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2020-03-07 11:01 pm

Garanzia, garanzia canaglia

 

Fandom: Originale
Genere/tipo: Flashfic, telefonata
Prompt: Pensiero laterale
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Garanzia, garanzia canaglia


 

Giuseppe, sbattendo sul bancone un router wifi: Non funziona, dovete cambiarmelo oggi.

Commesso, cercando di sorridere: Buonasera, che problema c'è, signore?

Giuseppe, irritato: C'è che non funziona, come ho detto. 

Commesso: vuole che proviamo a vedere se riusciamo a farlo funzionare qui o preferisce un cambio o un rimborso.

Giuseppe: Un rimborso. Subito.

Commesso, aprendo la scatola: Come preferisce. Mi può dare lo scontrino per il rimborso? Intanto controllo che nella scatola ci sia tutto.

Giuseppe: Lo scontrino? Perché, non vi fidate?

Commesso, inserendo lentamente i dati nel computer: Noi ci fidiamo, signore, ma l'ultima volta che abbiamo venduto questo prodotto è stato otto mesi fa e non credo lei l'abbia comprato da noi, a meno che non ci sia stato un errore nel sistema e in quel caso mi serve il suo scontrino.

Giuseppe, rosso in viso: Ma certo che l'ho comprato qui.

Commesso, accondiscendente: Va bene, ma quando?

Giuseppe, imbarazzato, guardandosi intorno per prendere tempo: Ripensandoci, vogliamo provare a vedere se funziona?

Commesso, sorridendo: Ma certo, facciamo subito. 

Giuseppe, educatamente: Grazie.

Commesso, dopo aver acceso il router e averlo connesso alla rete: il suo acquisto funziona.

Giuseppe, confuso: ma non è senza fili?

Commesso, perplesso: Sì, nel senso che basta collegarla alla rete e che per i computer e i cellulari è sufficiente inserire la password. Non ha letto le istruzioni?

Giuseppe, ancora imbarazzato: La ringrazio, lo farò. Arrivederci, è stato gentilissimo.

Commesso: Arrivederci.


Commesso 2: Complimenti, tutti da te vengono questi furboni.

Commesso: Non lamentiamoci, ha anche ringraziato.

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2020-03-07 10:38 pm

Tom Riddle e la televisione

 

Fandom: Harry Potter
Genere/tipo:, Intervista
Prompt: Pensiero laterale
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Tom Riddle e la televisione

 

Giornalista: Buonasera a tutti, oggi siamo qui per intervistare il signor Tom Riddle, che sostiene di essere stato in passato un mago.

Buonasera, signor Riddle, benvenuto.

Tom, fa un accenno di saluto: Il mio nome è Lord Voldemort e per te è una fortuna che io non abbia i miei poteri, ti ridurrei in cenere in un istante.

Giornalista, sorridente: Signor Riddle, vediamo che usa vestirsi in modo piuttosto particolare, è perché i maghi usano questi tuniconi e mantelli?

Tom, irritato: mi sono sempre vestito così. Non metterò mai addosso abiti babbani.

Giornalista: Mi avevano detto che usa questa parola: Babbani, cosa vuol dire?

Tom estrae la bacchetta da sotto il mantello: Privi di poteri magici.

Giornalista, si avvicina a Tom e cerca di prendere la bacchetta, alla fine la lascia a Tom, che lascia la presa: Ecco una vera bacchetta magica, signori. Ci faccia vedere come si usa.

Tom, sperando che funzioni: Avada Kedavra! 

Giornalista: Cosa dovrebbe succedere? Dovrei volare o diventare invisibile. Tom: No, dovresti morire.

Giornalista, ridendo a crepapelle: Signor Riddle, lei non esce mai dal personaggio, devo davvero farle i complimenti, soprattutto per il trucco al viso, è molto realistico.

Tom, toccandosi il viso: Ma questa è la mia faccia...

Giornalista, in imbarazzo: ... Ma veniamo alla sua richiesta di oggi! Lei è qui per una cosa in particolare e noi come sempre chiediamo al nostro pubblico di aiutare a trovare una soluzione per il suo problema. Ha un minuto per dirci cosa desidera. 

Pronto... Via!

Tom, triste e arrabbiato: Da quando ho perso i miei poteri sono stato bandito dal mio mondo, persino i miei seguaci mi hanno abbandonato. I miei beni sono stati confiscati dal ministero e mi hanno lasciato da solo nel mondo babbano. 

Non ho più la mia casa e non ho Galeoni. Cerco... lavoro. Sono sempre stato bravo a fare pozioni, mi hanno consigliato di provare a fare il... cuoco...

Se c'è un mago in ascolto, io vi prego, vorrei andare ad Azkaban... non posso vivere così...

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2020-03-07 10:33 pm

Diavolerie da Babbani

 

Fandom: Harry Potter
Genere/tipo: Teatro/Chiamata, slice of life
Prompt: pensiero laterale
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Diavolerie da Babbani


Arthur Weasley, preme bottoni casuali sullo strano apparecchio luminoso babbano che tiene in mano.

Arthur: Buongiorno! Mi sentite. Sento solo un rumore.

L'uomo raggiunge Harry, sulla poltrona a leggere il Cavillo.

Arthur: Harry, come hai detto che funziona questo telefocoso?

Harry, preoccupato: Telefono. Serve a parlare con chi è lontano, ma devi comporre il numero, ti serve un numero di telefono della persona che vuoi contattare per chiamarla.

Arthur, gli passa il telefono: mi puoi fare vedere? Puoi chiamare qualcuno?

Harry, prende il telefono e scorre la rubrica: Ecco, ho chiamato Hermione.

Arthur, schiarendosi la voce: Che emozione. Tuuu, tuuu! Ahah! Che emozione!

Hermione: ...Pronto? 

Arthur, urlando: Hermione? Sei davvero tu!

