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Originale
Partecipa al COWT 14
Prompt: orizzonte
Disclaimer: tutti i riferimenti a persone e cose realmente esistiti sono puramente casuali.
Tutti i personaggi presenti nella storia sono frutto della mia fantasia.
Il viaggio verso l'Isola di Hermann - capitolo 1
Il rumore delle onde che si infrangevano contro la sua imbarcazione di fortuna la svegliarono. Lucilla tentò di sollevarsi e si rese conto di essere del tutto priva di energie. Ogni muscolo le doleva, si sentiva pesante e stanca nonostante avesse dormito per ore. Il suo abito era ancora bagnato, sentiva il freddo penetrarle nelle ossa e brividi gelidi le percorrevano la schiena. Era ancora viva, almeno.
Alzò lo sguardo: era ancora buio, anche se dal colore del cielo si capiva che stava per albeggiare. Si guardò intorno sperando di scorgere una luce, magari un faro o una nave in lontananza, ma niente: acqua. Solo acqua.
Ovunque si voltasse non vedeva altro. Si trovava in balia delle correnti su un insieme di travi inchiodate che un tempo era stato parte della nave sulla quale viaggiava.
Si trascinò al centro del relitto, cercando un punto più stabile. Urlò, disperata, consapevole che nessuno l’avrebbe sentita, né vista.
Si lasciò andare alla disperazione e pianse fino a quando non si sentì svuotata di lacrime, incapace di resistere al terribile pensiero che non aveva una via di uscita.
Solo poche ore prima vestiva un abito elegante in broccato, lavorato con seta e filo di argento, decorato con merletti di burano. Durante la cena rideva spensierata in compagnia dei suoi genitori, servita al tavolo da camerieri in divisa, mangiando prelibatezze cotte da un cuoco professionista, degne del suo rango nobiliare. Le tempeste arrivano sempre all’improvviso, almeno così aveva riferito il capitano ai passeggeri, quando li aveva congedati per la notte, dopo avere visto le nuvole e i lampi all’orizzonte.
La nave era possente: in legno verniciato di bianco e azzurro, si chiamava “Dama Enrica”, in onore di sua nonna e la prima volta che l’aveva vista Lucilla ne era rimasta impressionata. Non era molto grande, ma sembrava solida ed era stata costruita trent’anni prima da una ditta specializzata di Venezia, che poi l’aveva portata fin da loro, percorrendo tutto il mediterraneo. Un gioiello. Un’imbarcazione di lusso che serviva i nobili della zona e dava anche la possibilità a chi lavorava tra l'isola e la terra ferma di avere un trasporto sicuro e veloce. La nave avrebbe dovuto portarli all’isola di Hermann, dove la famiglia di Lucilla aveva una tenuta estiva che avrebbero visitato per la prima volta per quell’annata. I passeggeri paganti oltre a loro erano poco più di una decina: la sua famiglia alloggiava nelle stanze dedicate ai nobili, mentre le cabine inferiori, più spartane, erano occupate da un altro gruppo di viaggiatori diretti all'isola per lavori temporanei ai campi e nei locali per turisti.
Lucilla non aveva neppure parlato all'equipaggio, non si era impegnata a conoscerli, né aveva dimostrato loro il rispetto che avrebbero meritato per il loro impegno nel servire lei e i suoi genitori.
Se ne pentiva, avrebbe desiderato interessarsi alle loro vite anziché ignorarli. Si sentiva una sciocca ragazzina viziata, ormai era tardi però, erano quasi di sicuro tutti ormai defunti e non c’era niente che lei potesse fare per loro. Non era mai stata brava a parlare con gli estranei, le era persino più difficile farlo con chi era obbligato a servirla, perché erano tutti estremamente gentili con lei e rendevano le chiacchierate artefatte e vuote. Lucilla non aveva interesse nell’essere perennemente compiaciuta.
Quella sera, dopo cena era salita sul ponte e aveva visto delle nuvole all'orizzonte. Si era fermata a guardarsi intorno e a prendere un po' di aria, poiché non si sentiva stanca. Il cameriere che li aveva serviti a cena l'aveva seguita per soddisfare le sue richieste nonostante lei l'avesse congedato. Il ragazzo doveva seguire gli ordini, quindi Lucilla lasciò perdere e si limitò a ignorarlo. Camminava a pochi passi da lei, seguendola come un’ombra, senza mai alzare lo sguardo per non metterla a disagio. A guardarlo bene poteva avere la sua stessa età, ma non gli aveva fatto domande.
