Apr. 14th, 2025

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Fandom: Metaphor: ReFantazio
Personaggi: Heismay Noctule
Prompt: il guerriero errante 
Partecipa al COWT 14

Un destino di solitudine

 









Era chiaro a tutti che Heismay fosse entrato nella Guardia Reale grazie alle sue capacità in combattimento: era un guerriero agile, in grado di muoversi silenziosamente e con velocità. Inoltre le caratteristiche proprie della razza degli Eugief facevano comodo in battaglia: l’udito fine, la leggerezza del passo, la stazza minuta e all’apparenza innocua gli permettevano di agire senza quasi essere notato. Nonostante chi lo conoscesse di persona lo ammirasse, però, si trovava continuamente a essere osservato con sospetto dalla gente comune, che bisbigliava attorno a lui parole che gli causavano grande dolore.

Pipistrello, animale, bestia. Molto spesso si era trovato a pensare con sollievo alla sua famiglia, che se ne stava al sicuro nel piccolo villaggio abitato quasi solo dagli Eugief, dove potevano vivere in tranquillità. Sognava un futuro migliore per suo figlio, per questo continuava a combattere per mantenere il suo posto nell’onorevole Guardia Reale.

Nell’ultimo periodo però aveva iniziato a rispondere a tono ai commenti di alcuni sciocchi che commentavano la sua stazza o le sue origini quando lo vedevano in mezzo agli altri soldati. Per gli Eugief niente era semplice e in quanto tale si era dovuto guadagnare la sua posizione con il duro lavoro e l’impegno costante. Chi la pensava diversamente apparteneva a razze che non potevano capire la discriminazione.

Heismay si era isolato, passava le serate libere bevendo e pensando a quanto fosse stanco di essere continuamente messo in discussione. Si aspettava che prima o poi sarebbe stato invitato a entrare nella Shadowguard e ne fu lieto perché per lui stare lontano dal centro dell’attenzione e agire nascosto nell’ombra era un’opportunità, era nato per questo.


Il giorno in cui suo figlio morì, Heismay era in missione. Aveva in programma di tornare a casa entro pochi giorni e di passare un po’ di tempo in famiglia, non fece in tempo.

La notizia lo raggiunse durante la cena in taverna, proprio mentre festeggiava con il gruppo l’imminente ritorno a casa dopo il successo appena ottenuto.

Anche dopo anni lo considerava il giorno peggiore della sua vita.

Nonostante tutto quello che aveva fatto nell’esercito e nella Guardia Reale, non gli avevano neppure mandato un messaggero ufficiale. Una semplice pergamena inviata dalla Chiesa Santista. Un biglietto indirizzato a lui, scritto in fretta, senza sigilli ufficiali.


Sir H. Noctule

Siamo dolenti di informarla che suo figlio è in condizioni critiche dopo una rissa. 


Neppure una firma, solo poche parole. Heismay pensò subito che si trattasse di un malinteso: suo figlio era un pacifista nato: troppo tranquillo, troppo giovane. Non aveva mai neppure giocato a combattere con lui.

Più volte padre e figlio avevano parlato del senso del combattimento, del ruolo della Guardia e del ricorso alla violenza da parte della società, che per suo figlio non poteva mai essere accettabile.


Heismay si era precipitato al villaggio con un cavallo preso in prestito dal Santista, che si era premurato di farsi ringraziare per la gentile concessione.

Nella stanza della clinica c’era odore di disinfettante. La dottoressa aveva accolto l’Eugief con aria molto triste. “Non ci sono speranze, purtroppo. Ha una grande forza di volontà e sta provando a resistere, ma il suo giovane corpo è in condizioni disperate.”

Gli si era avvicinato trattenendo le lacrime e si era seduto al suo fianco. Il ragazzo era disteso, coperto di steccature, fasce, ematomi e disinfettante. Sembrava addormentato, ma si poteva notare la tensione del dolore nei suoi lineamenti. Heismay pensò che avrebbe desiderato prendere tutto il suo dolore e portarlo via, sostenerlo lui al suo posto oppure darlo ai suoi aggressori.

Gli posò una mano sul braccio con delicatezza, sperando che nel sonno clinico percepisse la sua presenza.. “Sono orgoglioso di te, non ti lascerò mai.” Gli disse. Il figlio rispose stringendo la sua mano, incapace di parlare. 

Heismay rimase fermo ad attendere, a pregare in un miracolo. 

Non ce ne fu alcuno. Ci vollero ore perché lui cedesse alla morte.


Dopo la madre, anche il figlio.

Era troppo. Intorno a sé non vedeva che odio. Lo sentiva, lo vedeva e lo annusava intorno a lui. Non ne poteva più.

