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Prompt: zodiaco
L'acquarioLibertàIl salmone13/09I banchi di pesceil rePanicoWhat the Hell was that?!il toro in libertàLa CorridaLa bilanciaL'acquarioEnrico aveva iniziato a sviluppare da piccolo la sua passione per i pesci e per gli acquari. Sin da quando suo padre gli aveva regalato il primo pesce, che aveva tenuto sempre in modo impeccabile, trattandolo con amore e dedizione. Conosceva ogni tipo di pesce, le alghe e le piante da acquario, ogni anno poi acquistava qualcosa di nuovo e modificava qualche elemento del suo mare personale. I suoi pesci avevano una delle vasche più grandi che esistessero in mercato e lui tentava di riprodurre il loro habitat con ogni mezzo a sua disposizione.
Le luci e la temperatura erano sempre regolati al meglio.
Peccato che nessuno potesse ammirare i suoi pesci, che erano gli unici amici che aveva, gli unici che lo aspettavano ogni giorno a casa.
Libertà“Non è crudele tenere i pesci in acquario?” Gli aveva chiesto il figlio.
“Forse starebbero meglio liberi nel mare, è vero, ma qui sono al sicuro, Lorenzo.”
“Ma sono chiusi qui, non possono andare da nessuna parte. Si divertono?”
“Sono insieme e sono amici, e qui non c’è niente che possa fare loro del male, eccetto forse il gatto se un giorno capirà come alzare il coperchio.
La natura è crudele, Lorenzo, e io con loro faccio solo quello che vorrei fare con tutte le persone che amo: li proteggo, li nutro e mi assicuro che niente possa fare loro del male. Li tengo al riparo dai predatori e in questo modo garantisco loro una vita forse noiosa, ma di certo sicura.”
Il Salmone"Mi dici qual'è il tuo pesce preferito?" Aveva chiesto alla mamma.
"Direi che è il salmone. E il tuo invece?"
Le si erano illuminati gli occhi: "Il pesce pagliaccio, Nemo! Perché è tutto colorato e bello."
"È una buona scelta."
"E perché tu il salmone?"
"Perché è un pesce molto forte, è l'unico che arriva al mare e poi riesce a tornare al fiume controcorrente, nuotando velocissimo per andare a incontrare la... la moglie e fare tanti piccoli salmoni."
Laura si stava provando a immaginare la fatica del nuotare controcorrente, lei in piscina faceva fatica ad andare avanti e l'acqua era ferma. "Allora anche il mio è il salmone."
13/09La data, il tredici settembre di quell’anno era incisa sul suo braccio sin da quando era nato. Sua madre gli aveva spiegato che quella giornata evidentemente segnava un’esperienza per lui molto importante.
Quella mattina quindi si era alzato pensando a cosa gli sarebbe successo: su internet aveva letto che avrebbe potuto incontrare la sua anima gemella o che avrebbe potuto morire e lui sperava sinceramente che l’opzione corretta fosse la prima. Dopo colazione si era recato all’università come al solito, dove per ore si era guardato intorno in cerca di una persona nuova, qualcuno che fosse lì per lui.
Una volta terminate le lezioni aveva iniziato a pensare che forse in effetti l’opzione corretta determinasse la sua morte e cominciava a preoccuparsi.
Nonostante questo, non si era preoccupato di guardare la strada per attraversare e si era spaventato quando aveva sentito qualcosa dietro di sé che lo strattonava.
Aveva perso l’equilibrio ed era caduto all’indietro, pensando già alla botta di testa sullo spigolo del muretto di cemento che aveva visto tante volte negli horror e che credeva questa volta avrebbe davvero posto fine alla sua vita.
Invece era semplicemente caduto, senza ulteriori ripercussioni.
Appena aveva alzato la testa i suoi occhi erano stati catturati da quelli di una ragazza, probabilmente era stata lei a buttarlo a terra.
“Non guardi dove vai? Non ci tieni alla vita?”
Forse in realtà la prima opzione era corretta: aveva incontrato la sua anima gemella.
I banchi di pesciEra sempre stata affascinata dai banchi di pesci e dai loro movimenti veloci e sincronizzati, spesso per rilassarsi guardava un video con i pesci e la musica sinfonica di sottofondo. Non sapeva se si muovessero in base alla corrente marina o alla presenza dei predatori e non le interessava, le piacevano i loro movimenti, delicati e leggeri: sembrava danzassero. A volte si immaginava come sarebbe stato essere un pesce e vivere insieme a migliaia di altri esseri con un pensiero unico. Si credeva se in quel caso sarebbe riuscita a scomparire nella massa, invece di continuare a essere additata come strana, diversa.