Hermione: Signor Weasley, buongiorno. Non serve che gridi così, la sento anche se parla normalmente.

Arthur, sempre urlando e ridendo: Va bene. Farò come dici.

Hermione: ...Deve dirmi qualcosa?

Arthur: Questo telefono è più veloce della posta, i Babbani ne sanno una più di Merlino.

Hermione: Già, è ... interessante. Ne ho anche uno di scorta se lo vuole per casa.

Arthur, commosso: Me lo presteresti davvero?

Hermione: Glielo posso anche regalare… È vecchio in realtà

Arthur: Un pezzo storico, è meraviglioso. Vieni a cena, Hermione? Molly voleva mandarti un gufo, ma adesso abbiamo un telef- tele cosa?

Harry: Un telefono.

Arthur: Un telefono! 

Hermione, sempre più preoccupata: Va bene, le porterò anche l’altro.

Arthur, soddisfatto, se ne va col suo telefono.

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2020-03-07 09:48 pm
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Quando la sfortuna arriva, ci vede benissimo

 

Fandom: Originale
Genere/tipo: flashfic, comico
Prompt: colpo di scena
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Quando la sfortuna arriva, ci vede benissimo

 

La coda alla cassa del supermercato era infinita. Paride aveva alzato gli occhi al cielo chiedendosi come gli fosse venuta l'idea balorda di andare a fare la spesa di sabato pomeriggio, tutti sapevano che era come decidere di andare al mare di domenica in agosto. Le urla dei bambini erano continue, padri spaesati cercavano aiuto tra loro per trovare gli oggetti misteriosi che componevano le liste consegnate dalle loro mogli, anziani in vena di attività sociali si fermavano in mezzo alle corsie per raccontare le loro vite a persone che non vedevano da anni. In tutto quel caos i continui bip bip delle casse gli stavano facendo venire il mal di testa. 

Quando finalmente aveva iniziato a posare la sua spesa dal carrello colmo al nastro si era sentito rasserenato al pensiero della sua silenziosa automobile e del meritato viaggio verso casa. 

Aveva un metodo ben preciso per la divisione della spesa in sacchetti: frigo, freezer, dolce, salato, vetro, inorganico. Con particolare attenzione aveva riposto tutto nei sacchetti che aveva portato da casa, perché lui era un uomo attento all'ambiente.

"Sono centoventidue euro e cinquantasei centesimi."

Paride aveva infilato la mano nella tasca posteriore dei pantaloni e aveva sentito il vuoto: il portafoglio non c'era. I suoi occhi vitrei erano quelli di un uomo distrutto, la sua mano era rimasta a frugare il vuoto nella tasca. La bocca aperta non emetteva suono, il suo pensiero concentrato ai surgelati che si stavano sciogliendo nella borsa.

"Signore?"

Paride aveva guardato la cassiera, gli occhi velati di tristezza. 


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2020-02-29 09:47 pm

One in perfection, Persona 3

Prompt: Imperatrice (in Persona ogni personaggio è rappresentato da un arcano maggiore, per Mitsuru è, appunto, l'imperatrice)
Fandom: Persona 3
Genere: introspettivo
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One in perfection


 
Mitsuru non si era mai sentita molto a suo agio a scuola.
Fin da quando era piccola la sua vita era stata diversa da quella degli altri bambini. Lei non aveva mai assaggiato un hamburger e non sapeva che sapore avessero i Takoyaki. I suoi genitori le avevano insegnato da subito a comportarsi con educazione, impegnandosi per ottenere il meglio e per avvicinarsi il più possibile alla perfezione e lei aveva sempre seguito i loro insegnamenti senza protestare, da brava Kirijo sapeva che avrebbe un giorno avuto sulle spalle una grande responsabilità e il suo desiderio era di essere all'altezza del padre e del nonno, che vedeva come esempi per la vita che desiderava condurre.
 
I suoi risultati a scuola erano sempre stati eccellenti e i genitori spesso le facevano dei regali per premiarla: oggetti di valore che chiunque avrebbe sognato, ma che lei vedeva come l'unica prova del loro affetto nei suoi confronti. Lei li ammirava, il suo desiderio era diventare un giorno come loro: rispettata e capace.
 
A volte si sentiva abbandonata, soprattutto quando i suoi sparivano per affari e la lasciavano a casa da sola con la domestica. Abbiamo del lavoro da fare, ma è anche per il tuo bene: un giorno tutto questo sarà tuo, Mitsuru.
 
La notte le capitava di sognare una giornata felice e spensierata con tutta la sua famiglia, magari un giorno avrebbe proposto al nonno di andare a mangiare insieme uno di quegli hamburger che piacevano tanto ai suoi compagni di scuola.
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2019-04-03 10:50 pm

Equilibrio

Fandom: FFVIII
Personaggi: Quistis Trepe, Seifer Almasy
Partecipa al COWT9
Prompt: Bilancia
Parole: 180

Note: ho preso da qui le caratteristiche del segno della bilancia https://oroscopo.grazia.it/bilancia/caratteristiche-segno-bilancia.html

Equilibrio

 

Quistis era sempre stata una persona equilibrata: nella sua carriera da studentessa al Garden non aveva mai avuto problemi in questo senso, ma da quando era arrivato Seifer la sua vita era cambiata. Le piaceva lavorare in gruppo e cercava sempre di gestire le situazioni in modo che tutti riuscissero a fare la loro parte senza sentirsi inutili o sovraccarichi di lavoro, per questo e per le sue strategie sempre studiate era conosciuta come una delle più promettenti insegnati del Garden.

Cercava sempre ogni modo possibile per crearsi attorno armonia e tranquillità, ma con lui non c’era verso di riuscirci. Adorava fare lunghe discussioni e lui troncava ogni singolo discorso. Anche Squall lo faceva, ma solo perché era un tipo taciturno.

