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La posa capitolo 3 - Per sempre
Prompt: Per sempre
Parole:
Fandom: Originale
Partecipa al COWT 13
Link al primo capitolo: https://quistisf.dreamwidth.org/41998.html
Genere: Horror
Long fic
La posa, capitolo 3 - Per sempre
Dopo avere toccato l’acqua, Stefania vide un mondo differente da quello che conosceva: l’acqua della posa, bassa e opaca, diventò cristallina, quasi brillante.
Più la ragazza si avvicinava alla donna, al mostro della posa, più ne vedeva le sembianze tornare umane. I suoi occhi divennero azzurri e i capelli intrecciati, di un castano ramato, erano folti e lucenti. Gli abiti della creatura tornarono integri, puliti.
Stefania si fermò e prese la mano della creatura. Nell’istante in cui la toccò, il mondo divenne pulito, luminoso e reale. La luce del sole splendeva nel cielo privo di nubi, Stefania lo osservava a bocca aperta, pensando come gli alberi fossero più rigogliosi, l’acqua pulita e l’erba più verde. La creatura le sorrideva. “Benvenuta, Stefania.” le disse, per poi guidarla fuori dalla posa, tenendole la mano. “Quella è la nostra casa, ho già preparato la tua stanza.”
La sensazione di paura era passata, al suo posto Stefania provava nostalgia: per la sua vita passata a cui sapeva non sarebbe mai tornata, per Michele che forse non l’avrebbe mai perdonata per non avere lasciato perdere la sua caccia ai fantasmi, per i suoi genitori e per tutto ciò che aveva lasciato. Sapeva che sarebbe stata confinata per sempre lì, in quel mondo cristallino, incantato. Prigioniera come il paesaggio in una delle palle di neve che collezionava.
La casa era strutturata come il rifugio ed era arredata in modo semplice, ma decoroso. Un tavolo enorme contornato da un’altrettanto grande quantità di sedie era al centro della sala da pranzo. Salirono le scale per trovarsi in un corridoio contornato da porte. Maria la accompagnò proprio nella sua stanza, la stanza che occupava nella vita reale.
Entrarono insieme e fu allora che Stefania sentì le risate. Risate di bambini, risate di gioia. “Ti aspettiamo giù.” Maria la lasciò sola nella stanza, dove Stefania si osservò allo specchio: non aveva traccia di stanchezza sul volto, al contrario, sembrava rilassata e appena uscita da una settimana in un centro benessere. Persino i suoi vestiti non erano più bagnati, né sporchi, né tantomeno stropicciati o consumati. Forse non erano mai stati così belli. Li toccò, incredula.
Nel sentirne la struttura tangibile sotto i polpastrelli delle sue mani, Stefania iniziò a ridere. Fino a quel momento aveva tentato di convincersi che quello fosse solo un brutto incubo troppo reale, ma ogni secondo quella realtà diventava più tangibile. Con una mano, si colpì il volto con forza con l’intento di sentire il dolore, le bastava sentire qualcosa di diverso dal senso di ammaliamento che provava. Si colpì di nuovo, mentre continuava a ridere, le lacrime agli occhi, ma il dolore non arrivava. In questo mondo non c’è dolore. Pensò, come se quella fosse una verità universalmente riconosciuta.
Si asciugò le lacrime e prese fiato prima di scendere.
Attorno al tavolo si era radunata tutta la famiglia: Maria era a capotavola, di fronte a lei un vassoio con una torta dall’aspetto invitante. Sebastiano sorrideva, non era invecchiato dal giorno della sua sparizione. Gli altri bambini scomparsi erano tutti lì, impazienti all’idea di mangiare la torta della mamma e di conoscere la nuova arrivata, sembravano felici.
“Finalmente ci siamo tutti. Bambini, salutate Stefania.”
I bambini risposero con entusiasmo alla richiesta di Maria, gridando il loro benvenuto in modo disordinato e felice. La ragazza pensò che l’amore che si respirava in quella casa era quasi tangibile. “Grazie a tutti, sono felice di essere qui con voi.” pronunciò quelle parole senza neanche rendersene conto. Avrebbe tanto desiderato tornare alla sua vita, ma lì non si stava male, per niente.
