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Fandom: Originale
Genere: sentimentale
Prompt: E poi ti chiamo subito, ma dubito che tu voglia rispondermi (Will – Stupido)
Parole: 951
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Questa volta sono stato io a scappare. Ti ho lasciato solo un foglio sul tavolo e ho bloccato il tuo numero.
Due valigie, tanto a casa tua avevo pochissime cose, tu mi hai detto tante volte che è perché non ho voglia di impegnarmi, ma la verità è che non mi sono mai fidato davvero di te.
Col senno di poi, come si dice, ho fatto bene.
Non fosse stato per il caso, non avrei mai saputo della tua vera natura, dei tuoi tradimenti.
Quando ti ho vista seduta con quello in pasticceria ho pensato subito di entrare a salutarti. Mi sono chiesto se fosse un amico o un collega, ma eravate troppo vicini.
Ma oltre all’atmosfera c’era di più, e me n’ero accorto al primo sguardo.
Ti ho chiamato subito, ma dubitavo che mi avresti risposto, infatti il tuo telefono ha squillato e ti ho visto prenderlo dalla borsa e rifiutare la chiamata. La mia chiamata.
Allora ti ho scritto, ti ho chiesto dove tu fossi per vederci, ma tu hai risposto che avevi da fare e che ci saremmo visti a casa tua in serata come d’accordo.
Non mi hai detto dov’eri, quindi sono rimasto ad aspettare. Vi ho seguiti fuori e tu non te ne sei accorta. Ti ho vista salire sulla sua automobile, ma non ho potuto seguirvi. Sciocco io a non avere pensato a un modo per farlo.
La sera mi hai raccontato della tua serena giornata al lavoro e sembravi felice, più di quanto io ti abbia mai vista felice. Mi hai detto di aver lavorato tutto il pomeriggio. Solo per un istante hai esitato e mi sei sembrata sul punto di rivelare qualcosa.
Non sapevo cosa significasse provare gelosia, ma in quel momento mi sentivo disgustato dalla tua spensieratezza.
Ho tolto il disturbo perché sono del parere che la sincerità sia necessaria come l’acqua che beviamo e che non sia possibile nutrire una relazione quando manca. Come piante, anche noi appassiamo in mancanza di rapporti sinceri.
Ormai è passato un mese da quando ti ho lasciata. So che hai provato a chiamarmi, so che hai tentato di raggiungermi a casa. Hai detto a mia madre che non ho capito, che è solo un fraintendimento, ma io non ho intenzione di farmi tradire perché so ciò che dico: l’ho visto coi miei occhi e loro non mentono.
La lettera che mi rigiro tra le mani mi tenta, perché mi potrebbe dare risposte, ma ho il timore che siano solo altre bugie e ho paura che finirei col crederti.
Da quando l’ho ricevuta, ormai tre settimane fa, è rimasta a prendere polvere sullo scaffale sotto al citofono di casa insieme ai volantini delle agenzie immobiliari e al menù per asporto della pizzeria che ti piaceva tanto.
Oggi ho deciso di fare un po’ di pulizie e mi è tornata in mano. Mi è affiorata alla mente la tua immagine e ho pensato a quanto in fretta il mio orgoglio mi abbia portato via da te. Non ti ho dato la possibilità di spiegarmi chi fosse quell’uomo e perché tu non mi avessi detto dove avevi passato la tua giornata, ma nei miei panni tu cosa avresti fatto?
Il dubbio è arrivato, infine. E se mi fossi sbagliato?
In fin dei conti la nostra storia è stata veloce, intensa. Solo tre mesi di frequentazione durante i quali abbiamo parlato troppe volte del futuro e di quello che avremmo vissuto insieme. Forse al punto da convincerci che fosse passato più tempo.
Io non so molto di te e di chi eri prima di conoscermi. Mi hai sempre fatto tante domande sulla mia famiglia, sul mio passato e sui miei amici. Hai conosciuto i miei genitori e mio fratello, sei venuta in vacanza nel paese originario dei miei nonni.
Di te conosco il presente, ma non ho molto sul tuo passato.
Mi hai portato al cimitero a incontrare i tuoi nonni, dicendomi che loro erano la tua unica famiglia, ma era davvero così?
Senza pensare più, apro la lettera.
Dentro ci sono delle foto: due bambini di circa cinque anni, insieme su un’altalena, sullo sfondo colline e un recinto di legno; una donna seduta su una poltrona insieme a quei due bambini, appare sorridente anche se pallida e stanca.
L’ultima foto mostra di nuovo i due bambini, questa volta quasi adolescenti. I due sorridono, ma non sembrano felici.
Oltre alle foto, solo un biglietto. Tre righe pesanti come macigni tra le sue mani.
Mi dispiace che sia finita così.
Un giorno ti avrei parlato del mio passato, ma non era ancora il momento per me.
Forse un giorno ci rivedremo.
Solo adesso unisco i pezzi. Ripenso a quanto ti incupivi quando ti parlavo delle mie vacanze spensierate con mamma e papà. Ricordo l’album di fotografie che un giorno hai preso dalla libreria e che io non ho voluto vedere. Forse avevi deciso di parlarmi, ma io non sapevo ci fosse qualcosa da dire.
Non posso immaginare come tu ti sia sentita quando ti ho abbandonata, soprattutto ora che mi rendo conto che forse non era la prima volta che ti accadeva.
Ho trovato un modo per farti soffrire, e ora mi dispiace.
Sblocco il tuo numero di telefono e vedo i tuoi messaggi: tristezza, paura, rabbia, rassegnazione. Mi hai scritto molte volte, mi rendo conto adesso della sofferenza che ti ho causato e so che non avrei dovuto cedere alla paura, alla rabbia e al mio orgoglio.
“Addio,” l’ultimo messaggio. Ormai è troppo tardi, penso, e poi ti chiamo subito, ma dubito che tu voglia rispondermi.
Quando sento la tua voce so già che non basteranno le mie scuse, ma credimi: “Mi dispiace, ho sbagliato tutto.”