Seifer invece cercava sempre di farla arrabbiare in ogni modo. La punzecchiava, la contraddiceva. Per sua fortuna, però, fino a quel momento Quistis era riuscita a mantenersi tranquilla, mancava poco, però perché lo lasciasse lì ad arrangiarsi nella caverna con Ifrit. Visto che si riteneva tanto bravo lei gli avrebbe dato la possibilità di dimostrarlo una volta per tutte.

 

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2019-04-03 10:44 pm

I gemelli

Fandom: Harry Potter
Personaggi: Fred Weasley, George Weasley
Partecipa al COWT9
Prompt: Gemelli

“I hate you!” “No you don’t.”
Fulminati
Polvere
Il Bolide

“I hate you!” “No you don’t.”

Fred aveva messo a punto un nuovo tipo di scherzo per il loro negozio, che avrebbe aperto entro pochi giorni. Si trattava di un cioccolatino che, se i suoi calcoli fossero stati esatti, avrebbe causato un irrefrenabile bisogno di ballare.
Visto che non aveva alcuna voglia di testarlo su se stesso, aveva messo il cioccolatino nella tasca della sua giacca, facendo spuntare leggermente l’incarto.
Pensava che di certo uno dei suoi fratelli l’avrebbe preso appena l’avesse visto e sperava tanto che sarebbe stato Percy, ma con George sarebbe stato molto più divertente, ne era certo.
Si era disteso per riposare un po’ e si era addormentato.
“Ti odioooo!” Un urlo l’aveva svegliato.
Il suo gemello stava ridendo come un pazzo mentre saltellava per la stanza.
“Non mi odi, semmai mi ami, dillo che mi ami!” Fred era scattato in piedi e stava saltellando verso il fratello. “Sono un genio!”
Si erano messi a ballare insieme, facendo passi a caso e senza alcuna coordinazione. Fred non gli aveva detto che non era sicuro che l’effetto sarebbe passato in tempi brevi e sperava che la vendetta del fratello sarebbe stata altrettanto divertente.

Fulminati
Quando ai due gemelli Weasley veniva in mente uno scherzo, era come se l'idea balenasse a entrambi in mente nello stesso instante: si guardavano negli occhi ed era fatta.
Quella volta era stata una cosa semplice, era bastato un cenno: avevano passato in silenzio tutta la giornata, cosa che aveva preoccupato da subito i loro genitori e quando Avevano sentito il rumore del secchio avevano capito che finalmente il misfatto era stato svelato.
Percy era entrato in casa ricoperto di fango dalla testa ai piedi, col mantello nuovo del quale si era tanto vantato che quasi sicuramente era da buttare.
Posso permettermelo perché io lavoro per il Ministro.
Prima o poi avrebbe imparato, forse, a tenere chiusa la sua boccaccia.


Polvere
Non piangere, George sapeva che Fred avrebbe detto così se ne avesse avuto la possibilità.
Lui gli parlava ancora. A volte iniziava a parlare aspettandosi che arrivasse lui a concludere le sue frasi come accadeva un tempo. Ma non sarebbe più successo e lui avrebbe fatto bene a cominciare a rendersene conto. Aveva altri fratelli, era vero, ma nessuno di loro era Fred.
A George sembrava di aver perso una parte di se stesso, perché anche quando stavano separati solo per poche ore, quando si ritrovavano era come se non si vedessero da una vita.
Senza di lui, ora George avrebbe dovuto contare solo sulle sue forze.

Il Bolide
Alla fine era successo: George era uscito dall’allenamento su una barella.
Giocando a Quidditch qualche piccolo errore poteva capitare, soprattutto ai Battitori che non sempre riuscivano a dirigere i Bolidi dove volevano. I gemelli Weasley però sbagliavano di rado. Il problema era che a volte giocavano tra loro più che con la squadra, si lanciavano addosso i bolidi con una velocità e una precisione che spesso Oliver aveva considerato piacevole da vedere, ma che a volte diventava troppo pericolosa.
“Andateci piano,” aveva ordinato. Ma a loro gli ordini davano l’orticaria, quindi i due avevano deciso di fare comunque a modo loro. Certo, Fred avrebbe potuto aspettare che George finisse di parlare con Anjelina prima di lanciargli addosso il Bolide, ma si sa: gli errori possono capitare.
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2019-04-03 10:31 pm

Friends

Fandom: Friends
Personaggi: Monica, Chandler, Phoebe, Ursula
Partecipa al COWT9
Prompt: Zodiaco


TV
Suicide
Lies
Lo specchio
Scherzi della mente
Papà





TV
Da piccole, quando la loro mamma le metteva di fronte alla televisione, Phoebe stava in silenzio a guardare ciò che la madre aveva approvato. Ursula invece si metteva di spalle, per niente felice di vedere sempre le stesse videocassette contenenti film tagliati in più punti, le cui storie non filavano mai del tutto.
"Sono stufa, perché non posso guardare i cartoni animati come tutti gli altri?" Chiedeva, protestando.
Phoebe invece credeva nello scudo di protezione che la loro mamma aveva creato per loro e non aveva alcuna intenzione di rompere l'incanto e di tornare a vivere nel mondo di tutti gli altri bambini, preferiva stare nel loro, ricco d'amore.

suicide
Quando sua madre Lily si era suicidata era stata Ursula a trovarla.
Era entrata nella stanza e, piangendo, aveva subito aperto le finestre e chiuso il gas, poi era tornata fuori dall'appartamento, dove Phoebe si era fermata a cercare di attirare un gatto.
"Dobbiamo andare dalla nonna, adesso." Aveva ordinato, prendendola per un braccio.
Non sapeva cosa fare ed era terrorizzata, ma parlarne con Phoebe non avrebbe migliorato la situazione, odiava l'immaturità della sorella alla quale non poteva mai dire niente di serio e in quel momento era da sola ad affrontare quel dolore terribile, aveva bisogno di un adulto.