Il ReIl desiderio più grande di Andrea era vedere gli animali selvatici in libertà.
Aveva prenotato il viaggio in Africa perché la savana era l’ambiente che lo aveva sempre affascinato più degli altri, ma non si aspettava che dal vivo sarebbe stata ancora più spettacolare di quanto avesse mai immaginato.
Ricordava l’arrivo alla destinazione con la Jeep. La guida aveva detto che non c’era mai la certezza di vedere leoni o ghepardi, ma che invece gli erbivori sarebbero stati sicuramente presenti nelle vicinanze del fiume. Si era poi raccomandato che nessuno pensasse di scendere dalla Jeep e che non cercassero di fare rumore per attirare gli animali.
Aveva potuto osservare delle zebre e alcune antilopi in corsa. Ma dopo un paio d’ore finalmente era arrivato il re: un leone dal manto chiaro e splendente, dalla criniera folta e dai muscoli vibranti ben visibile sotto il corto manto. La coda terminava con un ciuffo di pelo e si muoveva elegante.
Si era semplicemente seduto all’ombra di un albero, dopo essersi stiracchiato come un grosso gatto contro il tronco. Era chiaro che avesse mangiato e che probabilmente sarebbe presto stato raggiunto dal suo branco. Era stupendo, era chiaro guardandolo perché lo chiamassero re.
Andrea non muoveva un muscolo pur di tenerlo inquadrato alla perfezione con la sua reflex. Gli aveva scattato una quantità assurda di foto.
Per sempre si sarebbe ricordato di quel giorno, anche perché la sua foto gli avrebbe fatto vincere un concorso di fotografia.
PanicoPanico
Paolo aveva sentito un urlo provenire dalla stanza della sua coinquilina. Aveva bussato alla sua camera e lei aveva gridato di nuovo: “Aiuto!”
Aveva quindi aperto lentamente la porta e l’aveva trovata in piedi sul letto, con un libro saldo tra le mani.
“C’è uno scorpione!”
Paolo si era messo a ridere. “E tu per uno scorpioncino ti preoccupi così tanto? Sono anche insetti utili, sai?”
“Utili o no, fallo sparire.”
Paolo aveva mantenuto il controllo, ma la realtà era che lo scorpioncino era in realtà un mezzo gigante, non ne aveva mai visti di così grandi e si stava domandando come avrebbe fatto a portarlo via senza per forza ucciderlo, nonostante avesse abbastanza paura anche al solo pensiero di avvicinarsi a quella coda acuminata e pericolosa.
Aveva recuperato una scatola da scarpe, mentre la cercava sentiva Lisa che continuava a ripetere “Guarda che se sparisce io vado a dormire in camera tua, non ci resto qui, sbrigati. Per favore!”
Raccolto il suo coraggio era tornato dentro e con l’aiuto di una scopa aveva infilato l’insetto nella scatola. “Ecco fatto, ora vado a liberarlo giù.”
Lisa finalmente si era lasciata cadere sul letto, esausta. “Grazie, e scusa se ho urlato. Ora però vai che se ti scappa è la volta che svengo.”
Era sceso e l’aveva lasciato ai piedi di un albero, per poi osservarlo sparire in mezzo all’erba.
What the hell was that?!Infilandosi gli stivali, Caterina aveva sentito qualcosa di strano, come se dentro ci fosse qualcosa, aveva quindi iniziato a tirare fuori il piede quando aveva sentito un dolore lancinante sull’alluce.
Lo scorpione era fuggito non appena si era staccato dal suo piede, lasciandola lì dolorante.
Caterina sapeva bene che le punture degli scorpioni non sono molto diverse da quelle di una vespa, quindi aveva cercato di mantenere la calma, ma aveva chiamato aiuto perché non riusciva proprio ad appoggiare il piede.
Suo marito era arrivato quasi subito e nel vedere la scena si era messo a ridere. Non riusciva a smettere. “E tu che la prendi sempre in giro,” aveva constatato ridendo. Lei non capiva a cosa si riferisse.
“Aiutami invece di fare lo stupido!”
Lui continuava a ridere. “Uno scorpione, vero?”
Lei gli aveva tirato un leggero pugno contro la gamba.
“É un sì? Sai, è successo anche a mia sorella quando era piccola, esattamente con degli stivali e esattamente su quel dito. Credo ci sia una maledizione in questa casa!”
Per fortuna Giuliano era riuscito a smettere di ridere in poco tempo, lei lo conosceva e per questo non si era arrabbiata di fronte a quella reazione. Una volta in casa aveva raccontato ai suoceri ciò che era successo ed entrambi avevano riso.