Era rimasta a osservare la nave che si allontanava dalle nubi, accese dai lampi di tanto in tanto. Un temporale, meno male che si stava muovendo in direzione opposta a loro, ricordava di avere pensato.
Osservare l'orizzonte la faceva sentire piccola. Si era sporta in avanti, protetta dal parapetto, e aveva immaginato i pesci che nuotavano seguendo le correnti del mare e le piccole imbarcazioni dei pescatori, che le erano parse così fragili quando le avevano incrociate quella mattina, fuori dal porto.
“Stia attenta, il mare è agitato questa sera.” Lucilla aveva annuito sbuffando, senza rispondere al suo guardiano, gli avrebbe detto che non era una bambina ed era in grado di occuparsi di sé stessa, ma era certa che la sua sarebbe apparsa come una rimostranza da ragazzina ricca, quindi era rimasta in silenzio.
Dopo aver fatto il giro del ponte, era scesa nella sua cabina personale, dal cui oblò poteva vedere il mare sul lato della nave e anche da lì aveva osservato l'orizzonte nella notte illuminata dalla luna piena.
In principio si era proposta di scrivere una lettera o di leggere il libro che si era portata per il viaggio, ma poi aveva pensato di evitare lettura per quella notte, poiché non si fidava molto ad accendere la lampada a olio con il mare mosso, nonostante i suoi genitori le avessero ripetuto che non ci sarebbero stati problemi, un senso di inquietudine continuava ad affacciarsi tra i suoi pensieri.
Si era addormentata a fatica, poi all'improvviso aveva sentito il boato e le urla dell’equipaggio. Si era chiesta cosa stesse accadendo e aveva cercato di svegliare sua madre, che però l’aveva scacciata con la mano, minimizzando. “Vedrai che è tutto sotto controllo. Abbiamo viaggiato spesso su questa tratta, se ci fossero problemi, l’equipaggio ci chiamerebbe."
Lucilla però non si sentiva tranquilla. Si era infilata una vestaglia, aveva legato i capelli, aveva percorso lo stretto corridoio ed era salita lungo la scala ripida. Arrivata al ponte si era resa conto che la situazione non era per niente sotto controllo.
"Torni giù, signorina!" La voce del capitano era ferma, nonostante la nave apparisse danneggiata. Lucilla si chiese cosa avesse causato quello squarcio all'altezza del ponte: le assi di legno erano rotte come se qualcosa di molto pesante le avesse colpite, solo che non c’era niente in vista.
Fece qualche passo indietro per osservare la situazione mentre il capitano comandava le operazioni di recupero. Pensò di tornare giù, ma non riusciva a muoversi. Era aggrappata alla porta principale e osservava l'equipaggio correre da una parte all'altra cercando di limitare i danni.
Un senso di panico si impossessò di lei, perché non riusciva a trovare un senso alla situazione. Alzò gli occhi per rendersi conto che vedeva ancora sia la luna che le stelle. Non stava piovendo, quindi non c’era la tempesta. Non vedeva altre navi, né sentiva rumori all’esterno. Cosa poteva essere accaduto?
Un altro tonfo, la nave sobbalzò, lei si aggrappò alla porta con entrambe le mani e rimase in piedi.
"Ci ha colpito di nuovo!" La voce di un marinaio sul ponte della nave.
Lucilla osservò la scena terrorizzata, poi lo vide: un tentacolo gigante, e scuro, alto almeno quanto la nave. Lucilla urlò, immobilizzata dalla paura. Sentì voci alle sue spalle, gli ospiti stavano salendo sul ponte. "La nave imbarca acqua!" Uno dei passeggeri si mise a correre lungo il ponte, per poi fermarsi a bocca aperta a osservare il tentacolo del mostro alto sulla nave. In pochi istanti la creatura colpì di nuovo e il ponte si spezzò.
Non c'era salvezza. la nave era perduta e, se anche fossero stati vicino alla terraferma, il mostro non avrebbe lasciato loro possibilità di fuga.