Lies
Ursula non riusciva a evitare di mentire.
Quando Phoebe era stata al ristorante, per un attimo le si era scaldato il cuore nel constatare che stava bene, erano anni che non la vedeva e non poteva esserne certa.
Poi però aveva parlato e a Ursula era tornata in mente la bambina che viveva sulle nuvole con la quale aveva dovuto aver a che fare per tutta la sua infanzia. Aveva provato più volte a trascinarla nella realtà, ma lei preferiva stare nel suo mondo di favole e Ursula non poteva sopportarlo. Neppure lei era una santa, mentiva per avere ciò che voleva dalla vita, ciò che quando aveva provato a giocare rispettando le regole le era sempre stato negato. Un po' alla volta le bugie avevano iniziato a diventare un po' difficili da mantenere in modo coerente, ma Ursula era sempre stata intelligente e ogni volta che le cose non erano andate secondo i suoi piani si era reinventata. Forse si stava raccontando una favola anche lei in quel momento, forse assomigliava a sua madre e a Phoebe più di quanto avrebbe voluto ammettere, ma avrebbe continuato a vivere così: secondo le sue regole, proteggendosi da ciò che poteva farle male.

Lo specchio

Per anni, nel periodo in cui aveva vissuto per strada, Phoebe si era sforzata di non pensare a sua sorella. Ursula se n’era andata via un giorno, senza dire niente a lei e alla nonna e da quel momento Phoebe non se n’era più preoccupata.
Un giorno, passando di fronte a una vetrina aveva intravisto il suo riflesso su uno degli specchi esposti. Aveva avuto un tuffo al cuore, si era fermata ed era ritornata sui suoi passi. Nel notare lo specchio si era intristita. Anche se non avevano mai avuto un buon rapporto, non le sarebbe dispiaciuto incontrarla e vedere come se la passava.

Papà
Ursula non pensava troppo al passato, il presente la impegnava abbastanza da impedirle di avere troppe distrazioni. Phoebe le aveva detto di aver trovato l’uomo che le aveva concepite, non lo considerava suo padre e in tutta onestà sperava fosse morto. A volte si era chiesta se la sua vita sarebbe stata diversa se lui fosse rimasto con loro, ma non voleva saperlo. Non le interessava: Ursula non era certo una santa, viveva alla giornata facendo ciò che voleva. Non era piena di amici come sua sorella, né le interessava esserlo. Nella vita aveva imparato a contare su se stessa e avrebbe continuato su quella strada.



Scherzi della mente
"It is said that if one would stare at the screen of a closed television, alone, at midnight during a heavy rain, one could see their soul mate."
—Chie Satonaka


Monica aveva sentito quella storia da qualche parte, non sapeva neppure dove, ma tentare non l'avrebbe fatta sembrare troppo scema, in fin dei conti mettersi di fronte a una televisione spenta non era strano come bruciare salvia e fotografie degli ex, era molto meno imbarazzante e se Rachel fosse entrata nella stanza non si sarebbe resa conto delle intenzioni di Monica.
Si era seduta e aveva quindi iniziato a concentrarsi sul suo desiderio di conoscere la propria anima gemella e lentamente aveva iniziato a vedere qualcosa. Per un attimo aveva pensato di essere impazzita nel vedere riflesso il viso di Chandler. sconvolta, aveva scosso la testa e si era stropicciata gli occhi con forza. Probabilmente aveva davvero bevuto un bicchiere di troppo.
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2019-04-03 10:19 pm
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Drabble originali

Fandom: Originale
Partecipa al COWT9
Prompt: zodiaco

L'acquario
Libertà
Il salmone
13/09
I banchi di pesce
il re
Panico
What the Hell was that?!
il toro in libertà
La Corrida
La bilancia





L'acquario
Enrico aveva iniziato a sviluppare da piccolo la sua passione per i pesci e per gli acquari. Sin da quando suo padre gli aveva regalato il primo pesce, che aveva tenuto sempre in modo impeccabile, trattandolo con amore e dedizione. Conosceva ogni tipo di pesce, le alghe e le piante da acquario, ogni anno poi acquistava qualcosa di nuovo e modificava qualche elemento del suo mare personale. I suoi pesci avevano una delle vasche più grandi che esistessero in mercato e lui tentava di riprodurre il loro habitat con ogni mezzo a sua disposizione.
Le luci e la temperatura erano sempre regolati al meglio.
Peccato che nessuno potesse ammirare i suoi pesci, che erano gli unici amici che aveva, gli unici che lo aspettavano ogni giorno a casa.



Libertà
“Non è crudele tenere i pesci in acquario?” Gli aveva chiesto il figlio.
“Forse starebbero meglio liberi nel mare, è vero, ma qui sono al sicuro, Lorenzo.”
“Ma sono chiusi qui, non possono andare da nessuna parte. Si divertono?”
“Sono insieme e sono amici, e qui non c’è niente che possa fare loro del male, eccetto forse il gatto se un giorno capirà come alzare il coperchio.
La natura è crudele, Lorenzo, e io con loro faccio solo quello che vorrei fare con tutte le persone che amo: li proteggo, li nutro e mi assicuro che niente possa fare loro del male. Li tengo al riparo dai predatori e in questo modo garantisco loro una vita forse noiosa, ma di certo sicura.”



Il Salmone
"Mi dici qual'è il tuo pesce preferito?" Aveva chiesto alla mamma.
"Direi che è il salmone. E il tuo invece?"
Le si erano illuminati gli occhi: "Il pesce pagliaccio, Nemo! Perché è tutto colorato e bello."
"È una buona scelta."
"E perché tu il salmone?"
"Perché è un pesce molto forte, è l'unico che arriva al mare e poi riesce a tornare al fiume controcorrente, nuotando velocissimo per andare a incontrare la... la moglie e fare tanti piccoli salmoni."
Laura si stava provando a immaginare la fatica del nuotare controcorrente, lei in piscina faceva fatica ad andare avanti e l'acqua era ferma. "Allora anche il mio è il salmone."