“Stefania resterà con noi per sempre, se deciderà di passare qui la notte.” Dichiarò la mamma con un sorriso amorevole. “Adesso è l’ora della torta,” continuò afferrando il coltello e iniziando a tagliare le fette, che presto furono distribuite a tutti.
Quando Sebastiano le porse la fetta, la ragazza pensò che non fosse una buona idea mangiarla, ma qualcosa dentro di lei le disse che doveva fidarsi, perché lì era al sicuro.
I bambini conversavano insieme in modo giocoso e spensierato e, finita la torta, la salutarono e uscirono a giocare.
Le due adulte rimasero sole, ai due capi del tavolo. Maria si alzò e si sedette al suo fianco, rimase in silenzio ad attendere che Stefania le facesse le solite domande.
“Cosa significa che devo decidere se passare la notte qui?”
Maria non si scompose. “Subito alla domanda più importante, del resto sei un’adulta. Sei la prima che viene da me. Io qui sto bene, ma a volte penso di sentirmi un po’ in difficoltà a fare tutto da sola. Loro aiutano, ma non è la stessa cosa…” Lo sguardo impaziente della nuova arrivata la spinse a continuare. “Nessuno è costretto a stare qui. I bambini che sono arrivati, prima soffrivano. Io li ho accolti e ho mostrato loro cosa significa essere amati. Nessuno deve provare ciò che hanno sofferto i miei bambini, non posso accettarlo. Se ti addormenterai qui, nel mio mondo, resterai con noi per sempre, altrimenti tornerai a casa.”
Le domande di Stefania erano tante, troppe per il tempo che aveva: cosa mangiavano? Come funzionava quel mondo? Avevano animali, frutti, farina? Maria le stava dicendo la verità?
“Se vuoi, puoi restare coi bambini e parlare un po’ con loro prima di decidere. A me farebbe davvero piacere se tu restassi… se potessi avere un po’ di compagnia con una donna… ma capirò se vorrai tornare a casa.” Quella creatura che l’aveva terrorizzata quando era piccola, si alzò leggiadra, quasi eterea, per andare in cucina a preparare la cena. Bastò un suo cenno perché due bambini la raggiungessero e iniziassero ad aiutarla.
Stefania voleva solo tornare a casa e qualcosa dentro di lei le diceva che non correva rischi, che aveva veramente la libertà di scegliere cosa fare e di tornare nel mondo reale, ma la sorpresa nel trovarsi in una sorta di paradiso l’aveva confusa e colpita al cuore. Uscì a cercare Sebastiano, per avere risposte. Il bambino corse verso di lei appena la vide avvicinarsi.
“Stefania! Io mi ricordo di te! Che bello sei tornata!” L’entusiasmo nella sua voce appariva sincero come quello che solo un bambino può provare.
“Non voglio restare.” Di fronte alla sua affermazione, il suo vecchio amichetto si rabbuiò.
“E perché? Qui si sta bene, ci puoi fare compagnia con la mamma!”
“Perché questa non è casa mia, io abito da un’altra parte e vorrei tornare lì.” Lui annuì con un’espressione un po’ triste. “Non ti manca la tua famiglia?”
Un’espressione di dolore lo colpì, mentre lui scuoteva la testa con vigore. “No, la mamma è buona, noi stiamo bene con lei.” Stefania gli accarezzò la fronte, ripensando ai discorsi risalenti a una vita fa sui presunti maltrattamenti, ricordando come Sebastiano zoppicasse e sembrasse aver timore del padre. Nel toccarlo visse i suoi ricordi e sentì la sua paura, così vivida e profonda, così in contrasto con la vita nel rifugio incantato nel quale si trovavano in quel momento. Sebastiano si sentiva grato alla mamma per averlo portato nel mondo della posa. Un mondo di eterna fanciullezza nel quale sarebbe stato protetto e difeso dalla crudele realtà per sempre.
Si distese ai piedi di un albero, osservando i bambini che giocavano spensierati e pensò che erano più fortunati di tanti altri. Capì che Maria, la creatura, non agiva per crudeltà, e si ricordò di averlo già saputo molto tempo prima. Il senso di pace che la inebriava la convinse a chiudere gli occhi. Rivide Michele, i suoi genitori e tutti gli amici che la aspettavano. Loro avrebbero sentito la sua mancanza, le sarebbero mancati per sempre, per tutta l’eternità che la aspettava nella sua nuova vita.