“Ora mi sa che non riderai più quando vedrai tua cognata che sbatte le scarpe, vero?” in effetti, forse un po’ se l’era meritata quella lezione.
Il toro in libertàPaola andava spesso in campagna dai nonni e più di una volta le avevano chiesto di andare a prendere il latte dal vicino di casa. Lei amava osservare le mucche e un paio di volte il signor Giuseppe le aveva anche permesso di provare a mungerle, ricordava come avesse guidato le sue mani e come a lei fosse sembrato strano e terribilmente affascinante.
Quel giorno però il vicino non l’aveva fatta entrare nella stalla, anzi, le aveva chiesto di entrare subito nella loro casa. Paola si era chiusa dietro il portone d’ingresso, sentiva rumori continui dalla stalla e si stava spaventando.
Poi l’aveva visto attraverso la finestra: il toro aveva iniziato a correre in circolo nel cortile, aveva iniziato a compiere cerchi sempre più grandi, fino a quando non aveva deviato per campi. Libero, possente e muscoloso, correva con la testa bassa e in effetti faceva abbastanza paura.
L’avevano tenuta lì per quasi un’ora, fino a quando il toro non era stato riportato nella stalla.
Trovava incredibile quel contrasto tra le mucche, così mansuete e la forza combattiva del toro, e si chiedeva cosa avrebbe fatto se l’avesse trovato per la strada. Di certo anche lei avrebbe combattuto, in fin dei conti era del segno del toro.
La CorridaEra andata in Spagna per la prima volta negli anni ottanta, era solo una ragazza in vacanza coi genitori e nessuno di loro si era preoccupato troppo di ciò che avrebbero visitato. Avevano preso un pacchetto viaggio completo da un’agenzia che comprendeva alcune visite e spettacoli.
Quando erano entrati nello stadio della Corrida, subito Monica aveva pensato che l’aspetto non sembrasse per nulla divertente: pareva un circo, con la terra al centro e attorno gli spalti. Non c’era molta gente, ma lentamente lo stadio si stava riempiendo e c’erano anche bambini, quindi aveva pensato che assomigliasse a uno spettacolo da circo.
Aveva detto ai suoi che avrebbe preferito non andare, ma visto che avevano il biglietto alla fine si era fatta convincere, soprattutto perché sapeva che non l’avrebbero lasciata da sola e che quindi avrebbero rinunciato anche loro altrimenti.
Quando era entrato il torero, si era esibito facendo svolazzare un po’ il telo rosso che aveva e le bandierine che teneva in mano, Monica non aveva capito cosa fossero di preciso, l’avrebbe purtroppo scoperto presto.
Quando il toro era entrato, il pubblico aveva iniziato a incitare il torero gridando “Olé!” ogni volta che riusciva a evitare l’animale.
Il toro sembrava furibondo ed era triste vederlo lì a rispondere alle provocazioni di quell’uomo che chiaramente non aveva buone intenzioni.
Quando la prima di quelle bandierine gli era stata piantata sulla schiena il toro aveva sollevato il collo in segno di dolore e lei aveva visto subito le gocce di sangue sulla sabbia. Nel vedere quello spettacolo, sempre più difficile da sopportare, nell’osservare e nel sentire i lamenti del toro sempre più lento, sempre più debole, aveva iniziato a piangere. I suoi genitori che all’inizio si erano uniti ai cori di incitamento col pubblico, avevano smesso di parlare.
“Andiamo via,” aveva detto suo padre.
A Monica erano venuti in mente i Gladiatori all’epoca degli antichi romani e si era ricordata di come tutti in classe si fossero chiesti come la morte potesse essere considerata intrattenimento. Forse, pensava, se un povero toro poteva soffrire in quel modo solo per una questione di divertimento, l’umanità non si era civilizzata poi tanto in duemila anni.
La bilanciaLa bilancia era sempre stata la sua peggior nemica. Adele era a dieta da sempre e nell’ultimo periodo, da quando aveva iniziato a uscire con Leonardo, non aveva più fatto molto caso a ciò che mangiava. Tra cene fuori, dolci e pizze immaginava di aver preso peso. La verità però era che si sentiva molto meglio in quel periodo di quanto non si fosse sentita in tutta la sua vita.
Le importava poco il suo peso in quel momento, perché finalmente aveva iniziato a sentirsi bella nonostante la cellulite, nonostante la pancia e i polpacci grossi.
Per questo quando invece si era accorta di aver perso ben due chili e mezzo, aveva quasi fatto un salto di gioia: era davvero felice.