13/09

La data, il tredici settembre di quell’anno era incisa sul suo braccio sin da quando era nato. Sua madre gli aveva spiegato che quella giornata evidentemente segnava un’esperienza per lui molto importante.
Quella mattina quindi si era alzato pensando a cosa gli sarebbe successo: su internet aveva letto che avrebbe potuto incontrare la sua anima gemella o che avrebbe potuto morire e lui sperava sinceramente che l’opzione corretta fosse la prima. Dopo colazione si era recato all’università come al solito, dove per ore si era guardato intorno in cerca di una persona nuova, qualcuno che fosse lì per lui.
Una volta terminate le lezioni aveva iniziato a pensare che forse in effetti l’opzione corretta determinasse la sua morte e cominciava a preoccuparsi.
Nonostante questo, non si era preoccupato di guardare la strada per attraversare e si era spaventato quando aveva sentito qualcosa dietro di sé che lo strattonava.
Aveva perso l’equilibrio ed era caduto all’indietro, pensando già alla botta di testa sullo spigolo del muretto di cemento che aveva visto tante volte negli horror e che credeva questa volta avrebbe davvero posto fine alla sua vita.
Invece era semplicemente caduto, senza ulteriori ripercussioni.
Appena aveva alzato la testa i suoi occhi erano stati catturati da quelli di una ragazza, probabilmente era stata lei a buttarlo a terra.
“Non guardi dove vai? Non ci tieni alla vita?”
Forse in realtà la prima opzione era corretta: aveva incontrato la sua anima gemella.

I banchi di pesci

Era sempre stata affascinata dai banchi di pesci e dai loro movimenti veloci e sincronizzati, spesso per rilassarsi guardava un video con i pesci e la musica sinfonica di sottofondo. Non sapeva se si muovessero in base alla corrente marina o alla presenza dei predatori e non le interessava, le piacevano i loro movimenti, delicati e leggeri: sembrava danzassero. A volte si immaginava come sarebbe stato essere un pesce e vivere insieme a migliaia di altri esseri con un pensiero unico. Si credeva se in quel caso sarebbe riuscita a scomparire nella massa, invece di continuare a essere additata come strana, diversa.

Il Re
Il desiderio più grande di Andrea era vedere gli animali selvatici in libertà.
Aveva prenotato il viaggio in Africa perché la savana era l’ambiente che lo aveva sempre affascinato più degli altri, ma non si aspettava che dal vivo sarebbe stata ancora più spettacolare di quanto avesse mai immaginato.
Ricordava l’arrivo alla destinazione con la Jeep. La guida aveva detto che non c’era mai la certezza di vedere leoni o ghepardi, ma che invece gli erbivori sarebbero stati sicuramente presenti nelle vicinanze del fiume. Si era poi raccomandato che nessuno pensasse di scendere dalla Jeep e che non cercassero di fare rumore per attirare gli animali.
Aveva potuto osservare delle zebre e alcune antilopi in corsa. Ma dopo un paio d’ore finalmente era arrivato il re: un leone dal manto chiaro e splendente, dalla criniera folta e dai muscoli vibranti ben visibile sotto il corto manto. La coda terminava con un ciuffo di pelo e si muoveva elegante.
Si era semplicemente seduto all’ombra di un albero, dopo essersi stiracchiato come un grosso gatto contro il tronco. Era chiaro che avesse mangiato e che probabilmente sarebbe presto stato raggiunto dal suo branco. Era stupendo, era chiaro guardandolo perché lo chiamassero re.
Andrea non muoveva un muscolo pur di tenerlo inquadrato alla perfezione con la sua reflex. Gli aveva scattato una quantità assurda di foto.
Per sempre si sarebbe ricordato di quel giorno, anche perché la sua foto gli avrebbe fatto vincere un concorso di fotografia.

Panico
Panico
Paolo aveva sentito un urlo provenire dalla stanza della sua coinquilina. Aveva bussato alla sua camera e lei aveva gridato di nuovo: “Aiuto!”
Aveva quindi aperto lentamente la porta e l’aveva trovata in piedi sul letto, con un libro saldo tra le mani.
“C’è uno scorpione!” 
Paolo si era messo a ridere. “E tu per uno scorpioncino ti preoccupi così tanto? Sono anche insetti utili, sai?”
“Utili o no, fallo sparire.”
Paolo aveva mantenuto il controllo, ma la realtà era che lo scorpioncino era in realtà un mezzo gigante, non ne aveva mai visti di così grandi e si stava domandando come avrebbe fatto a portarlo via senza per forza ucciderlo, nonostante avesse abbastanza paura anche al solo pensiero di avvicinarsi a quella coda acuminata e pericolosa.
Aveva recuperato una scatola da scarpe, mentre la cercava sentiva Lisa che continuava a ripetere “Guarda che se sparisce io vado a dormire in camera tua, non ci resto qui, sbrigati. Per favore!”
Raccolto il suo coraggio era tornato dentro e con l’aiuto di una scopa aveva infilato l’insetto nella scatola. “Ecco fatto, ora vado a liberarlo giù.”
Lisa finalmente si era lasciata cadere sul letto, esausta. “Grazie, e scusa se ho urlato. Ora però vai che se ti scappa è la volta che svengo.”
Era sceso e l’aveva lasciato ai piedi di un albero, per poi osservarlo sparire in mezzo all’erba.





What the hell was that?!