Parole:
Fandom: Originale
Partecipa al COWT 13
Link al primo capitolo: https://quistisf.dreamwidth.org/41998.html
Genere: Horror
Long fic
La posa, capitolo 3 - Per sempre
Dopo avere toccato l’acqua, Stefania vide un mondo differente da quello che conosceva: l’acqua della posa, bassa e opaca, diventò cristallina, quasi brillante.
Più la ragazza si avvicinava alla donna, al mostro della posa, più ne vedeva le sembianze tornare umane. I suoi occhi divennero azzurri e i capelli intrecciati, di un castano ramato, erano folti e lucenti. Gli abiti della creatura tornarono integri, puliti.
Stefania si fermò e prese la mano della creatura. Nell’istante in cui la toccò, il mondo divenne pulito, luminoso e reale. La luce del sole splendeva nel cielo privo di nubi, Stefania lo osservava a bocca aperta, pensando come gli alberi fossero più rigogliosi, l’acqua pulita e l’erba più verde. La creatura le sorrideva. “Benvenuta, Stefania.” le disse, per poi guidarla fuori dalla posa, tenendole la mano. “Quella è la nostra casa, ho già preparato la tua stanza.”
La sensazione di paura era passata, al suo posto Stefania provava nostalgia: per la sua vita passata a cui sapeva non sarebbe mai tornata, per Michele che forse non l’avrebbe mai perdonata per non avere lasciato perdere la sua caccia ai fantasmi, per i suoi genitori e per tutto ciò che aveva lasciato. Sapeva che sarebbe stata confinata per sempre lì, in quel mondo cristallino, incantato. Prigioniera come il paesaggio in una delle palle di neve che collezionava.
La casa era strutturata come il rifugio ed era arredata in modo semplice, ma decoroso. Un tavolo enorme contornato da un’altrettanto grande quantità di sedie era al centro della sala da pranzo. Salirono le scale per trovarsi in un corridoio contornato da porte. Maria la accompagnò proprio nella sua stanza, la stanza che occupava nella vita reale.
Entrarono insieme e fu allora che Stefania sentì le risate. Risate di bambini, risate di gioia. “Ti aspettiamo giù.” Maria la lasciò sola nella stanza, dove Stefania si osservò allo specchio: non aveva traccia di stanchezza sul volto, al contrario, sembrava rilassata e appena uscita da una settimana in un centro benessere. Persino i suoi vestiti non erano più bagnati, né sporchi, né tantomeno stropicciati o consumati. Forse non erano mai stati così belli. Li toccò, incredula.
Nel sentirne la struttura tangibile sotto i polpastrelli delle sue mani, Stefania iniziò a ridere. Fino a quel momento aveva tentato di convincersi che quello fosse solo un brutto incubo troppo reale, ma ogni secondo quella realtà diventava più tangibile. Con una mano, si colpì il volto con forza con l’intento di sentire il dolore, le bastava sentire qualcosa di diverso dal senso di ammaliamento che provava. Si colpì di nuovo, mentre continuava a ridere, le lacrime agli occhi, ma il dolore non arrivava. In questo mondo non c’è dolore. Pensò, come se quella fosse una verità universalmente riconosciuta.
Si asciugò le lacrime e prese fiato prima di scendere.
Attorno al tavolo si era radunata tutta la famiglia: Maria era a capotavola, di fronte a lei un vassoio con una torta dall’aspetto invitante. Sebastiano sorrideva, non era invecchiato dal giorno della sua sparizione. Gli altri bambini scomparsi erano tutti lì, impazienti all’idea di mangiare la torta della mamma e di conoscere la nuova arrivata, sembravano felici.
“Finalmente ci siamo tutti. Bambini, salutate Stefania.”
I bambini risposero con entusiasmo alla richiesta di Maria, gridando il loro benvenuto in modo disordinato e felice. La ragazza pensò che l’amore che si respirava in quella casa era quasi tangibile. “Grazie a tutti, sono felice di essere qui con voi.” pronunciò quelle parole senza neanche rendersene conto. Avrebbe tanto desiderato tornare alla sua vita, ma lì non si stava male, per niente.