Lucilla rimase lì, attaccata alla porta per qualche istante, chiedendosi quale sarebbe stata la morte meno dolorosa, poi qualcuno la prese per il braccio e la strattonò fino alla prua della nave. Mentre si precipitavano lungo il ponte, la loro corsa sulla nave, pianeggiante sul mare, si era trasformata in una salita, la parte centrale della nave stava affondando sotto il peso dell'acqua.
La bestia marina attaccò di nuovo, per loro fortuna dal lato opposto rispetto a quello in cui si trovavano. Il ragazzo si muoveva frenetico intorno a lei, che si appese al ramo della nave cercando di non cadere.
"Resisti, possiamo sopravvivere. Devi lottare, non mollare." Le aveva preso il viso tra le mani guardandola negli occhi con convinzione, tanto che per un attimo Lucilla si era sentita al sicuro.
La ragazza chiuse gli occhi, del tutto inerme in quella situazione. Pensò che era molto probabile che i suoi genitori ormai fossero morti annegati, se non erano stati mangiati dal mostro marino.
Poi un altro colpo e la ragazza cadde in acqua. L'impatto la risvegliò dallo stato di panico in cui si sentiva. La ragazza aprì gli occhi e cercò la luce. Iniziò a nuotare verso quella che credeva fosse la superficie, ma le sembrava di restare immobile. Era certa che sarebbe morta lì sotto. Che tutti i suoi sogni di una vita diversa da quella di sua madre, di libertà, di conoscenza, sarebbero svaniti insieme al ricordo della sua esistenza. I suoi cugini avrebbero ereditato la tenuta e i possedimenti della famiglia. Loro sarebbero stati dimenticati.
Non ricordava come avesse fatto a salvarsi, era convinta che qualcuno l'avesse aiutata a salire sul relitto, che l'avesse guidata nuotando al suo fianco e che l'avesse messa al sicuro, cantandole una canzone che l'aveva aiutata a calmarsi e a dormire.
La sensazione che provava era di calore al pensiero, ma i suoi ricordi erano ancora annebbiati.
In ogni caso non aveva tempo per concentrarsi sul passato, poiché il presente era abbastanza problematico: non aveva con sé alcun tipo di provvista ed era consapevole che presto sarebbe morta, se qualcuno non l’avesse trovata in fretta.
Si alzò in piedi, cercando di restare in equilibrio nonostante il movimento oscillatorio del mezzo precario su cui stava viaggiando.
L'acqua era il problema principale, perché una volta che il sole avesse iniziato a battere sulla sua testa, avrebbe avuto necessità di bere.
Non c’era traccia di altri pezzi della nave intorno a lei, il mare era calmo e la luce del giorno aveva iniziato a illuminare il cielo e l’acqua. A est, Lucilla vide la prima porzione del sole rosso apparire e cercò di capire verso che direzione si stesse muovendo.
Era difficile senza riferimenti, in più lei non era esperta in materia, sapeva solo da che punto sorgesse il sole. Chiuse gli occhi e si concentrò sulle sue sensazioni, ma non era certa di aver capito. Osservò le onde e sospirò, speranzosa. Se davvero stava andando verso nord, il relitto l'avrebbe portata prima o poi in vista dell'isola.
Osservò il mare in cerca di altri pezzi di legno o persone, sperando di vedere le provviste di cui la nave era carica, ma anche se avesse identificato un barile o una cassa, lei non sarebbe mai stata in grado di scendere dal relitto e raggiungerle. Si spogliò, mise ad asciugare gli abiti ancora bagnati e si rimise addosso la vestaglia che un tempo era la sua preferita, ora era a brandelli.
Un pensiero frivolo, lo riconosceva, del resto doveva pensare a essere decorosa, quando l'avessero ritrovata morta sul relitto intendeva essere il più presentabile possibile.
Constatato che non ci fosse niente intorno a lei, la ragazza decise di concentrarsi sull'orizzonte. Non intendeva passare le sue ultime ore dormendo, forse anche avesse voluto, non ce l’avrebbe fatta.
Il sole non era troppo caldo, anzi, era mite e l'aveva aiutata a scaldarsi. Pensò che probabilmente aveva la febbre visti i brividi, ma a causarli poteva essere anche la sete. Non importava in fin dei conti.
Il mare le era sempre piaciuto, ma promise a se stessa che se fosse sopravvissuta non avrebbe mai più preso una nave in vita sua.
Doveva solo attendere, osservando l'orizzonte, di conoscere il futuro che le aveva riservato il destino.