Infilandosi gli stivali, Caterina aveva sentito qualcosa di strano, come se dentro ci fosse qualcosa, aveva quindi iniziato a tirare fuori il piede quando aveva sentito un dolore lancinante sull’alluce.
Lo scorpione era fuggito non appena si era staccato dal suo piede, lasciandola lì dolorante.
Caterina sapeva bene che le punture degli scorpioni non sono molto diverse da quelle di una vespa, quindi aveva cercato di mantenere la calma, ma aveva chiamato aiuto perché non riusciva proprio ad appoggiare il piede.
Suo marito era arrivato quasi subito e nel vedere la scena si era messo a ridere. Non riusciva a smettere. “E tu che la prendi sempre in giro,” aveva constatato ridendo. Lei non capiva a cosa si riferisse.
“Aiutami invece di fare lo stupido!”
Lui continuava a ridere. “Uno scorpione, vero?”
Lei gli aveva tirato un leggero pugno contro la gamba.
“É un sì? Sai, è successo anche a mia sorella quando era piccola, esattamente con degli stivali e esattamente su quel dito. Credo ci sia una maledizione in questa casa!”
Per fortuna Giuliano era riuscito a smettere di ridere in poco tempo, lei lo conosceva e per questo non si era arrabbiata di fronte a quella reazione. Una volta in casa aveva raccontato ai suoceri ciò che era successo ed entrambi avevano riso.
“Ora mi sa che non riderai più quando vedrai tua cognata che sbatte le scarpe, vero?” in effetti, forse un po’ se l’era meritata quella lezione.

Il toro in libertà



Paola andava spesso in campagna dai nonni e più di una volta le avevano chiesto di andare a prendere il latte dal vicino di casa. Lei amava osservare le mucche e un paio di volte il signor Giuseppe le aveva anche permesso di provare a mungerle, ricordava come avesse guidato le sue mani e come a lei fosse sembrato strano e terribilmente affascinante.
Quel giorno però il vicino non l’aveva fatta entrare nella stalla, anzi, le aveva chiesto di entrare subito nella loro casa. Paola si era chiusa dietro il portone d’ingresso, sentiva rumori continui dalla stalla e si stava spaventando.
Poi l’aveva visto attraverso la finestra: il toro aveva iniziato a correre in circolo nel cortile, aveva iniziato a compiere cerchi sempre più grandi, fino a quando non aveva deviato per campi. Libero, possente e muscoloso, correva con la testa bassa e in effetti faceva abbastanza paura.
L’avevano tenuta lì per quasi un’ora, fino a quando il toro non era stato riportato nella stalla.
Trovava incredibile quel contrasto tra le mucche, così mansuete e la forza combattiva del toro, e si chiedeva cosa avrebbe fatto se l’avesse trovato per la strada. Di certo anche lei avrebbe combattuto, in fin dei conti era del segno del toro.


La Corrida


Era andata in Spagna per la prima volta negli anni ottanta, era solo una ragazza in vacanza coi genitori e nessuno di loro si era preoccupato troppo di ciò che avrebbero visitato. Avevano preso un pacchetto viaggio completo da un’agenzia che comprendeva alcune visite e spettacoli.
Quando erano entrati nello stadio della Corrida, subito Monica aveva pensato che l’aspetto non sembrasse per nulla divertente: pareva un circo, con la terra al centro e attorno gli spalti. Non c’era molta gente, ma lentamente lo stadio si stava riempiendo e c’erano anche bambini, quindi aveva pensato che assomigliasse a uno spettacolo da circo.
Aveva detto ai suoi che avrebbe preferito non andare, ma visto che avevano il biglietto alla fine si era fatta convincere, soprattutto perché sapeva che non l’avrebbero lasciata da sola e che quindi avrebbero rinunciato anche loro altrimenti.
Quando era entrato il torero, si era esibito facendo svolazzare un po’ il telo rosso che aveva e le bandierine che teneva in mano, Monica non aveva capito cosa fossero di preciso, l’avrebbe purtroppo scoperto presto.
Quando il toro era entrato, il pubblico aveva iniziato a incitare il torero gridando “Olé!” ogni volta che riusciva a evitare l’animale.
Il toro sembrava furibondo ed era triste vederlo lì a rispondere alle provocazioni di quell’uomo che chiaramente non aveva buone intenzioni.
Quando la prima di quelle bandierine gli era stata piantata sulla schiena il toro aveva sollevato il collo in segno di dolore e lei aveva visto subito le gocce di sangue sulla sabbia. Nel vedere quello spettacolo, sempre più difficile da sopportare, nell’osservare e nel sentire i lamenti del toro sempre più lento, sempre più debole, aveva iniziato a piangere. I suoi genitori che all’inizio si erano uniti ai cori di incitamento col pubblico, avevano smesso di parlare. 
“Andiamo via,” aveva detto suo padre.
A Monica erano venuti in mente i Gladiatori all’epoca degli antichi romani e si era ricordata di come tutti in classe si fossero chiesti come la morte potesse essere considerata intrattenimento. Forse, pensava, se un povero toro poteva soffrire in quel modo solo per una questione di divertimento, l’umanità non si era civilizzata poi tanto in duemila anni.

La bilancia


La bilancia era sempre stata la sua peggior nemica. Adele era a dieta da sempre e nell’ultimo periodo, da quando aveva iniziato a uscire con Leonardo, non aveva più fatto molto caso a ciò che mangiava. Tra cene fuori, dolci e pizze immaginava di aver preso peso. La verità però era che si sentiva molto meglio in quel periodo di quanto non si fosse sentita in tutta la sua vita.
Le importava poco il suo peso in quel momento, perché finalmente aveva iniziato a sentirsi bella nonostante la cellulite, nonostante la pancia e i polpacci grossi.
Per questo quando invece si era accorta di aver perso ben due chili e mezzo, aveva quasi fatto un salto di gioia: era davvero felice.
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2019-04-03 09:57 pm

Drabble Persona 5

Unite nello spirito
Memory loss
L'isola felice
La beffa
Istinto felino
Battle Royale
You in the dark




Fandom: Persona5
Personaggi: Twin Warden, Morgana, Ann, Ryuji, Kawakami
 
Justine e Caroline erano una cosa sola, entrambe lo sapevano, perché pensavano all’unisono e ciascuna sapeva sempre cosa l'altra avrebbe detto.
Erano gemelle, entrambe pensavano fosse per questo che non avevano mai bisogno di esprimere le loro idee e i loro sentimenti con la voce, perché loro comunicavano attraverso lo spirito.
Anche i dubbi dell'ultimo periodo sembravano averle assalite nello stesso momento.
A entrambe il comportamento di Igor pareva strano e, anche se sapevano che non avrebbero dovuto mettere in dubbio il loro maestro, non avevano potuto evitare di guardarsi a lungo negli occhi, ponendo quella domanda: è sempre stato così?