Al diavolo tutto, pensò. Aveva passato anni della sua vita lontano dal villaggio, dal figlio che adorava e prima ancora dalla moglie che amava con tutto se stesso. Per cosa? Per difendere un popolo che disprezzava lui e tutti gli Eugief? Per causare ulteriore dolore in nome della pace?

Aveva sempre vissuto da ultimo, con la convinzione morale che tutti fossero uguali, ma faticava a pensare ai Parypus come suoi pari ora che a causa loro aveva perso l’unica persona che considerava importante.

Rimase al villaggio giusto il tempo per organizzare la cremazione. 


Non tornò alla Shadowguard.

Iniziò il suo esilio volontario. Heismay vagava per i boschi, per i villaggi. Si era dato lo scopo di difendere i deboli, di eliminare le ingiustizie e di vendicare, un giorno, la morte del suo unico figlio. 


Da solo, senza radici, senza qualcosa per cui vivere. Non gli importava del proprio futuro, desiderava solamente che nessun altro subisse il suo stesso destino.


Un guerriero errante a caccia di avventure, non con l’obiettivo di ottenere fama e gloria, ma con il desiderio di espiare la sua colpa, di fare in modo che anche se era stato assente con suo figlio, non lo sarebbe stato con altri figli sofferenti, impedendo a padri e madri che a volte non erano in grado di farlo, di prendersi cura di loro.

Proteggere i deboli, gli indifesi. I giusti. In nome di suo figlio.


Viaggiava di notte, osservava e ascoltava nascosto nelle ombre e in pochi lo vedevano. Se c’era una cosa che sapeva fare era scomparire nel buio. 

Una notte si appostò ai margini di un piccolo villaggio abitato quasi unicamente da Parypus. Sentì i brividi salirgli lungo la schiena al pensiero dei delinquenti che avevano picchiato a morte il suo innocente ragazzo e si chiese quale fosse il loro aspetto. Più volte aveva pensato che avrebbe potuto incontrarli, forse rivolgere loro la parola o aiutarli, difenderli. Per questo li evitava, ignorava le loro difficoltà e si limitava a occuparsi dei loro torti, rispondendo con violenza al dolore che gli avevano causato.


Era appostato nel bosco, stava su un albero a mangiare frutta fresca raccolta lungo il cammino quando sentì un urlo. Non era distante. Tese subito le orecchie per individuare la direzione da cui proveniva. Quando udì il secondo grido planò giù dall’albero e, veloce e silenzioso, corse. Con una mano impugnava la spada, pronto a sguainarla quando necessario. 

Si fermò all’ombra di una capanna e li vide: tre giovani all’apparenza alticci stavano strattonando una coppia di Parypus poco più che ragazzini. 

“Dammi le tue monete, che abbiamo finito i soldi.” Ordinò uno di loro ai ragazzini, che continuavano ad arretrare. 

“Vi abbiamo già detto che non ne abbiamo.” Heismay strinse l’impugnatura della spada sentendo la voce tremante della ragazza.

“In qualche modo ci dovrete pagare. Dove abitate?” 

“Già! Potete ospitarci per la notte.” Una minaccia velata nascosta sotto un tono vellutato. Il guerriero uscì dalle ombre in silenzio, un passante all’apparenza innocuo che dichiarò la sua presenza canticchiando piano mentre camminava in loro direzione.

Solo uno dei tre malviventi prestò attenzione a lui. Heismay sapeva che la maggior parte della popolazione reagiva alla violenza con indifferenza, perché lui avrebbe dovuto essere diverso? Persino i soldati spesso chiudevano entrambi gli occhi quando non erano in servizio, così come le guardie cittadine che a volte erano parte del problema. Era un mondo al contrario e lui sapeva che non avrebbe mai potuto cambiarlo, ma stava facendo la sua piccola parte.

L’Eugief si fermò a pochi passi dal gruppo. “Va tutto bene?” Chiese, con fare innocente.

“Non impicciarti, bestia.” La risposta lo fece innervosire. Per un istante pensò che avrebbe ucciso tutti e si dovette sforzare per resistere all’impulso di sguainare la sua spada.

“È strano che mi chiamiate bestia, quando è così che tutti chiamano voi. Noi siamo i mostri, giusto?”

I malviventi si voltarono a guardarlo. Aveva la loro attenzione. “Non fareste meglio a trovarvi un impiego anziché fare gli sbruffoni violenti?”

Il leader del gruppo strinse i pugni e iniziò a camminare verso di lui. Heismay non se ne preoccupò. “Immagino non ne vogliate parlare.” 

Gli si scagliarono contro, ma il guerriero schivò i loro attacchi senza troppi problemi l’alcool che avevano consumato rallentava i loro movimenti, rendendoli goffi e prevedibili. Uno di loro teneva in mano un coltello, un altro aveva un tirapugni coperto di pungiglioni di metallo.