“Stefania resterà con noi per sempre, se deciderà di passare qui la notte.” Dichiarò la mamma con un sorriso amorevole. “Adesso è l’ora della torta,” continuò afferrando il coltello e iniziando a tagliare le fette, che presto furono distribuite a tutti.
Quando Sebastiano le porse la fetta, la ragazza pensò che non fosse una buona idea mangiarla, ma qualcosa dentro di lei le disse che doveva fidarsi, perché lì era al sicuro.
I bambini conversavano insieme in modo giocoso e spensierato e, finita la torta, la salutarono e uscirono a giocare.
Le due adulte rimasero sole, ai due capi del tavolo. Maria si alzò e si sedette al suo fianco, rimase in silenzio ad attendere che Stefania le facesse le solite domande.
“Cosa significa che devo decidere se passare la notte qui?”
Maria non si scompose. “Subito alla domanda più importante, del resto sei un’adulta. Sei la prima che viene da me. Io qui sto bene, ma a volte penso di sentirmi un po’ in difficoltà a fare tutto da sola. Loro aiutano, ma non è la stessa cosa…” Lo sguardo impaziente della nuova arrivata la spinse a continuare. “Nessuno è costretto a stare qui. I bambini che sono arrivati, prima soffrivano. Io li ho accolti e ho mostrato loro cosa significa essere amati. Nessuno deve provare ciò che hanno sofferto i miei bambini, non posso accettarlo. Se ti addormenterai qui, nel mio mondo, resterai con noi per sempre, altrimenti tornerai a casa.”
Le domande di Stefania erano tante, troppe per il tempo che aveva: cosa mangiavano? Come funzionava quel mondo? Avevano animali, frutti, farina? Maria le stava dicendo la verità?
“Se vuoi, puoi restare coi bambini e parlare un po’ con loro prima di decidere. A me farebbe davvero piacere se tu restassi… se potessi avere un po’ di compagnia con una donna… ma capirò se vorrai tornare a casa.” Quella creatura che l’aveva terrorizzata quando era piccola, si alzò leggiadra, quasi eterea, per andare in cucina a preparare la cena. Bastò un suo cenno perché due bambini la raggiungessero e iniziassero ad aiutarla.
Stefania voleva solo tornare a casa e qualcosa dentro di lei le diceva che non correva rischi, che aveva veramente la libertà di scegliere cosa fare e di tornare nel mondo reale, ma la sorpresa nel trovarsi in una sorta di paradiso l’aveva confusa e colpita al cuore. Uscì a cercare Sebastiano, per avere risposte. Il bambino corse verso di lei appena la vide avvicinarsi.
“Stefania! Io mi ricordo di te! Che bello sei tornata!” L’entusiasmo nella sua voce appariva sincero come quello che solo un bambino può provare.
“Non voglio restare.” Di fronte alla sua affermazione, il suo vecchio amichetto si rabbuiò.
“E perché? Qui si sta bene, ci puoi fare compagnia con la mamma!”
“Perché questa non è casa mia, io abito da un’altra parte e vorrei tornare lì.” Lui annuì con un’espressione un po’ triste. “Non ti manca la tua famiglia?”
Un’espressione di dolore lo colpì, mentre lui scuoteva la testa con vigore. “No, la mamma è buona, noi stiamo bene con lei.” Stefania gli accarezzò la fronte, ripensando ai discorsi risalenti a una vita fa sui presunti maltrattamenti, ricordando come Sebastiano zoppicasse e sembrasse aver timore del padre. Nel toccarlo visse i suoi ricordi e sentì la sua paura, così vivida e profonda, così in contrasto con la vita nel rifugio incantato nel quale si trovavano in quel momento. Sebastiano si sentiva grato alla mamma per averlo portato nel mondo della posa. Un mondo di eterna fanciullezza nel quale sarebbe stato protetto e difeso dalla crudele realtà per sempre.
Si distese ai piedi di un albero, osservando i bambini che giocavano spensierati e pensò che erano più fortunati di tanti altri. Capì che Maria, la creatura, non agiva per crudeltà, e si ricordò di averlo già saputo molto tempo prima. Il senso di pace che la inebriava la convinse a chiudere gli occhi. Rivide Michele, i suoi genitori e tutti gli amici che la aspettavano. Loro avrebbero sentito la sua mancanza, le sarebbero mancati per sempre, per tutta l’eternità che la aspettava nella sua nuova vita.