 
 
Quando avevano aperto gli occhi, era bastato un istante a entrambe per sentire la presenza dell’altra.
La ragazza si era rivolta verso la gemella conscia che l’unica cosa che sapeva era che loro dovevano stare insieme, qualunque cosa fosse successa.
“Tu ti ricordi qualcosa?”
“No, neppure il mio nome. So solo che siamo sorelle.”
Si erano fatte forza e si erano alzate in piedi, avevano notato i loro abiti: erano divise da guardie e intorno a loro c’erano delle celle. Che quella fosse una prigione? C’era qualcosa che non quadrava in quel loro risveglio, prima o poi insieme avrebbero capito cosa fosse.


 
 
 
 
Sadayo andava spesso a pescare, la rilassava.
Ne approfittava quasi sempre per leggere un libro tra quelli che aveva da parte, visto che la sua biblioteca personale continuava ad arricchirsi e lei tra la scuola, il secondo lavoro, gli impegni extra e i lavori di casa che si accavallavano sempre, non sarebbe mai riuscita a occuparsi della lettura nel suo appartamento, perché c’era sempre qualcosa di più importante da fare. Lì invece aveva iniziato a farsi una certa reputazione e in molti andavano a chiederle consigli. A lei piaceva restare in quel luogo e spesso non usava neanche l’esca, prendeva solo il pesce che poi avrebbe consumato e per il resto si rilassava e si lasciava andare alla lettura. Era la sua isola felice.


Gli avevano detto che gli avrebbero portato del sushi e Morgana non riusciva a evitare di sbavare al solo pensiero. Il suo tonno, poteva immaginarne il profumo e la fragranza. Poteva sentirlo sciogliersi sulla sua ruvida lingua felina.
Quando Ren, Futaba e il Boss erano entrati dalla porta, Morgana li stava aspettando seduto sullo sgabello, la coda vorticante di desiderio come un serpente. Ma l'espressione del Joker non gli diceva niente di buono.
"Mi dispiace, non avevamo più soldi... si è mangiata tutto lei."
Il gatto era deluso e furibondo. Era la seconda volta che capitava, la prima le cose erano andate in modo imprevedibile e lui aveva perdonato, ma questa volta non avevano scuse.
Futaba si era avvicinata a Morgana e gli aveva fatto qualche carezza, per poi dargli qualche pizzicata sul muso. "Mona, mi farò perdonare, te lo prometto!"
"E va bene, cos'altro posso fare?" Da gatto non poteva certo andare al ristorante a comprarsi del sushi, in fin dei conti.
Sconsolato, era sceso dalla sedia e si era accontentato di un vecchio pacco di crocchette al tonno.
 
 
A Morgana non era piaciuta per niente la gita sulla spiaggia. Forse era la sua parte felina a fargli odiare l’acqua e la sabbia che scottava bollente sotto le sue zampe, era però vero che la sua parte umana invece aveva apprezzato la rilassatezza del luogo e le ragazze in costume.
Morgana si stava annoiando così tanto che aveva deciso di fare un giro sul bagnasciuga, dove l’aria era meno asfissiante. I suoi occhi di felino erano stupido stati attirati da un granchio che stava imprudentemente muovendosi verso di lui.
Quando aveva avvicinato il muso per annusarlo, col solo intento di conoscerne l’odore, il granchietto gli aveva pizzicato il naso con decisione. Morgana aveva miagolato, infastidito. Chiunque avesse capito davvero le sue parole, avrebbe sentito i suoi variopinti insulti alla bestiolina.
Era in momenti come quello che Morgana si convinceva di essere un umano, un vero gatto si sarebbe mangiato quel piccolo tesserino fastidioso. Lui, invece, l’aveva lasciato andare via.




Battle Royale!AU
 
Ann si era nascosta in cima a un albero, non riusciva a pensare a cosa le sarebbe potuto succedere se lui l’avesse vista. Ormai erano rimasti solo in due: lei e Ryuji, il suo amico d’infanzia che probabilmente l’avrebbe uccisa appena l’avesse individuata.
Lei non avrebbe mai potuto, lei sarebbe morta pur di non spezzare la sua vita. A volte si era chiesta cosa sarebbe successo se fossero stati solo loro due a sopravvivere, ma non era stata in grado di rispondere.
Sperava che lui ricordasse che loro erano anime gemelle, fatte per stare insieme, per non farsi mai del male.
In quel momento Ann aveva incrociato il suo sguardo. Lui aveva alzato le mani, abbandonando le armi ed era corso verso di lei.
Forse sarebbero morti insieme, ma nessuno dei due avrebbe mai potuto interrompere volontariamente la vita dell’altro.
 




Midnight Channel!AU
Gli sembrava che fosse davvero una sciocchezza, ma Ryuji si era sempre chiesto se lui, che non era mai neanche riuscito a provare a invitare fuori una ragazza, avesse un'anima gemella. Quella notte pioveva e lui non riusciva a dormire.
Tanto valeva che ci provasse.
Si era messo a fissare la televisione spenta, fino a quando d'un tratto non vi aveva visto una figura lontana, con dei lunghi capelli biondi. Aveva capito subito chi fosse: Ann era sempre più vicina, al punto che temeva potesse uscire dallo schermo. E invece era svanita così com’era arrivata.
Ryuji era rimasto a fissare il nero della televisione con la bocca aperta. Non poteva crederci, ma a pensarci bene era felice che fosse lei.
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2019-03-23 01:45 pm

Un elfo libero

Fandom: Harry Potter
Personaggi: Dobby, Silente
Parole: 300
Partecipa al COWT9 missione drabble

Un elfo libero

Dobby è libero!