Non riuscivano a toccarlo. Poteva sentire la loro frustrazione crescere: la vedeva nei loro movimenti sempre più lenti e insicuri, la sentiva nel loro respiro pesante. Impugnò la spada e colpì uno di loro al braccio. Il giovane urlò e arretrò, il terrore negli occhi. 

Gli altri due continuarono a tentare di colpirlo. Un altro fendente nella parte bassa della gamba. Heismay osservò il Parypus cadere a terra e tenersi la zona ferita. L’ultimo non cedeva. 

“Prima o poi ti colpisco!” Gli urlò. 

Il guerriero emise una lunga risata. “Certo, è possibile. Però preferisco chiuderla qui.” Lo colpì prima a un piede, poi al braccio destro. “Non oggi, temo.”

I due ragazzini erano scomparsi, fuggiti al sicuro. 

I malviventi invece erano a terra, sconfitti. Heismay li osservò, chiedendosi se avrebbe avuto pietà delle loro vite o se si sarebbe un giorno tramutato in un giustiziere, un assassino senza pietà, né anima.

Rivolse loro la domanda che faceva a tutti. “Siete mai stati al villaggio degli Eugief, vicino a Martira?”

“Perché lo vuoi sapere, mostro?”

Nonostante fossero a terra, quegli sciocchi continuavano a istigare la sua rabbia. “Rispondi o ti uccido.” Gli disse calmo, puntando la spada al suo collo fragile e indifeso.

“No, siamo arrivati dal nord.” Rispose il primo che aveva colpito.

Erano troppo giovani per essere loro i responsabili della morte di suo figlio. Era probabile che stessero dicendo la verità. “Cosa volevate fare a quei due giovani?”

“Noi… volevamo solo soldi.”

Heismay sbuffò. “Pensate forse che la violenza sia accettabile? Se desiderate vivere facendo del male al prossimo, sono pronto a uccidervi qui.”

Uno dei giovani stava piangendo. “Mi fa male la ferita.”
“Non sarà quella a ucciderti. Pensate al dolore che avete inflitto, alla paura che sentite ora e ditemi cosa fareste al mio posto.”

Il guerriero poteva osservare la paura nei loro sguardi. La odorava sulla loro pelle. La paura però non aiuta il pentimento, lo sapeva. La scelta di uccidere non era mai facile e si chiese se vista la loro giovane età avrebbe fatto bene a risparmiarli. “Avete mai ucciso qualcuno?”

Il pianto crebbe. “No! Abbiamo solo derubato… abbiamo picchiato…” Un’ombra di pentimento nella sua voce lo riportò verso la lucidità. Abbassò la spada osservandoli per ciò che erano: ragazzini impauriti senza una guida.


In quel momento Heismay sentì voci e passi provenienti dal villaggio, un gruppo di abitanti accompagnati guidati dai due ragazzini che aveva aiutato e da alcune guardie stava correndo in lodo direzione

“Eccolo! È lui che ci ha aiutati!”

Le guardie apparvero sorprese nel trovarsi di fronte lo Eugief illeso e i tre malviventi a terra, doloranti. “Non sono feriti gravemente, si riprenderanno.” Dichiarò riponendo la spada sperando che le guardie comprendessero le sue buone intenzioni.

Le guardie parvero rilassarsi e rivolsero le loro lance in direzione dei tre ragazzi a terra. “Li cercavamo da un po’, sono accusati di omicidio.” 

“C’è una taglia sulle loro teste, fresca fresca di giornata.” 

Heismay si voltò mentre le guardie trafiggevano i giovani, chiedendosi se davvero fossero assassini, in quel caso forse il mondo sarebbe stato un posto migliore senza di loro. Il dubbio però restava: erano dei ragazzi, il mondo ancora da scoprire, forse necessitavano solo di una guida. 

Non provava pietà, ma dispiacere: se era la morte il loro destino, forse avrebbe potuto esercitarla lui e sentirsi un po’ meno in guerra col mondo intero. Probabilmente però si sarebbe sentito solo più vuoto. La sua anima si sarebbe frantumata in modo definitivo e lui non avrebbe più provato il desiderio di vivere in mezzo a quella società in rovina.

“Una parte della ricompensa è tua, Eugief.” Disse il capo delle guardie. “Seguici, mio figlio ci tiene a darti ospitalità per la notte. 

Suo figlio. Heismay li seguì cercando di provare orgoglio nella sua missione. Quella notte sarebbe stato ringraziato e considerato un eroe, ma l’indomani sarebbe partito in cerca di altri figli da proteggere. Prima o poi avrebbe ottenuto anche la sua vendetta.


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