancello di protezione che divideva la zona di montagna, abitata dalle creature selvagge, dalla collina, molto più ospitale. La porta non c’era più, ma era di certo stata maestosa. Raccolse tutti i caldoperoni che riuscì a prendere e oltrepassò il cancello per farsi un’idea della strada che avrebbe dovuto percorrere l’indomani.
Davanti a lui vide il picco innevato della montagna. Stando a quanto ricordava procedendo oltre avrebbe incontrato un largo fiume ghiacciato. Sentì un rumore di fronte a lui e si fermò a nascondersi dietro un albero. Una creatura simile a un cavallo, con grandi corna bianche e una folta criniera rossa stava camminando poco distante da lui. Link si mosse lento e furtivo, nella memoria quella era l’immagine del pericolo di cui non ricordava il nome. Forse gli avrebbe chiesto come si chiamasse prima di dargli il colpo di grazia, se per disgrazia fosse stato costretto a battersi con lui per raggiungere il Sacrario. Sempre ammesso che il suo viaggio non terminasse prima del tempo a causa di uno stupido Ly… Lynel?
Sospirò, incerto. Non poteva ancora fidarsi delle sue memorie, che arrivavano senza preavviso e che spesso ancora lo tradivano.
La creatura era fiera ed era sicuro che fosse forte, ma lui non avrebbe ucciso, se non fosse stato necessario farlo. Quella fu la sua promessa mentre in silenzio si ritirava dalla montagna.
Lo aspettava una serata di preparazione: doveva cucinare le provviste e riposare per essere in grado di svolgere la sua missione in modo veloce e pulito, come un vero guerriero, per Zelda e per il popolo di Hyrule.
Si distese a riposare ai piedi del fuoco che aveva acceso, ma nonostante fosse stanco non riusciva a cedere al sonno. Link osservava il cielo. Osservare il cielo lo calmava e Link aveva l’idea che fosse sempre stato così, anche prima.
Le stelle erano le stesse che vedeva cento anni prima, loro non erano cambiate e una parte di lui gli continuava a dire che forse osservandole avrebbe trovato qualche risposta o almeno un po’ di fiducia nelle sue apparentemente scarse capacità di combattimento.
Anche se si ripeteva che gli sarebbe bastato un po’ di tempo, la sua convinzione stava scemando ogni giorno di più. Che avessero salvato la persona sbagliata? Che avessero preso un contadino o un mercante convinti che fosse il grande Link e vanificando lo sforzo della principessa, che ancora lottava per tutti loro.
Che le sue memorie fossero tutte bugie impiantate in lui dagli Sheikah per convincerlo a lanciarsi in una missione suicida?
Una stella cadente tracciò la sua scia nel cielo, lenta e silenziosa.
Nel vederla Link si sollevò, ipnotizzato da un’immagine che gli riempì la mente all’improvviso.
Risate. Una giovane ragazza dai capelli biondi lo prese per mano. Una treccia le coronava il viso, mettendo in risalto le orecchie a punta, proprio come le sue. La ragazza gli sorrideva, gli occhi azzurri, come la sua veste ornata ed elegante, apparivano tristi.
I due ragazzi erano in una capanna, non erano soli perché la principessa aveva sempre degli accompagnatori oltre a lui. Poteva sentire due voci femminili in lontananza.
Zelda lo guidò fuori dalla capanna e insieme continuarono a camminare fino a quando le luci della capanna non furono abbastanza distanti da non accecare più i loro occhi. Nel buio della notte i due si sedettero ai piedi di un albero.
“Sai, Link, non ero mai stata qui senza mia madre prima di oggi. Mio padre mi ha detto tantissime volte che se voglio imparare a combattere e fare la mia parte contro la Calamità non devo perdere tempo a fare le scampagnate. Però questo posto mi ha sempre attirata: qui c’è un grosso potere che gli Sheikah hanno trovato e utilizzato. Nei libri che ho letto lo chiamano ‘Sacrario della Rinascita’. Penso che forse potrebbe aiutarmi a risvegliare i miei poteri, sempre che io li abbia.”
“Sono sicuro che ci riuscirai.” Sentì dire alla sua stessa voce.
Il luogo era lo stesso che Link aveva scelto per bivaccare più di cento anni dopo. Sentì il desiderio di abbracciarla e di rassicurarla, ma non era quello il suo ruolo e non si sarebbe mai permesso di farlo.
Non le disse che anche lui aveva dei dubbi sulle sue possibilità di vincere uno scontro con Ganon, anche se avrebbe desiderato gridarle che non era l’unica ad avere dubbi e che la sua sensazione la rendeva ancora più bella ai suoi occhi.
Una stella cadente.
“Ecco, hai visto?” Gli chiese.