Continuava a ripetersi mentre camminava da solo lungo Diagon Alley. Muoveva le braccia su e giù per farsi spazio sulla strada, mostrando una fiera espressione di gioia. 

Si osservò riflesso su una vetrina: i calzettoni colorati risaltavano, lo facevano sembrare allegro. Era allegro.

“Benvenuto, Dobby,” disse Silente porgendogli una mano. Dobby la strinse.

“Buongiorno signor Silente, Dobby è felice di parlare con voi.”

Silente rise, poi indicò un tavolo, l’Elfo si sedette. Non era certo un posto adatto a far stare comodi gli Elfi, infatti da seduto arrivava a malapena a vedere sopra il tavolo, quindi fece apparire un rialzo e si mise comodo.

Silente sorrideva: “Cosa vuoi mangiare, Dobby?”

“Dobby non è mai stato in un negozio di cibo.”

“Lo so, allora fidati di me, prenderemo due ottime fette di torta della Ninfa Phuk.”

Mentre mangiavano, Silente volle arrivare al punto: “Dobby, sono qui per proporti un lavoro, ti andrebbe di essere assunto a Hogwarts?”

L’elfo rimase un attimo in silenzio, poi domandò cautamente: “Come Elfo di proprietà di Hogwarts?”

“No, come dipendente, come i professori.”

“Dobby non vuole insegnare.”

“No, pensavo di farti lavorare nelle cucine: preparerai le pietanze, farai pulizie e sarai pagato, come i professori,” l’elfo osservava il preside, incredulo, quindi Silente continuò: “Potrebbero andare bene tre Galeoni?”

“Tre Galeoni al mese? È anche troppo signore.”

“Ma non al mese, io intendevo all’ora…”

“Ma a Dobby non servono i soldi, sarà un onore lavorare per il grande preside Silente, vanno bene tre al mese.”

“Al giorno?”

“Dobby verrà a lavorare a Hogwarts per tre galeoni a settimana,” si alzò in piedi e prese la mano tesa di Silente, che si dimostrò soddisfatto dell’accordo.

Il patto era stato concordato. Ora che finalmente aveva un lavoro Dobby si sentiva davvero un elfo libero e felice.


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2019-03-23 12:47 pm
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Salamandre

Partecipa al COWT9
Parole: 500
Missione Drabble

Salamandre


Renata stava camminando col nonno lungo un sentiero della montagna, quando aveva visto quella strana creatura, che sembrava una lucertola, ma che era lucida, tutta nera, macchiata di un giallo brillante che l’aveva ammaliata. “Nonno, guarda, è bellissimo quello!”


Il nonno aveva sempre pensato che sua nipote fosse una bambina speciale, anche perché di fronte all'aspetto affascinante e minaccioso di quegli animali pensava che fosse più facile spaventarsi che restarne colpiti. Aveva già notato la salamandra sulla riva, lucida per l'umidità era ferma sulla parete verticale di cemento del canale, sembrava quasi stesse lì per magia. "Quella è una salamandra."

"Possiamo portarla a casa?” A Renata brillavano gli occhi mentre la osservava, rapita.

"No, tesoro, non possiamo. Puoi venire qui a vederle tutte le volte che vuoi, però. Guarda quante ce ne sono!" Osservando bene, la bambina aveva notato che in effetti erano parecchie, tutte bellissime, tutte gialle e nere, sembravano quasi creature magiche, così simili alle lucertole, eppure così differenti, quasi regali.

"Nonno, posso accarezzarle?" 

Lui si era messo a ridere: "Non si fanno prendere, non sono mica cagnolini, sono animali selvatici e hanno una storia molto interessante. Vuoi sapere come sono nate le salamandre?"

Renata aveva annuito senza staccare gli occhi da quell'animale affascinante e per lei così nuovo.

"Le salamandre sono nate dal fuoco."

Renata si era voltata verso il nonno, scettica. "Ma se sta dentro l'acqua."

“Vivono vicino all'acqua perché se dovessero asciugarsi rischierebbero di tornare a bruciare, è per questo che le dobbiamo lasciare lì, per questo nessuno può addomesticarle, anche se sono così belle è importante che stiano nel loro ambiente."

La bambina non era molto convinta che il nonno le stesse dicendo la verità, ma doveva ammettere che il discorso sembrava quasi avere senso. 

Avevano proseguito lungo la via dell'acqua e Renata aveva indicato ognuna delle salamandre che aveva visto lungo la strada.

La passione le era rimasta, tanto che il nonno per il suo ottavo compleanno le aveva regalato un libro sulle leggende nel quale si raccontava anche la leggenda delle salamandre nate dal fuoco. Renata aveva consumato quel libro da quante volte l'aveva letto.

Col tempo aveva imparato che in effetti le storie del nonno non rispecchiavano esattamente la realtà. Aveva studiato l'anatomia dell’anfibio,  e aveva continuato a pensare che non ci fosse niente di più affascinante di quella creatura meravigliosa.

Era stato grazie alle passeggiate in mezzo alla natura con lui, grazie alle salamandre e a tutti gli altri animali e insetti che col nonno continuava a osservare nelle loro passeggiate in mezzo alla natura, che Renata aveva scelto il suo percorso di studi: era diventata una zoologa e si era specializzata in erpetologia, aveva seguito il suo sogno, un sogno che parecchi dei suoi coetanei non riuscivano a comprendere, del quale invece il nonno andava fiero come fosse il suo. Raccontava a tutti che sua nipote era speciale. Quando gli aveva dedicato la sua tesi di laurea si era emozionato moltissimo. Era fiero di Renata, lo era sempre stato.