Feb. 27th, 2019

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Autore: Quistis (Fabi_)
Parole: 1008

Per evitare di essere scoperta ho scelto la latitanza. (Jeanette Winterson, Powerbook)


La palla della discordia



La casa della nonna era sempre stata un porto sicuro per Luigi e Federica. Era anche più vicina alla loro scuola elementare, cosa che permetteva ai due fratelli di andare a mangiare lì invece di tornare a casa loro, per trovare i genitori indaffarati a riscaldare qualcosa che avevano comprato al volo al supermercato o a scongelare un cibo pronto.

Dalla nonna mangiavano crespelle o gnocchi fatti in casa, le patate al forno e c'era spesso il budino, anche se non tutti i giorni perché la nonna diceva che faceva male.

Luigi e Federica non pensavano certo che il budino facesse male, così come i gelati o quegli strani ghiaccioli che la nonna preparava facendo una sorta di frullato con la frutta troppo matura che aveva in casa. Erano buoni, ma loro preferivano i budini e ne avrebbero divorati anche due al giorno.


La nonna aveva l'abitudine di non chiudere la porta del garage e i due ragazzi spesso andavano lì a recuperare le vecchie biciclette appartenute al loro papà, che non erano esattamente sicure, secondo gli standard di oggi, ma che erano biciclette e facevano il loro lavoro. Avevano anche palloni da pallavolo e da calcio, oltre a quei palloni leggeri di plastica coi quali si può giocare a tutto. Si divertivano con i vicini di casa, spesso lanciandosi i palloni dai terrazzi per poi correre giù nei cortili a prenderli, altre volte semplicemente usavano i recinti tra le varie case come rete da pallavolo.


Tra tutti i vicini, ce n'era uno che era meglio non infastidire. Il signor Mariano era quel tipo di anziano che arrivava agitando il bastone e che minacciava chiunque mettesse in pericolo il suo prezioso territorio.

Quel giorno purtroppo era successa una cosa terribile: il pallone aveva colpito nientepopodimenoche... uno degli alberelli del signor Mariano. Li aveva piantati poche settimane prima e i bambini ancora non sapevano cosa fossero, la nonna aveva spiegato che erano alberi da frutto e tutti si erano divertiti a tentare di indovinare.

Luigi e Federica stavano giocando insieme a Giulia, la figlia della vicina dall'altro lato della strada, e a Riccardo, che invece era il cugino di Giulia. 

Sapevano di dover recuperare la palla, sapevano che lasciarla lì avrebbe dato prova della loro colpevolezza: li avrebbe inchiodati. Non l'avevano fatto apposta, il danno era stato minimo, tra l'altro, si era spezzato uno dei pochi rami, ma la pianta era ancora viva, il tronco era lì, perfettamente a posto, non sarebbe morta. 

Loro invece forse sarebbero stati uccisi dal signor Mariano.

"La macchina non c'è, devi sbrigarti." Aveva detto Giulia rivolta a Luigi, che era il più grande tra loro, il capogruppo, in teoria.

Quale era la possibilità che la palla passasse proprio attraverso la parte aperta della recinzione per entrare lì, si era chiesto Luigi mentre correva a recuperare il pallone. Dopo averlo preso dovevano far sparire le loro tracce. Tutti insieme senza parlare erano entrati  nel garage della nonna di Luigi e di Federica ed erano rimasti lì dentro a decidere un piano, a trovarsi un alibi.

"Dovremmo stare qui, così non ci vede uscire," sosteneva Giulia.

"Dobbiamo scappare adesso, prima che torni a casa," diceva invece Federica, che aveva iniziato a piagnucolare in vista della sicura sgridata che avrebbero preso dalla nonna se lei avesse saputo cosa era successo.

"No, dobbiamo stare nascosti dalla strada per un po', non ci deve vedere." Alla fine i ragazzi avevano convenuto che la latitanza fosse la cosa migliore e avevano deciso che almeno per una settimana nessuno li avrebbe visti in giro per i cortili.

I giorni seguenti non erano stati semplici da affrontare, erano abituati a chiamarsi da una finestra all’altra, a girare tutte le case in un solo pomeriggio. Invece in quei giorni avevano fatto come delle vere e proprie spie: si facevano i segnali con gli specchi per andare uno nella casa dell’altro, ovviamente dopo essersi parlati al telefono per decidere quali fossero i segnali. Stavano appostati nei terrazzi e all’interno dei cortili delle loro case e si davano il via per passare solo quando non c'era anima viva in arrivo. Ma soprattutto tenevano sott'occhio la casa di Mariano, avendo cura di informare tutti quando lo vedevano andare fuori casa o tornare. L’importante era che lui non li vedesse. I due fratelli avevano persino iniziato a cambiare strada nel tornare da scuola per evitare di passare di fronte a casa sua.


Quella domenica, il signor Mariano aveva incontrato la nonna di Federica e di Luigi e le aveva detto che era alla finestra che dava da bere alle sue orchidee quando aveva visto la pallonata arrivare dritta sul suo piccolo melo. Sul subito si era innervosito e si era subito convinto ad andare a sgridare quei monelli, ma poi aveva constatato che, quella volta, era stato un incidente. Aveva intenzione di dire qualcosa ai ragazzini per spaventarli, ma si era reso conto che avevano già abbastanza paura di lui e che non ce n'era bisogno. Mariano odiava tutto ciò che gli rovinava il giardino, quindi anche quella palla. Ma da quando i ragazzini non si facevano più vedere c'era un po' troppo silenzio nel quartiere. 

Potevano anche tornare a uscire allo scoperto, magari stando un po’ più attenti con quei palloni, possibilmente giocando nel cortile di Anita, che stava dall’altra parte della strada e aveva anche un bel giardino.

La nonna si era scusata con lui, ma si era anche stupita della sua reazione così tranquilla. 

Arrivata a casa si era fatta una risata nel vedere che i suoi nipoti stavano ancora facendosi segnali con i ragazzi della casa di fronte. 

“Credo che possiate tornare allo scoperto, ho visto il signor Mariano e non mi ha detto niente dell’albero.”

Luigi e Federica erano sbiancati, ma lei aveva prontamente risposto “Quale albero, nonna?” poi si era voltata verso il fratello con un’espressione sconcertata, quasi a chiedere ma come lo sa?

La nonna aveva riso. “Fate come volete.”

 

Dopo un po’ li aveva sentiti scendere di corsa le scale per andare nel cortile. La latitanza era finita.


 

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