Link annuì, poi le chiese: “Possiamo esprimere un desiderio?”
“Questa è una buona idea!” Zelda chiuse gli occhi, un sorriso di speranza.
Link non le chiese quale fosse il suo desiderio. Sapeva benissimo che non sarebbe servito a niente, ma anche lui ne espresse uno: chiese di essere in grado di proteggere la principessa qualunque cosa fosse successa. Pregò la stella di avverare il suo desiderio, promettendole che avrebbe fatto il suo meglio per riuscirci, da parte sua.
Rimasero lì a osservare il cielo in silenzio fino a quando il ragazzo si accorse che Zelda stava piangendo.
“Tutto bene?” Le chiese. Una domanda sciocca che avrebbe fatto bene a tenere per sé. Non era bravo con le parole, non lo era mai stato.
“Non voglio deluderti, come non voglio deludere mio padre, ma non credo che una stupida stella possa fare qualcosa per aiutarmi.”
“Di certo non se la insulti…” Aggiunse, sperando che la battuta la aiutasse a ritrovare la serenità di prima, ma senza successo. La prossima volta anziché parlare avrebbe fatto meglio a mordersi quella sua lingua impertinente.
La giovane principessa era triste. Il suo sguardo scese a terra mentre una prima lacrima solcò il suo viso. “Vedi, non sono capace di prendere decisioni. So già che quando tornerò a casa, senza poteri come quando sono partita per questo ennesimo viaggio inutile, mio padre mi guarderà pensando che gli faccio pena, perché non valgo neanche le scarpe della mamma. Non merito la fiducia di nessuno, mi dispiace.”
Zelda singhiozzava, un pianto incontrollabile nel quale la principessa stava sfogando tutta la sua frustrazione. Tutta la tristezza che doveva tenere nascosta nella vita di corte e nei suoi viaggi di ricerca, tutta la sua paura, il senso di inadeguatezza che la accompagnava da sempre quando si trattava di confrontare lei - impulsiva, troppo giovane e senza guida - con la madre - potente, controllata, in una parola: perfetta -.
Link si sentì utile, in quel momento. Capì che lui poteva aiutarla perché era l’unico che conosceva quella parte di Zelda, l’unico con cui lei si sentiva davvero libera. La abbracciò. Non sapeva cosa altro fare, soprattutto perché aveva già dimostrato di non essere in grado di pronunciare le parole giuste per lei, ma doveva farle capire che lui ci sarebbe sempre stato, che avrebbe sempre creduto nella sua capacità di prendere il posto della regina.
L’abbraccio sembrò funzionare, infatti il pianto di Zelda iniziò a farsi più calmo, il suo respiro più regolare. La principessa stava ricambiando l’abbraccio, all’inizio stringendo con i pugni serrati la tunica dell’eroe all’inizio, infine rilassandosi, finalmente in pace.
Rimasero fermi, ancora abbracciati. Il silenzio era espressione pura della fiducia che i due provavano l’uno per l’altra, del volere di entrambi di affidarsi alla loro amicizia per cedere, ogni tanto, a rivelare la verità, evitando di ostentare una forza che in realtà non avevano.
Forse anche lui avrebbe dovuto dirle la verità, rivelandole che non era l’unica a sentirsi inadeguata al compito che la aspettava. Anche lui provava la stessa paura, anche lui non si sentiva degno della fiducia del Re e del supporto dei quattro Campioni che presto li avrebbero raggiunti nella lotta contro la Calamità Ganon.
Non disse niente, come sempre inferiore a lei, e il senso di colpa lo investì mentre l’immagine si dissolveva dalla sua mente.
Link sapeva che quella notte erano rimasti lì fuori per parecchio tempo, fino a quando Zelda si era addormentata tra le sue braccia. Lui l’aveva cullata, tenendola solo per lui fino a quando le tracce delle sue lacrime si dissolsero, pensando che era la persona più cara che aveva al mondo.
In quel momento capì che il loro legame era più forte di quanto immaginasse. Era davvero lui l’eroe, lo spadaccino che avrebbe utilizzato la Spada che Esorcizza il Male per eliminare la Calamità Ganon una volta per tutte, doveva farlo. Ricordava ancora il profumo dei capelli di Zelda, il battito del suo cuore e il ritmo del suo respiro. Era quasi come se lei fosse lì insieme a lui.
Si distese di nuovo. Da laggiù il castello non era più a portata di vista, ma se lo fosse stato Link era certo che avrebbe potuto osservare una luce brillare, avrebbe potuto vedere la principessa che continuava a credere in lui, che lottava per tutta Hyrule.
Il giorno seguente sarebbe stato importante, doveva impegnarsi per ottenere la paravela il più in fretta possibile, per lei. Finalmente si addormentò.